Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15699 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 23/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.V.I.R. S.N.C. DI NICCOLI PIERO & C. IN LIQUIDAZIONE

(c.f.

(OMISSIS)), in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 112, presso l’avvocato

LUIGI PEDULLA’, rappresentata e difesa dall’avvocato PEZZANO ANTONIO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.G. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di

Liquidatore Giudiziale “del Concordato Preventivo della società

I.V.I.R. S.N.C. DI NICOLI PIERO & C. IN LIQUIDAZIONE,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 10 6, presso l’avvocato

MICHELE TAMPONI, rappresentato e difeso dall’avvocato CESARONI

MASSIMO, giusta procura a margine del controricorso;

– contrroricorrente –

contro

EREDI C.D. IMPERSONALMENTE E COLLETTIVAMENTE;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di FIRENZE, depositato il 13/10/2009

n. 962 c.p.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 12-1-2009 la IVIR snc di Niccoli Piero e c. nonchè i soci illimitatamente responsabili N.P. e C.C. proponevano ai propri creditori un concordato con cessione dei beni, che assumevano sufficienti per soddisfare integralmente i crediti privilegiati e quelli di procedura e nella percentuale del 53,59% quelli chirografari.

I creditori chirografari non venivano divisi in classi.

Su tali presupposti, con decreto del 4-2-2009, il tribunale, ritenuta ammissibile la proposta, dichiarava aperta la procedura, e fissava l’udienza del 19-5-2009 per l’adunanza dei creditori.

Nel corso dell’adunanza votavano in senso favorevole alla proposta i titolari di crediti per Euro 351.981,5, superiore alla maggioranza richiesta, quantificata in Euro 265.364.

Essendo state raggiunte le maggioranze di legge, il Tribunale, con provvedimento del 20.5.09, fissava la camera di consiglio del 23-9- 2009 per l’eventuale omologazione. L’ordinanza veniva pubblicata per affissione e notificata ai sensi della L. Fall., art. 180.

All’udienza del 23-9-2009 si costituivano il debitore proponente ed il commissario giudiziale. Nessuno dei creditori dissenzienti si costituiva.

il tribunale omologava quindi il concordato con decreto del 23.9.09 con il quale stabiliva anche le modalità della liquidazione in assenza di disposizioni in tal senso nella proposta di concordato.

Avverso detto decreto ricorre per cassazione la Ivir snc sulla base di un unico motivo, illustrato con memoria, cui resiste con controricorso la procedura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rigettata l’eccezione di l’inammissibilità del ricorso.

E ben vero che la L. Fall., art. 183, quale risulta a seguito delle modifiche di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007, applicabile ratione temporis, stabilisce che avverso il decreto del tribunale che si pronuncia sull’omologazione va proposto reclamo alla Corte d’appello.

Tale norma va però raccordata con quella della L. Fall., art. 180, comma 3, che stabilisce che se non sono proposte opposizioni da parte dei creditori all’omologazione, il tribunale verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione omologa il concordato con decreto non soggetto a gravame.

Dal combinato disposto delle due norme si evince che il reclamo alla Corte d’appello ai sensi della L. Fall., art. 183, può effettuarsi nei casi in cui l’omologazione viene respinta (come è confermato dalla L. Fall., art. 183, comma 2, che prevede la contestuale impugnazione della sentenza di fallimento) ovvero nei casi in cui viene accolta nonostante la presenza di opposizioni.

Nel caso di assenza di opposizioni, come quello di specie ,nessun gravame è ammesso ma ciò non toglie che contro il decreto possa sempre proporsi ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. se, come nel caso di specie, il provvedimento impugnabile riveste carattere decisorio. A tale proposito occorre osservare che la pronuncia di omologazione riveste senza ombra di dubbio carattere decisorio in quanto obbligatorio per i creditori di cui determina una riduzione delle rispettive posizioni creditorie. (v. in relazione al concordato fallimentare Cass. 3585/11), dovendosi aggiungere, con riferimento al caso di specie, che la società debitrice contesta con il presente ricorso il fatto che non sia stato riconosciuto il proprio diritto a nominare il liquidatore ed a effettuare essa stessa alcuni atti di esecuzione e prospetta, quindi, necessariamente sotto tale profilo il carattere decisorio della pronuncia impugnata.

Accertata, quindi, l’ammissibilità del ricorso occorre passare all’esame dei motivi che pongono delle questioni di interpretazione della L. Fall., art. 182, come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007.

La L. Fall., art. 182, in questione stabilisce al comma 1 che “se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione”.

I restanti commi (aggiunti dal D.Lgs. n. 169 del 2007) stabiliscono quanto segue.

2) “Si applicano ai liquidatori gli artt. 28, 29, 37, 38, 39 e 116 in quanto compatibili.

3) Si applicano al comitato dei creditori gli artt. 40 e 41 in quanto compatibili. Alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale.

4) Le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonchè le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco devono essere autorizzate dal comitato dei creditori.

5) Si applicano gli artt. da 105 a 108 ter in quanto compatibili.”.

Va preliminarmente osservato che la L. Fall., art. 182, comma 1 è rimasto sostanzialmente identico rispetto a quello precedente alla novellazione del 2006 e del 2007 ,essendo state soltanto sostituite le parole “sentenza di omologazione” con quelle” “decreto di omologazione”.

Risultano, invece, del tutto nuovi gli altri quattro commi che sono stati aggiunti, come rilevato, dal D.Lgs. n. 169 del 2007.

Ciò premesso, il problema che si pone rimane sostanzialmente quello, già oggetto di discussione da parte della dottrina e della giurisprudenza antecedentemente alla ricordata novellazione, dei limiti del potere di integrare da parte del Tribunale le disposizioni contenute nella proposta di concordato.

Su tale questione incide in modo considerevole la modifica della L. Fall., art. 182, effettuata dal D.Lgs. n. 169 del 2007 che ha introdotto – come già rilevato – quattro nuovi commi all’articolo in questione innovando ulteriormente anche in relazione alla precedente riforma operata dal D.Lgs. n. 5 del 2006.

In relazione alla normativa attuale, applicabile al caso di specie,occorre valutare la censura della società ricorrente secondo cui il tribunale non avrebbe potuto nominare il liquidatore nella persona del commissario giudiziale già nominato dal momento che nella proposta di concordato era stato specificato che il liquidatore dovesse essere l’esistente liquidatore volontario della società in persona di N.P..

La doglianza è infondata sotto diversi profili.

Il citato L. Fall., art. 182, comma 2, prevede che ai liquidatori si applicano la L. Fall., artt. 28, 29, 37, 38, 39 e 116, in quanto compatibili Il detto comma va esaminato congiuntamente con la L. Fall., art. 182, comma 1, che prevede che, se la proposta di concordato non dispone diversamente, il tribunale con il decreto di omologazione nomina uno o più liquidatori e determina le altre modalità di esecuzione.

Da tale esame si evince che sia il liquidatore che il comitato dei creditori sono organi la cui presenza nella fase esecutiva della procedura è necessaria e non ovviabile.

Ciò si deduce dal fatto che il tribunale in sede di omologa deve nominare il liquidatore, se non già stabilito dalla proposta di concordato, e dal dettato normativo della L. Fall., art. 182, comma 2, che stabilisce quali sono i requisiti per la nomina del liquidatore nonchè le modalità di revoca, la responsabilità ed i criteri per il compenso allo stesso, richiamando le norme relative al curatore fallimentare ed alle sue funzioni in riferimento alla procedura fallimentare.

A tal fine il comma in esame dispone che gli articoli richiamati “si applicano …. in quanto compatibili”.

Tale espressione lascia intendere il carattere necessario e vincolante della nomina del liquidatore, stante la necessaria applicazione ad esso delle norme dianzi richiamate.

Se l’applicazione di queste dovesse, infatti, avvenire solo nell’ipotesi in cui il detto organo fossero stato facoltativamente nominato, la norma avrebbe necessariamente previsto tale eventualità.

Deve, quindi, conclusivamente ritenersi che la nomina del liquidatore sia comunque necessaria ai sensi della L. Fall., art. 182 e che detta nomina, se non effettuata con la proposta di concordato, spetta al tribunale con il decreto di omologazione.

Chiarito quanto sopra va comunque aggiunto che il potere di nomina del liquidatore da parte del tribunale sussiste anche nel caso in cui il liquidatore sia stato nominato da chi propone il concordato senza rispettare i requisiti di legge.

Il più volte citato L. Fall., art. 182, comma 2, stabilisce, infatti, come già ricordato, che al liquidatore si applica in particolare la L. Fall., art. 28, che stabilisce i requisiti che deve avere il curatore per essere nominato. Tali requisiti li possiedono i seguenti soggetti: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; b) studi professionali associati e società tra professionisti sempre che i soci abbiano i requisiti di cui alla lettera a); c) coloro che hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione, e controllo di società per azioni dando prova di adeguate capacità professionali e purchè non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Non possono, invece, essere nominati curatore: il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado, i creditori di questo e chi ha concorso nel dissesto dell’impresa durante i primi due anni anteriori al fallimento nonchè chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

Come rilevato già dalla dottrina, la L. Fall., art. 182, equipara sotto diversi profili la figura del liquidatore a quella del curatore richiedendo il possesso di requisiti vincolanti per la sua nomina, attribuendogli precise responsabilità ed attribuendogli il diritto alla liquidazione di un compenso ed un obbligo di rendiconto che lo rendono a tutti gli effetti un organo della procedura con funzioni pubblicistiche.

Da ciò discende che il potere di nomina del liquidatore, che può essere esercitato dall’imprenditore nella richiesta di concordato, deve ottemperare a quanto prescritto dalla L. Fall., art. 28, circa i requisiti del liquidatore.

Nel caso di specie non risulta che ciò sia avvenuto in quanto nulla risulta dedotto in ordine al possesso da parte del liquidatore N.P. dei sopradetti requisiti, senza dire che l’avere ricoperto la carica di amministratore o di liquidatore della società fino alla richiesta di concordato costituisce una situazione di potenziale conflitto di interessi che potrebbe costituire condizione ostativa alla nomina.

Del tutto correttamente pertanto il tribunale, in mancanza della dimostrata esistenza dei requisiti di cui sopra, ha disatteso le indicazioni della proposta di concordato ed ha proceduto esso alla nomina del liquidatore.

E’ appena il caso di aggiungere che la stessa società ricorrente nella sua proposta concordataria, come la stessa risulta riportata nel ricorso, aveva espressamente previsto che il tribunale, qualora non avesse ritenuto ammissibile la nomina del N.P. a liquidatore, potesse nominarne uno diverso, chiedendo però che in tal caso il liquidatore giudiziale fosse la stessa persona già nominata commissario giudiziale.

Il tribunale si è pienamente conformato a tali indicazioni, nominando il liquidatore giudiziale nella stessa persona del commissario giudiziale.

Anche la doglianza relativa alla mancata previsione nelle modalità di esecuzione del concordato stabilite con il decreto di omologazione della possibilità che la società concordataria potesse cedere in blocco i propri crediti come i rapporti giuridici, è infondata.

Il potere di provvedere alla liquidazione tramite la cessione dei beni della società concordataria è, infatti, attribuito per legge in modo esclusivo al liquidatore escludendo implicitamente la normativa vigente che tale attività possa essere svolta in modo parallelo o sostitutivo dal debitore concordatario (v. Cass 1345/11).

A parte altri rilievi di ordine sistematico, a tale conclusione portano la L. Fall., artt. 37 38, 39 e 116, che rispettivamente:

rendono possibile la revoca del liquidatore, attribuiscono al liquidatore un responsabilità di una gestione diligente, con annotazione su un registro delle operazioni compiute, stabiliscono l’obbligo di rendiconto ed il diritto ad un compenso per l’attività svolta.

E’ evidente che tali obbligazioni, implicando una responsabilità personale, escludono che altri soggetti possano operare, intervenire o interferire nella liquidazione ponendo in essere attività che ricadrebbero sulla gestione della procedura e di cui il liquidatore non potrebbe evidentemente rispondere.

A tale proposito si osserva che il debitore che intenda cedere i propri beni ai creditori per sdebitarsi ha due possibili scelte:

procedere alla cessio bonorum ai sensi degli artt. 1977 e segg. c.c. o chiedere il concordato preventivo.

Nella prima ipotesi, la gestione e la liquidazione dei beni avviene ad opera dei creditori e su tale attività il debitore ha solo un potere di controllo e di rendiconto (art. 1983 c.c.); nella seconda ipotesi la liquidazione dei beni ceduti avviene ad opera della procedura concorsuale tramite i suoi organi, potendo il debitore proporre alcune modalità di esecuzione nei limiti dianzi indicati, senza che tale possibilità possa estendersi fino al punto da far ritenere che il debitore possa gestire direttamente od indirettamente egli stesso la fase di liquidazione o disponga in alternativa o cumulativamente con il liquidatore di propri poteri gestionali nell’ambito della procedura.

Va ulteriormente aggiunto, a conferma di quanto detto, che la L. Fall., art. 182, comma 4, prevede che la cessione di beni o rapporti giuridici in blocco deve essere approvata dal Comitato dei creditori e che di conseguenza nulla potrà impedire al liquidatore di effettuare tale tipo di liquidazione qualora lo ritenesse opportuno.

Del tutto correttamente pertanto il tribunale ha escluso l’esaminata possibilità proposta dalla società IVIR snc. L’ulteriore doglianza relativa al mancato riconoscimento del potere di nomina dei professionisti in capo alla società richiesto con la proposta di concordato ed invece dell’attribuzione di tale potere da parte del decreto di omologazione al giudice delegato è solo in parte fondata nei limiti che seguono.

La doglianza non merita infatti accoglimento, alla luce di quanto in precedenza detto, per quanto riguarda il richiesto potere di nomina dei difensori da parte della società concordataria, dovendosi escludere che questa disponga di poteri di gestione nell’ambito dell’attività liquidatoria.

Peraltro la doglianza è fondata in relazione al riconoscimento al giudice delegato del potere di nomina dei professionisti.

La L. Fall., art. 185, attribuisce, infatti, un potere di sorveglianza dell’esecuzione del concordato esclusivamente in capo al commissario giudiziale, come si evince dal fatto che il predetto articolo si limita a richiamare l’applicazione della L. Fall., art. 136, in tema di concordato fallimentare solo relativamente al comma 2, che prevede il potere del giudice delegato di stabilire le modalità di deposito delle somme relative a crediti condizionati, contestati o facenti capo a soggetti irreperibili, senza richiamare, invece, il comma primo che attribuisce il potere di sorveglianza in questione anche al giudice delegato.

Da ciò consegue che l’intervento di quest’ultimo nella procedura risulta alquanto limitato e deve ritenersi che ogni potere inerente alla gestione effettiva, incluso quello relativo alla nomina dei professionisti, spetti esclusivamente al liquidatore alla stessa stregua di quanto previsto per i poteri del curatore in sede fallimentare.

Del resto, una interpretazione sistematica porta di per sè ad escludere che il giudice delegato alla procedura di concordato preventivo, cui sono attribuiti, come esaminato, poteri alquanto limitati nella fase esecutiva, possa disporre di poteri maggiori, sia pure relativamente alla nomina dei professionisti che devono operare per conto della procedura, rispetto a quelli di cui dispone il giudice delegato al fallimento per il quale tale potere di nomina è escluso dalla L. Fall., art. 25, comma 1, n. 6.

In conclusione, è ben vero che la riforma di cui alla recente novellazione del 2006 e del 2007 ha voluto imprimere alla procedura più marcata natura privatistica prevedendo che, in caso di voto favorevole dell’assemblea dei creditori alla proposta di concordato ed in assenza di opposizioni, il tribunale omologhi la proposta stessa senza alcun sindacato sul merito al di là dell’accertamento della regolarità della procedura (Cass 1345/11). Il che sta a significare che l’accordo raggiunto tra il proponente ed i creditori riveste carattere prevalente rispetto ad ulteriori valutazioni e che,quindi, se i creditori hanno accettato che la fase di esecuzione possa svolgersi secondo alcuni dei criteri proposti dal debitore concordatario tali criteri non sono di regola modificabili dal tribunale in sede di omologazione che può soltanto limitarsi ad integrare con ulteriori disposizioni i criteri stessi (Cass 1345/11).

Tuttavia, ciò incontra un limite nel caso in cui i criteri dell’esecuzione proposti dal debitore concordatario non siano compatibili con la normativa vigente perchè in tal caso il tribunale dispone del potere di integrare e modificare le modalità di esecuzione.

In caso contrario, infatti, si verrebbe a codificare la possibilità di introdurre da parte del debitore modalità di esecuzione concordataria contra legem ove si consideri che la normativa attuale non prevede la possibilità per il tribunale di rigettare la proposta concordataria, qualora, non vi sia opposizione da parte dei creditori e la procedura si è svolta regolarmente (L. Fall., art. 182, comma 3), e neppure la possibilità di il dichiarare inammissibile la proposta di concordato qualora le modalità di esecuzione proposte dal debitore non siano conformi a legge non rientrando tale ipotesi tra quelle previste dalla L. Fall., art. 162.

In accoglimento, dunque,nei limiti di cui alle considerazioni che precedono, della censura esaminata, il provvedimento impugnato va cassato, nella parte in cui ha determinato le modalità di liquidazione, nel senso che il potere di nomina dei professionisti competa al giudice delegato, con rinvio anche per le spese al tribunale di Firenze in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato con rinvio ,anche per le spese al Tribunale di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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