Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15693 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 23/06/2017, (ud. 24/05/2017, dep.23/06/2017),  n. 15693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22341-2012 proposto da:

COMUNE DI MONTECICCARDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F.

DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato ANIELLO IZZO, rappresentato

e difeso dall’avvocato SILVIA OMICCIOLI;

– ricorrente –

contro

RESIDENCE HELENE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GERMANICO

109, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA SEBASTIO, rappresentata

e difesa dall’avvocato DANIELA GATTONI;

– controricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI MONTECICCARDO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 24/2012 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 23/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RITENUTO

che la Residence Helene s.r.l. aveva appellato, nei confronti del Comune di Monteciccardo, la sentenza della CTP di Pesaro con cui era stato parzialmente accolto il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), per l’anno 2005, relativamente ad un terreno ritenuto edificabile, in quanto inserito nel PRG, in zona C2, e la CTR delle Marche, con sentenza n. 24/1/12, depositata il 23/2/2012, accoglieva il gravame principale, respingeva nel contempo quello incidentale che investiva l’annullamento delle sanzioni disposto dal primo giudice, e riformava la decisione di primo grado, sul rilievo che “il valore venale di mercato corrispondente alla “effettiva” edificabilità del terreno” non era quello accertato dal Comune e trasfuso nell’atto impositivo, in quanto “detto valore non è supportato da elementi giustificativi tranquillanti ed anzi risulta carente di obiettivi criteri valutativi tendenti a verificare la ridotta capacità edificatoria stante l’esistenza dei vincoli di frana e di crinale”, ignorati dall’Ente impositore non risultando riportati nello “strumento urbanistico” (PRG), mentre il trasferimento di cubatura su altro terreno del medesimo comparto, costituendo ipotesi del tutto aleatoria, non poteva assumere alcun giuridico rilievo ai fini della decisione;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune con due motivi, illustrati con memoria, cui resiste l’intimata società con controricorso e propone ricorso incidentale, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di doglianza il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e artt. 112 e 345 c.p.c., giacchè la CTR non ha considerato che, con Delib. G.C. 26 marzo 2005, n. 18 il Comune ha determinato il valore venale dei terreni edificabili ai fini ICI per l’anno 2005, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 fissando per quello posseduto dalla contribuente, situato in zona di “Espansione residenziale C” in località Villa Betti”, il valore di Euro 40,00 al metro quadro, per l’intera estensione dell’area (mq. 42.709), senza scomputare la parte interessata dai vincoli di frana e di crinale su di essa gravanti, che su tale questione si era sviluppato il dibattito processuale avendo la società Residence Helene sostenuto che la superficie effettivamente edificabile era molto inferiore, non superando invece i mq. 4.493, e che solo in appello la contribuente aveva contestato la determinazione del valore dell’area, così introducendo inammissibilmente una domanda nuova;

che con il secondo motivo di doglianza deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacchè la CTR non ha considerato che l’atto regolamentare adottato dall’ente impositore è assimilabile agli studi di settore, nel senso che i valori ivi determinati ai fini dell’ICI rappresentano presunzioni desunte da dati di comune esperienza, cosicchè il contribuente ove intenda contrastarne la congruità ha l’onere di fornire la prova di quanto dedotto, cosa che la società contribuente non ha fatto, risultando la motivazione sul punto carente, ed anche erronea, laddove ha escluso la rilevanza economica dell’utilizzabilità a scopo edificatorio dell’area inserita all’interno del comparto perequativo;

che la contribuente, con ricorso incidentale, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (nel testo ratione temporis vigente), in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 non ricorrendo nè le gravi ed eccezionali ragioni, nè tantomeno la soccombenza reciproca, le sole motivazioni che consentivano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti;

che la prima censura è inammissibile alla luce del principio, affermato da questa Corte, secondo cui “Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve specificare, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione” (Cass. n. 9888/2016), in quanto il Comune ricorrente non ha trascritto, nel proposto ricorso, quelle parti dell’atto introduttivo del giudizio di prime cure e dell’atto di appello necessarie a dimostrare la proposizione, nel gravame, di profili nuovi di doglianza, da parte della contribuente, e la conseguente erroneità, da parte della CTR, del loro esame ed accoglimento nel merito;

che la seconda censura va invece accolta in quanto il giudizio sulla idoneità degli elementi indicati dall’Ente impositore per rilevare il valore di mercato dell’area (alla data del 1 gennaio 2005), in ragione dei “vincoli di frana e di crinale, vincoli che ne compromettevano gravemente la capacità edificatoria”, non è stato operato correttamente dal Giudice di appello, il quale ha basato il proprio convincimento sul fatto che l’Ente impositore avrebbe ignorato l’esistenza dei vincoli di crinale e di frana, pacificamente interessanti solo una parte dell’area, escludendone la edificabilità, e dunque considerando tout coutr decisiva la edificabilità dello specifico terreno della contribuente senza alcun riferimento all’adozione del piano di comparto perequativo; che dalle deduzioni del ricorrente, non resistite da controparte, si ricava che il terreno in questione era inserito in “zona residenziale di espansione semintensiva (C2)”, zona in cui “sono ammessi tutti gli interventi realizzati con strumento attuativo preventivo secondo le modalità previste dal piano e nel rispetto degli indici urbanistici”, e “soggetta alla prescrizione della Provincia di predisporre un progetto unitario delle opere di urbanizzazione con proposta di convenzione unica di attivazione di tutta la zona di espansione C2 e solo successivamente alla presentazione di lotti funzionali che possono riguardare i terreni dei singoli proprietari”;

che, invero, lo strumento attuativo comunale del piano di comparto, con indice di fabbricabilità omogeneo, consente al proprietario di una specifica porzione di suolo, compreso nel perimetro del medesimo comparto, di concorrere alla formazione di volume edificabile, indipendentemente dalla destinazione d’uso prevista sull’area specifica, così come dei vincoli su quest’ultima esistenti, e da ciò deriva l’esattezza della affermazione del Comune secondo cui “la presenza di vincoli di P.P.A.R. (crinali) o di successivi vincoli (di frana), introdotti recentemente con il P.A.I., non ha ridotto la capacità edificatoria dell’intera area C2, le cui cubature possono essere comunque realizzate nelle rimanenti aree non gravate da vincoli”;

che quanto sopra esposto appare del tutto coerente con l’istituto del comparto che, nell’ambito della c.d. urbanistica perequativa (cfr. L. n. 662 del 1996), mira a soddisfare l’insopprimibile esigenza di “legare” tra loro i singoli proprietari entro un ambito spaziale più ampio di quello dei singoli lotti, al fine di consentire la realizzazione di quanto previsto nel piano urbanistico, permettendo così ai proprietari di territori di accordarsi tra di loro riguardo alla concentrazione di volumetrie all’interno di una determinata area, in modo tale da non creare svantaggi per alcuno; che la decisione della CTR appare censurabile perchè ha escluso qualsivoglia rilievo alla possibilità di sfruttare economicamente l’edificazione potenziale attraverso il trasferimento del diritto in area suscettibile di trasformazione, sicchè la valutazione del cespite operata dal giudicante si fonda essenzialmente su una genericamente affermata non congruità dei valori individuati dall’Ente impositore, essendo il valore trasfuso nell’avviso di accertamento non “supportato da elementi giustificativi tranquillanti”, cosicchè la relativa motivazione presenta profili di palese illogicità atteso che la ritenuta aleatorietà della cessione di cubatura risente del mancato inquadramento dell’istituto esaminato, dell’inesatta conoscenza del complessivo sistema delineato dalla normativa urbanistica, applicabile alla fattispecie, e della erronea convinzione che, in detto ambito, l’eventuale necessità di accordi di natura più o meno complessa sia di per sè idonea ad escludere la vocazione edificatoria del suolo;

che la considerazione, da parte del Giudice di appello, limitata alla “destinazione” del singolo fondo evidenzia un’ulteriore violazione della definizione legale di “area fabbricabile” qui rilevante, in quanto, ai fini della determinazione della base imponibile sulla quale calcolare l’imposta comunale, deve essere considerata fabbricabile “l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi”; che, quindi, l’utizzabilità “effettiva” a scopo edificatorio deve essere riguardata come qualità derivata al fondo dagli “strumenti urbanistici generali o attuativi”, ovverosia dalla sua inclusione in una determinata “zona urbanistica”, con conseguente irrilevanza, come pure precisato da questa Corte con la sentenza n. 25676/2008, “delle dimensioni e/o della conformazione dello stesso (se non espressamente considerate da detti “strumenti” attributive della qualità) essendo sempre possibile (come, ad esempio, per normali vicende negoziali traslative della proprietà) il suo accorpamento con fondi vicini della medesima “zona” ovvero (cfr. Consiglio Stato, 5^, 1 aprile 1998 n. 440; 11 aprile 1991 n. 530) l’asservimento “urbanistico” dello stesso a fondo continguo avente identica destinazione”;

che trova applicazione il più generale principio, più volte affermato, secondo cui, se è vero che l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile ICI, dev’essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel PRG del Comune anche indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, e pur vero che nella determinazione di tale base imponibile debba valutarsi “la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’immobile, nonchè la possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione, in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell’imposizione” (ex multis, Cass. n. 12377/2016; n. 5161/2014);

che si tratta, del resto, di orientamento che trova radice in quanto stabilito dalle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 25506/2006, in sede di applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, (conv. in L. n. 248 del 2006, di interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), secondo cui la natura edificabile del terreno (desumibile dalla suddetta normativa) e la conseguente inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone “di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”;

che la sentenza impugnata, pertanto, va cassata con rinvio della causa alla medesima CTR, in diversa composizione, la quale, alla luce di tutti gli aspetti, sopra riportati e sulla base dei suddetti parametri di incidenza dell’edificabilità del terreno, dovrà nuovamente valutare la congruità del valore venale ad esso attribuito dall’avviso di accertamento opposto, accertamento questo tipicamente fattuale e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

che l’accoglimento del ricorso principale, nei termini sopra precisati, rende superfluo l’esame del motivo di ricorso incidentale, concernente la disposta compensazione integrale delle spese del giudizio di appello.

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso principale, accoglie il secondo, dichiara assorbito il motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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