Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15702 del 02/07/2010
Cassazione civile sez. III, 02/07/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 02/07/2010), n.15702
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23437/2006 proposto da:
MT SRL in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra
T.M.L. (OMISSIS), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 172, presso lo studio del Rag.
CALCEDONIO VACCARO, rappresentato e difeso dagli avvocati PALAZZOLO
Francesco, RESTIVO SALVATORE;
– ricorrente –
contro
Curatela del Fallimento della “C.B.M. di MILONE ANTONINO & ORAZIO
SNC
& SINGOLI SOCI M.A. & M.O. (OMISSIS),
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VAL DI LANZO 79, presso lo
studio dell’avvocato IACONO QUARANTINO GIUSEPPE, rappresentata e
difesa dall’avvocato LONGO Giuseppe con delega in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1413/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
Sezione Terza Civile, emessa il 18/11/2005; depositata il 19/12/2005;
R.G.N. 1140/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
27/04/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE IACONO QUARANTINO (per delega Avvocato
GIUSEPPE LONGO);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato l’8.1.02 il curatore del fallimento della s.n.c. C.B.M. di Milone Antonino ed Orazio e dei singoli soci suddetti, premesso che con contratto del (OMISSIS) M.A. ed O. avevano locato alla s.a.s. Shopping un locale adibito ad attività commerciale con terreno circostante; che dopo una serie di cessioni d’azienda conduttrice dell’immobile era divenuta la s.r.l.
M.T.; che, dopo la dichiarazione di fallimento dei locatori, la curatela era venuta a conoscenza del fatto che sul terreno di pertinenza dell’immobile locato erano state eseguite delle costruzioni senza alcuna autorizzazione; conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Termini Imprese, sez. distaccata di Cefalù, la soc. MT chiedendo la risoluzione del contratto in virtù della clausola risolutiva espressa prevista in contratto o in subordine per grave inadempimento della conduttrice, nonchè la sua condanna al rilascio dell’immobile ed alla demolizione delle opere eseguite con riduzione in pristino dell’immobile ovvero in alternativa al pagamento delle somme a ciò occorrenti.
La convenuta eccepiva che le opere suddette erano di natura precaria e facilmente rimuovibili senza danno del locatore.
Il Tribunale adito rigettava entrambe le domande di risoluzione contrattuale e, proposto dalla curatela fallimentare appello, resistito dall’appellata MT, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata il 19.12.05, in parziale riforma della sentenza gravata, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice, che condannava al rilascio dell’immobile ed al risarcimento del danno relativo al costo dei lavori di remissione in pristino dell’immobile, pari a Euro 3.528,00 rivalutati all’attualità.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la MT, con un solo motivo, mentre la curatela fallimentare ha resistito con controricorso, depositando anche una memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente lamenta il vizio di “travisamento degli atti causa ed errore di valutazione su un punto decisivo della controversia”.
Si duole in sostanza la ricorrente che “il convincimento della Corte di Appello di Palermo sarebbe stato diverso da quello sposato e posto in essere con la sentenza per cui è ricorso se si fosse trattato di semplice smontaggio….” di un manufatto con strutture precarie e facilmente rimuovibili (pannelli prefabbricati), anzichè di un manufatto edificato su una piattaforma di calcestruzzo per la quale si rendevano necessarie opere di vera e propria demolizione, e che la Corte di merito non aveva tenuto conto del fatto che la piattaforma in questione non era stata realizzata dalla conduttrice, bensì dai locatori.
E’ evidente, dunque, che la censura di travisamento degli atti di causa si traduce inevitabilmente in un errore di fatto e cioè in una erronea percezione di tali atti, che si sostanzia appunto nella supposizione dell’esistenza di un fatto (costruzione da parte della conduttrice di una piattaforma in calcestruzzo) la cui verità risulta incontestabilmente esclusa dagli atti, emergendo da questi che tale costruzione sarebbe stata invece realizzata dai locatori.
L’esame della doglianza in oggetto richiede, quindi, una ricostruzione dei fatti diversa da quella fissata nella sentenza di merito, per cui, prospettandosi nella specie un’ipotesi di travisamento dei fatti, il denunciato errore del giudice del merito può essere fatto valere solo con il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 21870/2004).
Quanto invece all’altra censura dedotta con il motivo di ricorso (l’erronea valutazione circa un punto decisivo), si rileva in realtà che essa non presenta alcuna autonomia rispetto a quella relativa al travisamento, ponendosi semplicemente come una mera specificazione della doglianza sul travisamento stesso.
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010