Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15690 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6197-2019 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

PIERI GIOVANNI, PANELLI FABIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL DEMANIO DELLO STATO DIREZIONE GENERALE, AGENZIA DEL

DEMANIO DELLO STATO FILIALE TOSCANA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1652/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Nella controversia intrapresa da R.C. contro l’Agenzia del Demanio al fine di ottenere il riconoscimento della qualità di erede di R.V., il quale deceduto ab intestato l’1 novembre 1993, lasciando il coniuge e il figlio, il medesimo R.C., la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme. Il primo giudice aveva rigettato la domanda in base al rilievo che l’attore non aveva dato altro prova per comprovare l’accettazione se non quella di essere al possesso dei beni ereditari, che di per sè non costituisce comportamento che implica tacita accettazione dell’eredità (l’eredità era stata devoluta al Demanio previa nomina di curatore di eredità giacente, che aveva curavato la formazione dell’inventario).

Per la cassazione della sentenza il Roghi ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Il Demanio è rimasto intimato.

La causa, su conforme proposta del relatore, è stata fissata per la trattazione dinanzi alla sesta sezione civile della Corte.

Il primo motivo denuncia omesso esame di fatti decisici (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Il ricorrente, in primo grado, aveva invocato, al fine di giustificare l’avvenuto acquisto della qualità di erede, la fattispecie prevista dall’art. 485 c.c., deducendo tutti i fatti occorrenti al suo perfezionamento: possesso dei beni, omessa redazione dell’inventario nel trimestre e mancata rinuncia all’eredità.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 485 c.c.. La corte ha considerato il possesso dei beni ereditari, riconosciuto in capo al ricorrente, solo nella prospettiva dell’accettazione tacita, mentre il ricorrente aveva dedotto il possesso nella diversa prospettiva indicata dall’art. 485 c.c., cit..

I motivi da esaminare congiuntamente sono fondati.

Nel nostro ordinamento l’acquisto della qualità di erede non è automatico, ma presuppone l’accettazione, che è atto negoziale unilaterale (di autonomia privata) mediante il quale il soggetto decide di acquistare l’eredità (che gli è stata devoluta) è divenire erede (Cass. n. 10525/2010; n. 5247/2018).

A sua volta l’accettazione può essere espressa o tacita. L’accettazione è espressa quanto in un atto pubblico o in una scrittura privata il chiamato all’eredità dichiari di accettarla o assuma il titolo di erede (art. 475 c.c., comma 1). L’accettazione è invece tacita quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e che non avrebbe diritto di fare se non nella sua qualità di erede (Cass. n. 14499/2018; n. 10796/2009).

Vi sono dei casi tuttavia in cui l’acquisto avviene ex lege indipendentemente e talvolta anche contro la volontà del chiamato: artt. 527 e 485 c.c..

Uno di questi casi è, appunto, quello previsto dell’art. 485 c.c. il chiamato all’eredità che è al possesso o al compossesso anche di un solo bene ereditario (Cass. n. 3175/2009), deve formare l’inventario entro tre mesi dal giorno in cui è venuto a conoscenza della delazione, giorno che può anche non coincidere con quell’apertura della successione. Si nota che l’art. 485 c.c. si riferisce letteralmente proprio al caso che il chiamato sia già nel possesso dei beni ereditari a qualsiasi titolo, senza che ciò voglia dire che, a questi effetti, sia insignificante il possesso acquisito successivamente. Nel concorso delle condizioni previste dalla norma l’acquisto ex lege opererebbe ugualmente, ma il trimestre accordato per il compimento dell’inventario decorrerebbe non dalla apertura della successione, ma dal momento di inizio del possesso, (Cass. n. 1438/2020).

Trascorso invano tale termine il chiamato è considerato erede puro e semplice (art. 485 c.c., comma 2).

Secondo la giurisprudenza della Corte l’onere del chiamato possessore dei beni ereditari di fare l’inventario nel termine di tre mesi previsto dall’art. 485 c.c. condiziona non solo la facoltà di accettare con beneficio di inventario, ma anche quella di rinunziare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius, dovendo il chiamato, allo scadere del termine previsto per l’inventario, essere considerato erede puro e semplice (Cass. n. 11018/2008; n. 4845/2003).

E’ vero quanto rileva la corte d’appello che l’immissione in possesso dei beni ereditari non comporta accettazione tacita, perchè atto che il chiamato può compiere in quanto tale (Cass. n. 20865/2005; n. 12733/1999). Ciò non toglie, però, che se il possesso si protrae per il tempo previsto dall’art. 485 c.c., nel concorso delle condizioni previste dalla norma, si produce l’acquisto dell’eredità ex lege.

Ora nel caso in esame il ricorrente aveva invocato il possesso non quale atto di accettazione tacita, ma nella prospettiva dell’art. 485 c.c. (cfr. pag. 8 e 9 del ricorso, dove sono trascritte le deduzioni avanzate in appello).

Pur in presenza di tale univoche deduzioni la corte ha deciso la lite in base al rilevo che l’immissione nel possesso, per sè stessa, non importa accettazione tacita di eredità.

Ma è chiaro che tale rilievo, corretto in linea di principio, non esauriva la lite, perchè il possesso non era stato dedotto a questo fine, ma nella prospettiva dell’art. 485 c.c., nel cui ambito il possesso non è considerato quale indice della volontà del chiamato di accettare l’eredità, ma nella sua dimensione materiale di relazione del chiamato con i beni ereditari (cfr. Cass. n. 6167/2019; n. 7076/1995).

La corte, invece, ha tralasciato del tutto questo aspetto, incorrendo così nello stesso tempo nel vizio di omesso esame di fatti decisivi (assenza di inventario e di rinuncia) e di violazione dell’art. 485 c.c., in base al quale il possesso dei beni ereditari, nel concorso degli elementi indicati nella stessa norma, dedotti nel caso in esame, è idoneo a dar luogo all’acquisito ex lege della qualità di erede.

11 ricorso, pertanto, deve essere accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai principi sopra indicati e regolerà le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso: cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa davanti alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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