Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15703 del 28/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 28/07/2016, (ud. 30/05/2016, dep. 28/07/2016), n.15703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23753-2011 proposto da:

C.S. (C.F. (OMISSIS)), P.F. (C.F. (OMISSIS)),

S.D.V. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di ex

Commissari Giudiziali della MAFLOW S.P.A. IN LIQUIDAZIONE IN

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA NIZZA 11, presso l’avvocato BEATRICE RIZZACASA, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MAFLOW S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 05/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/05/2016 dal Consigliere Dott. DIDONE Antonio;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato SANDRO BRAVI, con delega avv.

RIZZACASA, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria che ha concluso per l’accoglimento dei motivi

primo, secondo e terzo, rigetto del quarto e quinto.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. – Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano ha provveduto sulla richiesta di liquidazione del compenso presentata da C.S., P.F. e S.d.V., già commissari giudiziali della procedura di amministrazione straordinaria della s.p.a. Maflow in liquidazione.

Il tribunale ha liquidato una somma inferiore al richiesto, applicando i criteri vigenti per il curatore fallimentare limitatamente alla sola voce “passivo accertato” con una riduzione teorica del 50%, dal momento che il commissario giudiziale non procede a formale verifica dei crediti, poi però applicata solo per 40%, attesa la complessità dell’incarico e le incombenze gestorie che esso ha comportato.

Contro il decreto i tre ex commissari giudiziali hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Non ha svolto difese il curatore speciale nominato in rappresentanza della procedura di a.s..

2. – I primi tre motivi sono volti, sotto il profilo sia del difetto di motivazione sia dell’errore di legge, a censurare la scelta di applicare analogicamente i criteri di liquidazione del compenso del curatore fallimentare, anzichè del commissario giudiziale del concordato e di decurtare del 40% il parametro del passivo accertato.

Le doglianze sono in parte infondate ed in parte inammissibili, ove si tenga conto del principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, (e con riguardo al periodo anteriore all’entrata in vigore del nuovo testo del detto D.Lgs. art. 47, ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 50, comma 1, lett. d), convertito con la L. 7 agosto 2012, n. 134) il compenso spettante ai commissari giudiziali per l’attività svolta nella cd. fase di osservazione propria della procedura deve essere corrisposto facendo ricorso analogico a quanto stabilito in materia di fallimento solo per il parametro del valore dell’attivo della procedura, opportunamente modulandolo tra i valori minimi e massimi, atteso che la figura del commissario giudiziale, oltre a tali eventuali (anche se probabili) attività liquidatorie, svolge principalmente quella relativa alla fase di osservazione della procedura, che, altrimenti, rimarrebbe del tutto priva di remunerazione (Sez. 1^, Sentenza n. 9407 del 08/05/2015, Rv. 635342).

Ne consegue, per un verso, che correttamente il tribunale ha fatto riferimento alla disciplina del compenso spettante al curatore fallimentare, del resto avallata dal rinvio che il citato D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 15, opera alla L.Fall., art. 39, ma che, per altro verso, ha sbagliato nel riferirsi al parametro del passivo anzichè a quello dell’attivo.

Sennonchè il ricorso vorrebbe cumulare i due parametri e non chiarisce se, invece, la sostituzione di quello del passivo con quello dell’attivo porterebbe ad un esito più favorevole per i ricorrenti.

Il quarto motivo lamenta che il tribunale abbia considerato compresa nella liquidazione del compenso anche il 5% delle spese generali che, in base al decreto sulla liquidazione del compenso del curatore fallimentare, spetterebbe in via forfettaria.

La censura è infondata perchè il tribunale non ha inteso fare applicazione diretta o analogica del decreto sui compensi del curatore, quanto piuttosto utilizzarne alcune parti come parametro di una liquidazione operata in via equitativa stante la mancanza di una norma di riferimento; se così è, l’aver ricompreso il 5% per rimborso forfettario delle spese generali nel computo equitativo non appare censurabile.

Il quinto motivo lamenta omessa pronuncia sulle seguenti richieste: a) maggiorazione del compenso base per la pluralità dei commissari, b) maggiorazione del compenso per continuità dell’attività d’impresa, c) riconoscimento del trattamento di missione dovuto agli impiegati dello Stato. Anche l’ultimo motivo è infondato.

Quanto al profilo sub c), perchè – come già rilevato nel precedente innanzi richiamato, cui si intende assicurare continuità – nel caso di specie, essendosi già fatta applicazione, in via analogica, del D.M. n. 570 del 1992, solo con riferimento ai valori dell’attivo (art. 1), non può darsi applicazione anche della regola relativa al rimborso delle spese di cui allo stesso D.M. n. 570, art. 4, mentre il trattamento di missione è previsto dal D.M. 4 dicembre 2007, inapplicabile ai commissari giudiziali in quanto riferito solo ai commissari liquidatori.

Quanto al profilo sub b), la censura è infondata avendo il tribunale equitativamente tenuto conto, sia pure all’interno di un calcolo in generale viziato da errore nell’assunzione del passivo come parametro di riferimento, anche dell’attività di gestione dell’impresa, nè potendosi ora valutare a quali esiti si sarebbe pervenuti adottando correttamente il parametro dell’attivo.

Infine, quanto al profilo sub a), si tratta di censura infondata perchè fa riferimento a quanto previsto dal D.M. 4 dicembre 2007, per i commissari liquidatori e la specificità della previsione normativa ne impedisce l’applicazione analogica ad organi che svolgono una diversa attività.

Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto senza che occorra provvedere sulle spese di questa fase, non avendo l’intimata procedura svolto difese, in questa.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016

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