Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 157 del 05/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 05/01/2018, (ud. 11/10/2017, dep.05/01/2018),  n. 157

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Torino ha parzialmente accolto l’impugnazione proposta dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva condannato l’ente a corrispondere a G.S. le differenze retributive, maturate a far tempo dal 27 dicembre 2003, fra il trattamento economico di area C, posizione economica C1, spettante in relazione alle mansioni svolte di fatto, e le somme corrisposte sulla base di quanto stabilito nel contratto di formazione e lavoro del 26/11/2002, rinnovato annualmente sino all’11/12/2007, con il quale era stato previsto l’inquadramento nell’area B, posizione economica B1, del C.C.N.L. per i dipendenti del comparto enti pubblici non economici.

2. La Corte Territoriale ha escluso la fondatezza dei motivi di appello con i quali l’Inps aveva censurato la decisione di prime cure quanto all’accertamento di fatto e all’interpretazione della normativa contrattuale ed ha evidenziato che era stato provato dal ricorrente lo svolgimento di mansioni implicanti la professionalità propria dei dipendenti di area C. Ha, però, rilevato che il Tribunale non aveva considerato la natura del contratto stipulato dalle parti, convertito in rapporto di lavoro a tempo indeterminato solo a decorrere dal 12 dicembre 2007, contratto che per sua natura non consentiva la possibilità di uno sviluppo professionale verso posizioni economiche superiori. Ha quindi limitato la condanna alle differenze retributive maturate a far tempo dalla intervenuta conversione.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.S. sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto difese l’Inps con tempestivo controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo G.S. denuncia “violazione di legge per violazione dell’art. 113 c.p.c., in combinato disposto con il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, convertito in L. n. 863 del 1984, e la L. n. 289 del 2002, art. 34, comma 18, L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 63, L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 121, L. n. 266 del 2005, artt. 1 e 243, L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 528 e 536”. Il ricorrente evidenzia che per effetto della normativa richiamata in rubrica era stata sospesa e rinviata di anno in anno la conversione del contratto di formazione lavoro in contratto a tempo indeterminato ma ciò non aveva comportato la proroga anche del progetto formativo, che aveva già definitivamente esaurito i suoi effetti. Aggiunge che le considerazioni esposte nella memoria difensiva per replicare all’appello dell’Inps erano argomentazioni difensive sul valore giuridico dei provvedimenti di proroga, in quanto tali pienamente ammissibili anche in sede di impugnazione.

2. La seconda censura lamenta la violazione del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, commi 1 e 5, convertito dalla L. n. 863 del 1984. Il ricorrente evidenzia che l’asserita impossibilità di far valere in relazione al contratto di formazione lavoro “qualifiche superiori a quella contrattualmente prevista” è priva di riscontro normativo perchè, al contrario, il legislatore ha richiamato espressamente, al comma 5 dell’art. 3, le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato, se non derogate dal decreto. Nessuna norma stabilisce l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, e dell’art. 2103 c.c., al contratto di formazione e lavoro, inapplicabilità che consentirebbe ai datori di assumere i lavoratori con basso livello di inquadramento e di adibirli poi a mansioni superiori senza dover subire alcuna conseguenza, neppure di carattere economico. Infine G.S. rileva che le differenze retributive erano state richieste per il periodo successivo alla scadenza del progetto formativo solo perchè le mansioni dedotte per essere riferibili al livello C 1 dovevano essere svolte in totale autonomia, acquisita solo dopo la avvenuta formazione.

3. La terza critica lamenta la contraddittorietà e l’insufficienza della motivazione su un fatto decisivo della controversia perchè la Corte territoriale dopo essersi dilungata nel descrivere la completa autonomia con cui il lavoratore svolgeva le mansioni del livello superiore, del tutto contraddittoriamente ha poi escluso il diritto a percepire il relativo trattamento retributivo.

4. Per il suo carattere assorbente deve essere esaminato con priorità il secondo motivo, che chiama questa Corte a pronunciare sull’applicabilità al contratto di formazione e lavoro della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, nella parte in cui prevede che l’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori, sebbene nulla per contrarietà a norma imperativa, legittima il lavoratore a richiedere la differenza fra il trattamento retributivo previsto per la qualifica corrispondente alle mansioni di fatto espletate e quello corrisposto secondo le previsioni del contratto di assunzione.

Il Collegio ritiene il motivo fondato perchè le diverse conclusioni alle quali è pervenuta la Corte territoriale, fondate solo sulla peculiare natura del contratto di formazione e lavoro, risultano in contrasto con la disciplina dettata dalla legge e dalle parti collettive.

4.1. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis (antecedente alle modifiche apportate dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, comma 79), dopo avere previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di avvalersi “delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa”, stabilisce che “i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia…. dei contratti di formazione e lavoro….in applicazione di quanto previsto…..dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, dal D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 451,… nonchè da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina”.

Il richiamato D.L. n. 726 del 1984, art. 3, che non contiene nessuna disposizione volta a disciplinare la questione specifica che qui viene in rilievo, al comma 5, prevede che “ai contratti di formazione e lavoro si applicano le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato in quanto non siano derogate dal presente decreto”.

4.2. La contrattazione collettiva, che la Corte territoriale ha richiamato solo nella parte relativa ai profili professionali ed alle mansioni corrispondenti, in forza della delega contenuta nell’art. 36 e, più in generale, nel D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2 e 40, è intervenuta a disciplinare il contratto di formazione e lavoro e, oltre a fissare le condizioni in presenza delle quali è possibile fare ricorso alla particolare tipologia contrattuale, ha previsto con l’art. 36 del CCNL 14.2.2001 per il comparto enti pubblici non economici che “ai lavoratori assunti con i contratti di formazione e lavoro… è attribuito il trattamento della posizione economica corrispondente al profilo di assunzione (B1, C1, C3). Spettano, inoltre, l’indennità integrativa speciale e la tredicesima mensilità. La contrattazione integrativa nazionale di ente può disciplinare, nell’ambito del finanziamento del progetto di formazione e lavoro, l’attribuzione di compensi per particolari condizioni di lavoro o per altri incentivi previsti dal CCNL del 16/02/1999 nonchè la fruizione di servizi sociali previsti per il personale dell’ente. Il trattamento normativo è quello previsto per i lavoratori a tempo determinato”.

Nel dettare la disciplina del rapporto, pertanto, le parti collettive non si sono avvalse della possibilità concessa dal D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16, convertito in L. 19 luglio 1994, n. 451 (secondo cui “i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro… possono essere inquadrati ad un livello inferiore a quello di destinazione”) ed hanno affermato il principio della necessaria corrispondenza fra profilo di assunzione e trattamento economico fondamentale previsto per gli assunti a tempo indeterminato di pari livello, rinviando alla contrattazione integrativa aziendale solo l’estensione o meno ai lavoratori in formazione delle voci del trattamento accessorio.

4.3. Nè il legislatore nè la contrattazione collettiva hanno affermato l’inapplicabilità al contratto di formazione e lavoro del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, norma con la quale, come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 11.12.2007 n. 25837), è stata data piena attuazione nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato ai principi costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione ex art. 36 Cost..

La richiamata pronuncia delle Sezioni Unite ha valorizzato la giurisprudenza della Corte costituzionale che in numerose decisioni ha “patrocinato la diretta applicabilità al rapporto di pubblico impiego dei principi dettati dall’art. 36 Cost., specificando al riguardo che detta norma “determina l’obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente nella misura della quantità del lavoro effettivamente prestato” a prescindere dalla eventuale irregolarità dell’atto o dall’assegnazione o meno dell’impiegato a mansioni superiori (Corte Cost. 23 febbraio 1989 n. 57; Corte Cost. ord. 26 luglio 1988 n. 908); che “il principio dell’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso non è incompatibile con il diritto dell’impiegato, assegnato a mansioni superiori alla sua qualifica, di percepire il trattamento economico della qualifica corrispondente, giusta il principio di equa retribuzione sancito dall’art. 36 Cost.” (Corte Cost. 27 maggio 1992 n. 236); che il mantenere da parte della pubblica amministrazione l’impiegato a mansioni superiori, oltre i limiti prefissati per legge, determina una mera illegalità, che però non priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto – ai sensi dell’art. 2126 c.c., e, tramite detta disposizione, dell’art. 36 Cost. – perchè non può ravvisarsi nella violazione della mera ristretta legalità quella illiceità che si riscontra, invece, nel contrasto “con norme fondamentali e generali e con i principi basilari pubblicistici dell’ordinamento” e che, alla stregua della citata norma codicistica, porta alla negazione di ogni tutela del lavoratore (Corte Cost. 19 giugno 1990 n. 296)”.

4.4. La giurisprudenza costituzionale sopra richiamata orienta anche nella soluzione della questione qui controversa perchè ove risulti pacificamente accertato, come nella fattispecie, lo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle indicate nel contratto di formazione e lavoro, ferme la nullità dell’atto di assegnazione e la giuridica impossibilità di fare leva sulla difformità fra regolamento contrattuale e svolgimento di fatto del rapporto per ottenere la conversione, impedita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, non può essere negato il diritto del lavoratore a percepire per il periodo di effettivo svolgimento della prestazione il trattamento retributivo corrispondente alla qualità e quantità delle prestazioni rese.

4.5. La sentenza impugnata va cassata, pertanto, con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato: “nell’impiego pubblico contrattualizzato, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, (nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla L. n. 244 del 2007) e del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, qualora il lavoratore assunto con contratto di formazione e lavoro venga assegnato a mansioni diverse e superiori rispetto a quelle indicate nel contratto, ferma la nullità dell’assegnazione, trova applicazione l’art. 52, comma 5, dello stesso D.Lgs. sicchè il lavoratore avrà diritto a percepire il trattamento retributivo fondamentale previsto dal contratto collettivo per la qualifica corrispondente alla prestazione resa”.

La fondatezza del secondo motivo di ricorso assorbe le ulteriori questioni prospettate con la prima e con la terza censura.

Il giudice del rinvio provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2018

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