Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15698 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI GINOSA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61 –

SCALA D, presso l’avvocato MAZZOCCO ENNIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PANCALLO ANTONIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., nella qualità di titolare dell’omonima impresa,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso

l’avvocato MASTROBUONO SEBASTIANO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ALTAMURA ANTONIO, CRISTIANI GIUSEPPE, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2005 della SEZIONE DISTACCARA DI TARANTO –

CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 09/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato P. RACIOPPO, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato G. ROMITO, per delega, che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto, rigettando il gravame del Comune di Ginosa, ha confermato la sentenza di primo grado con cui era stata respinta l’opposizione proposta da quel Comune, nell’ottobre 1993, al decreto ingiuntivo ottenuto dal sig. C.G., titolare dell’omonima impresa edile, per il pagamento di L. 181.186.000 su uno stato di avanzamento – approvato con delibera di Giunta 12 aprile 1990 – di lavori appaltatigli con contratto del 13 novembre 1987 e successiva variante e atto di sottomissione.

La Corte ha ritenuto inapplicabile il D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 13, u.c., conv., con modif., in L. 26 aprile 1983, n. 131 – che, per il caso di finanziamento del contratto da parte della Cassa Depositi e Prestiti e purchè tale circostanza sia stata richiamata nel bando di gara, prevede che non maturino interessi moratori per il tempo intercorrente tra la spedizione della domanda di somministrazione e la ricezione del relativo mandato di pagamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale – atteso che tale norma è prevista solo per le “forniture di beni o di servizi” e dunque non per gli appalti. Ha quindi ritenuto irrilevante accertare se il contratto o il bando di gara contenessero riferimenti che facessero desumere il finanziamento dell’opera da parte della Cassa.

Ha altresì disatteso la deduzione dell’appellante di inesigibilità del credito degli interessi ai sensi della L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 4.

Il Comune ha quindi proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui il C. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente sul rilievo della violazione del termine di cui all’art. 325 c.p.c. essendovi stata rituale notifica della sentenza impugnata. Di tale notifica, invero, non vi è traccia in atti, neppure nel fascicolo del controricorrente.

2. – Il primo motivo di ricorso, con cui si ripropone la tesi dell’applicabilità anche agli appalti pubblici del D.L. n. 55 del 1983, cit., art. 13, u.c., è fondato, avendo questa Corte già avuto occasione di riconoscere tale applicabilità con la sentenza n. 13752 del 2005 (cui si rinvia per la compiuta illustrazione delle ragioni, essenzialmente incentrate sull’uso corrente – ancorchè atecnico – del termine “forniture” per indicare anche gli appalti, oltre alle vendite e somministrazioni, e sulla ratto della legge in questione di intervento in favore dei bilanci degli enti locali).

3. – Con il secondo motivo si sostiene che il credito per interessi era inesigibile – e dunque non poteva essere oggetto di condanna – in base alla L. n. 741 del 1981, art. 4, comma 1, (“L’importo degli interessi per ritardato pagamento dovuti in base a norme di legge, di capitolato generale e speciale o di contratto, viene computato e corrisposto in occasione del pagamento, in conto o a saldo, immediatamente successivo, senza necessità di apposite domande e riserve”) interpretato nel senso che gli interessi moratori non scadono, e dunque non sono esigibili, se non a seguito del successivo pagamento in conto capitale, a saldo o in acconto.

3.1. – Il motivo è infondato, perchè una siffatta interpretazione della norma (qui applicabile ratione temporis, essendo stata abrogata soltanto con il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 231, lett. s) non solo non è imposta dal dato letterale, ma è altresì contraria alla ratio della L. n. 741 del 1981 – avente dichiarate finalità acceleratorie delle procedure per l’esecuzione delle opere pubbliche – e in particolare del suo art. 4, manifestamente ispirato a favor per l’appaltatore, il cui diritto agli interessi di mora viene riconosciuto anche in mancanza di “apposite domande e riserve”.

4. – In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio che il D.L. n. 55 del 1983, art. 13, u.c., conv., con modif., nella L. n. 131 del 1983, si applica anche agli appalti pubblici.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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