Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1570 del 26/01/2010
Cassazione civile sez. lav., 26/01/2010, (ud. 12/11/2009, dep. 26/01/2010), n.1570
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17362/2006 proposto da:
I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DOMENICO
CHELINI 10 INT. 8, presso lo studio dell’avvocato CORDARO MARIA
ANGELA LORENA, rappresentata e difesa dall’avvocato BALISTRERI
GIUSEPPE, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso lo studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAVATA EMILIA, giusta
procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del
20/06/06, rep. 71094;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 36/2006 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 17/03/2006 R.G.N. 160/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/11/2009 dal Consigliere Dott. CURZIO Pietro;
udito l’Avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RIVETTI Marco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
I.G. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta, pubblicata il 17 marzo 2006, che riformando la decisione del tribunale nisseno, ha rigettato il suo ricorso nei confronti dell’INAIL volto al riconoscimento di una rendita di reversibilità per la morte del coniuge C. G., titolare di reddita da malattia professionale.
Il ricorso si fonda su di un unico motivo.
L’INAIL ha depositato controricorso, chiedendo il rigetto dell’impugnazione, nonchè memoria.
Il motivo di ricorso è così definito: “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116 e 118 c.p.c., difetto di omessa, insufficiente e comunque illogica motivazione su punti essenziali della controversia anche per travisamento dei fatti acquisiti”.
Si conclude con il seguente quesito: “accerti la Corte se integra il difetto di omessa insufficiente o contraddittoria motivazione la decisione impugnata che è fondata sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, attesa la palese devianza da parte del consulente stesso alle nozioni correnti della scienza medica con considerazioni illogiche ed erronee che si pongono in contrasto con la documentazione in atti”.
Il ricorso è infondato.
Come si evince dal quesito e dalla esposizione del motivo, le critiche concernono la motivazione della decisione. La critica di omissione è palesemente priva di fondamento. Nè vengono evidenziate contraddizioni interne alla motivazione, perchè tali non sono il contrasto tra le valutazioni della Corte e del ctu sul cui giudizio ha basato la motivazione e le diverse valutazioni del ctu di primo grado con le risultanze documentali.
Il problema è di valutazione di sufficienza, quindi di adeguatezza, della motivazione.
La Corte sì è riportata alle argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio, giudicandole espressamente logiche e correttamente motivate, ed ha svolto le sue valutazioni in conformità al giudizio medico legale.
In particolare ha spiegato che il C. era affetto da una “broncopatia cronica da lenta inalazione di SO2” per la quale gli era stata riconosciuta una rendita da malattia professionale ed è morto a causa di una “neoplasia polmonare in fase metastatica”. Ha quindi affermato, sempre seguendo il ctu, che “le affezioni broncopolmonari croniche non sono riconosciute come lesioni precancerose e che il tumore polmonare riconosce invece dei fattori di rischio ben precisi (fumo di sigaretta, inquinamento atmosferico, ecc) e tra questi non è assolutamente annoverata la SO2”. Quindi: in base al giudizio del medico legale, la morte è stata causata dal tumore polmonare e il tumore polmonare non è stato causato dalla broncopatia da inalazione di SO2.
Tale motivazione, da sola, non sarebbe sufficiente, perchè la negazione del nesso di causalità tra la broncopatia e il tumore non esclude che la malattia polmonare abbia potuto determinare una situazione di debolezza dell’apparato respiratorio contribuendo, come concausa, al decesso, quanto meno accelerandone i termini. Nella sentenza tuttavia non manca la valutazione di questo elemento indispensabile per una valutazione adeguata della delicata materia, in quanto, come sì è detto, si rinvia espressamente alla relazione peritale e il ctu, si è posto il problema (pag. 32), lo ha affrontato nella sua indagine e via ha dato specifica risposta (pagg.
32 e 33), pervenendo alla conclusione che il C. è morto “esclusivamente a causa della neoplasia polmonare metastatizzata evidenziatasi solo qualche mese prima dell’exitus e che la broncopatia cronica da lenta inalazione di SO2, peraltro di modesta entità, non ha assolutamente influito sul decorso della patologia polmonare”.
Il ricorso pertanto deve essere respinto. Nulla sulle spese considerato l’oggetto della controversia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010