Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15693 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 04/06/2021), n.15693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 21425/2020 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in Roma, Via Salaria n. 53,

presso lo studio dell’avvocato Maccaroni Manuela, che la rappresenta

e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.R., nella qualità di curatore speciale della minore

A.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Ippolito Nievo

n. 61, presso lo studio dell’avvocato Menicucci Giuseppina, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.E.S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via

di Vai Tellina n. 87, presso lo studio dell’avvocato Massi

Francesca, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

G.R., nella qualità di curatore speciale della minore

A.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Ippolito Nievo

n. 61, presso lo studio dell’avvocato Menicucci Giuseppina, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso al

ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Ambasciata della Repubblica della Moldavia in Italia, Procuratore

Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma,

Sindaco pro tempore del Comune di Roma nella qualità di tutore

della minore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3913/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 04/08/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2021 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello sezioni minori di Roma ha confermato la pronuncia del Trib. per i minorenni ed ha dichiarato l’adottabilità della minore A.S., nata a (OMISSIS).

A sostegno della decisione, per quel che interessa ai fini del ricorso ha affermato che non è motivo di nullità l’omessa comunicazione da parte dell’autorità giudiziaria italiana dell’adozione del provvedimento che ha riguardato lo status personale della minore, di nazionalità moldava D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 4, comma 7 e D.P.R. n. 392 del 1999, art. 4, dal momento che l’ambasciata è venuta comunque a conoscenza del procedimento tanto da intervenire in appello. La richiesta formulata in quella sede di poter ottenere la consegna della minore nelle mani del Console moldavo per il rimpatrio in Moldavia non ha fondamento giuridico dal momento che l’adottanda è una minore in stato di abbandono in Italia e l’art. 38 prevede che si applichi il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l’adozione di una minore idonea ad attribuirgli lo stato di figlio.

La minore è nata e vissuta in Italia senza soluzione di continuità, con conseguente radicamento della giurisdizione italiana.

Nel merito la Corte d’Appello, ha rilevato in fatto che il padre della minore era stato condannato per maltrattamenti in famiglia per gravi episodi di violenza sulla moglie ed i figli di lei, avvenuti tra il giugno e luglio 2017; che era stato disposto il divieto d’incontro con la figlia minore; che era stata disposta la sospensione della responsabilità genitoriale per entrambi e collocata la minore in casa famiglia, ma dopo l’allontanamento del padre, la minore tornava a vivere con la madre; quest’ultima, pur avendo denunciato il compagno per le violenze subite, respingeva il servizio di assistenza educativa domiciliare e violava ripetutamente il divieto d’incontro della minore con il padre. Ne conseguiva l’apertura della procedura di abbandono con collocamento urgente della minore in casa famiglia. Sono stati ascoltati i genitori, i responsabili del centro ed espletata consulenza tecnica d’ufficio. All’esito il Tribunale ha ritenuto accertato lo stato d’abbandono della minore.

La Corte, confermando la pronuncia di primo grado ha evidenziato che il padre aveva violato ripetutamente il divieto d’incontrare la figlia, andandola a prendere al nido (ammissione resa al consulente tecnico d’ufficio) anche con la madre ed, in particolare, grazie all’aiuto della compagna, aveva visto la minore nel bar pizzeria da lui gestito. Gli episodi di violenza che avevano condotto alla sentenza penale di condanna senza la sospensione condizionale della pena erano di estrema gravità; i tecnici del centro che per primo aveva ospitato la minore avevano riscontrato gravi carenze genitoriali nel padre, confermate dalla consulenza tecnica svolta che aveva concluso: “il padre, nell’ambito di una personalità poco introspettiva, presenta uno stile relazionale intimo di tipo violento”. La bimba nel luglio 2019 aveva rifiutato d’incontrare il padre e da ciò era scaturito un comportamento minaccioso ed intimidatorio dello stesso. Pur manifestando affetto nei confronti della figlia minore lo stesso non aveva intrapreso alcun percorso di ravvedimento in merito a comportamenti ed atteggiamenti errati ma, al contrario, ne sminuiva la gravità, contrastando chi si occupava della bambina con atteggiamento oppositivo e svalutante.

Sulla madre ha rilevato la Corte d’Appello che gli altri suoi figli adolescenti non sono stati collocati in casa famiglia perchè, seppur sofferenti della situazione vissuta in casa, era bene non staccarli dalla rete sociale positiva nella quale vivevano tenuto conto del fatto che avevano 14 e 16 anni e con loro viveva la figlia maggiorenne. Per la figlia in tenera età con padre diverso, invece era emersa la gravissima ed irrimediabile compromissione della genitorialità fondata in particolare sul rapporto di assoluta dipendenza e sottomissione al comportamento vessatorio del compagno conseguito esclusivamente alla nascita della bambina. E’ risultato che successivamente all’ordine di allontanamento il padre, pur non essendo tornato ad abitare con la compagna abbia tuttavia continuato a minacciarla ed a condizionarla pesantemente in violazione delle prescrizioni imposte ed in particolare per ciò che riguardava il rapporto con la minore. Questa fragilità e dipendenza contestata dalla appellante è stata confermata dalla CTU ed anche dal comportamento processuale tenuto nel giudizio penale dopo la denuncia. Il CTU ha evidenziato l’incapacità di dare una direzione agli eventi, la ricerca costante di protezione e sicurezza nei compagni senza essere in grado di avvertire l’rischi, ciò a causa di un modello di relazioni intime che è stato sviluppato nella propria cultura di origine e della scarsa capacità di astrazione e metacognizione delle proprie condotte anche a causa di un livello cognitivo appena sufficiente e dal rifiuto di aiuto e sostegno domiciliare. In conclusione è emerso con forza che la coppia genitoriale presenta individualmente e congiuntamente gravi elementi disfunzionali nei confronti della minore che pregiudicano severamente ed irrimediabilmente la possibilità di offrirle il sostegno del quale essa necessita. Il suggerimento del CTU di una terapia psicodinamica non è stato seguito ma anche ove lo fosse l’tempi di recupero sono incompatibili con quelli dello sviluppo psico-fisico della minore.

L’istanza di affidamento alla figlia maggiorenne, infine, è stata disattesa per la sua mancanza di autonomia e per la soggezione nei confronti della madre attestata dalla inverosimile negazione di aver mai assistito agli episodi di violenza del compagno.

Hanno proposto ricorso entrambi i genitori. le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

E’ necessario affrontare preliminarmente il secondo motivo di ricorso proposto dalla madre della minore nel quale viene dedotto il difetto di giurisdizione del giudice italiano in relazione all’accertamento dello stato d’abbandono e alla dichiarazione di adottabilità della minore, cittadina moldava ancorchè residente con i genitori di nazionalità non italiana, nel nostro paese.

Il Collegio, rilevato che in tema di individuazione del giudice munito di giurisdizione nei procedimenti de quibus non risultano precedenti specifici, anche in relazione all’applicazione del criterio della residenza abituale del minore, dispone la rimessione del processo alle Sezioni unite ex art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 374 c.p.c..

P.Q.M.

Dispone la rimessione alle Sezioni Unite del procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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