Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15699 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. III, 04/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 04/06/2021), n.15699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37128-2019 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio

dell’avvocato LUCIANO FARAON, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANDREA FARAON;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la sede dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4168/2019 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA

depositata in data 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

9/2/2021 dal Consigliere Dott. DELL’UTRI MARCO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

A.D., cittadino del Gambia, ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essersi allontanato dal proprio paese per il timore di essere arrestato in relazione a un’ingiusta accusa sollevata nei relativi confronti;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento A.D. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che ne ha disposto il rigetto con ordinanza de 16/4/2018;

l’appello, avverso detta ordinanza, proposto da A.D. è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Venezia con ordinanza in data 3/10/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la tardività dell’appello proposto dal ricorrente, avendolo quest’ultimo presentato oltre il termine di trenta giorni decorrenti dalla data dell’udienza nel corso della quale il giudice aveva dato lettura della decisione adottata;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.D. con ricorso fondato su tre motivi d’impugnazione;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo e il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto applicabile, al caso in esame, il disposto dell’art. 134 c.p.c. (che esonera il cancelliere dalla comunicazione in caso di decisione assunta in udienza), nella specie non richiamabile, avendo il giudice espressamente ordinato la comunicazione alle parti dell’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c., ed avendo quest’ultima in ogni caso contenuto decisorio, come tale idoneo a imporne applicazione del regime proprio delle sentenze;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente escluso i presupposti per il riconoscimento, in favore del ricorrente, delle forme di protezione internazionale e della protezione umanitaria rivendicate;

i primi due motivi sono infondati, sì da assorbire la rilevanza del terzo;

osserva il Collegio come le controversie in materia di protezione internazionale instaurate (come la presente) in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, siano assoggettate al rito sommario di cognizione, ai sensi degli artt. 19 e 36 di tale decreto legislativo, con contestuale abrogazione del rito speciale già disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13830 del 07/07/2016 Rv. 640348 – 01);

ne consegue che l’appello avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. dal tribunale è esperibile, ai sensi dell’art. 702-quater c.p.c., entro trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione dell’ordinanza stessa, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, (Cass., 31/10/2016, n. 22119);

l’applicabilità del termine breve per la proposizione dell’appello, pertanto, postula – per espresso dettato della norma di cui all’art. 702-quater c.p.c. – l’avvenuta comunicazione, ovvero la valida notificazione, dell’ordinanza che decide la controversia in primo grado;

ciò posto, varrà altresì rimarcare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in coerenza al dettato di cui all’art. 176 c.p.c., “le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi”, là dove solo “quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25119 del 14/12/2015, Rv. 638309 – 01 e succ. conf.), con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui l’ordinanza sia stata letta in udienza, si applica il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente dall’udienza stessa, atteso che la lettura del provvedimento e la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che lo contiene non solo equivalgono alla pubblicazione, ma esonerano la cancelleria da ogni ulteriore comunicazione, ritenendosi, con presunzione assoluta di legge, che il provvedimento sia conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo (cfr. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17716 del 05/07/2018, Rv. 649866 – 01), a nulla valendo, ai fini dell’applicazione di tale principio, la circostanza dell’avvenuto ordine, da parte del giudice alla cancelleria, di provvedere in ogni caso alla notificazione del provvedimento letto in udienza;

nel caso di specie, avendo il giudice dato conto dell’avvenuta proposizione dell’appello oltre il termine di trenta giorni decorrenti dalla data dell’udienza nel corso della quale giudice ebbe a pronunciare l’ordinanza decisoria nella sua interezza, la dichiarazione di inammissibilità dell’appello deve ritenersi pienamente corretta, sì da sfuggire integralmente alle censure in questa sede avanzate dal ricorrente;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;

non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, attesa la mancata tempestiva costituzione del Ministero intimato;

dev’essere viceversa attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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