Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15690 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 15/07/2011), n.15690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31812/2005 proposto da:

CARIBONI PARIDE S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (c.f.

(OMISSIS)), in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 82, presso

l’avvocato BASSI STEFANO, rappresentata e difesa dall’avvocato SPANO

Eduardo, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA S.C.A.R.L. (c.f. (OMISSIS)),

in persona, del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE MAZZINI 146, presso l’avvocato SPAZIANI TESTA Ezio, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CANTELE VITTORIO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2695/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato EDUARDO SPANO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con la sentenza impugnata, depositata il 19.10.2004, la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Lecco che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria della s.p.a. Cariboni proposta dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.r.l., che lamentava l’esclusione della prelazione ipotecaria del proprio credito di Euro 95.948,74 per somme erogate alla società predetta a titolo di mutuo garantito da ipoteca, ha accolto l’opposizione predetta, ammettendo il credito al passivo in via ipotecaria, disattendendo, da un lato, la tesi -accolta dal tribunale – della “illegittimità complessiva e l’inapplicabilità della normativa di cui alla L. n. 95 del 1979 …” per contrasto con la normativa comunitaria e, dall’altro, le domande dell’a.s. dirette a far dichiarare l’invalidità, l’inopponibilità e comunque l’inefficacia delle garanzie concesse dalla società.

Ha osservato la Corte di merito che ad un primo finanziamento ponte urgente effettuato da Efibanca s.p.a. nel novembre 1994 a Cariboni Paride s.p.a., in relazione allo stato di difficoltà dell’intero gruppo, erano seguiti dei prefinanziamenti nel febbraio e marzo 1995 da parte di un gruppo di banche e il 6.4.1995 era stato stipulato, sotto la veste di contratto di finanziamento fondiario frazionabile, un articolato accordo di ristrutturazione finanziaria, implicante l’erogazione da parte di un ampio gruppo di banche, di. un mutuo (anche) alla Cariboni s.p.a., operazione cui la Banca Popolare dell’Emilia Romagna aveva partecipato con una quota di L. 178.000.000, con garanzia ipotecaria. Una volta acquisita la disponibilità della nuova provvista, la s.p.a. Carboni l’aveva destinata ad estinzione dei precedenti finanziamenti previo trasferimento alla s.p.a. Sofim e da questa, per conto di C., al sovventore “storico”: Efibanca s.p.a. Da tali premesse la Corte ha tratto la conclusione che non era ammissibile l’accertamento della strumentalità del mutuo, concesso con contratto 6 aprile 1995, al solo scopo di soddisfare crediti pregressi verso la banca ed acquisire così garanzie reali non previste in precedenza, dal momento che la Banca Popolare dell’Emilia Romagna non aveva contribuito a erogare i finanziamenti pregressi, nè sussisteva ragione per munire di garanzie il debito più antico, che si andava ad estinguere con la provvista così ottenuta.

Inoltre, la garanzia^ sottratta all’azione revocatoria L. Fall., ex art. 67, perchè anteriore al periodo sospetto speciale di 10 giorni di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 39, comma 4, (T.U. bancario).

Contro la sentenza di appello l’amministrazione straordinaria della s.p.a. Carboni ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.

2.1.-. Con il primo motivo l’a.s. ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 110, 324 c.p.c. e L. Fall., art. 98.

Deduce, in estrema sintesi, che l’appello della banca doveva essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse avendo il tribunale accolto la domanda preliminare dichiarando interamente non applicabile la L. n. 95 del 1979.

2.1.1.- Il motivo è infondato perchè dalla dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione senza contestuale dichiarazione di nullità o inesistenza o inefficacia dello stato passivo sarebbe derivata la definitività di quest’ultimo. Talchè sussisteva indubbiamente l’interesse della banca a rimuovere la pronuncia di primo grado meramente dichiarativa dell’inammissibilità dell’opposizione e a chiederne la sostituzione con la dichiarazione di inefficacia dello stato passivo, così come in effetti la banca ha chiesto in appello, salvo riproporre in via gradata le censure relative alla negata prelazione.

2.2.- Con il secondo motivo l’a.s. ricorrente denuncia la violazione dell’art. 102 c.p.c. e L. Fall., art. 98, in quanto la corte territoriale ha escluso che potesse pervenirsi ad un accertamento della complessiva operazione di finanziamento bancario del 6 aprile 1995, in relazione al generale piano di ristrutturazione del gruppo Cariboni, in assenza delle altre banche partecipi del finanziamento senza avvedersi che si trattava di mutui distinti, sia pur riuniti in un unico atto, che non davano quindi adito al vincolo di litisconsorzio necessario.

2.3.- Con il terzo motivo l’a.s. ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 67, e degli artt. 1345 e 1418 c.c., nonchè vizio di motivazione per non avere la Corte di merito esaminato i componenti del negozio indiretto dedotto dalla procedura.

Erroneamente sarebbe stata esclusa l’illiceità del negozio indiretto perchè la banca resistente non aveva partecipato al prefinanziamento.

Per converso, evidenzia la ricorrente, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna era esposta per cassa nei confronti del gruppo Carboni per oltre L. 1.000 milioni. La sentenza impugnata ha del tutto omesso l’analisi dell’operazione in concreto posta in essere dal ceto creditorio costituito dalle maggiori banche esposte nei confronti del gruppo per trasformare crediti chirografari in crediti ipotecari.

2.4.- Con il quarto motivo l’a.s. ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 TU. leggi bancarie e degli artt. 1345 1418 c.c., nonchè vizio di motivazione nella distinzione, operata in sentenza, tra finanziamenti garantiti da ipoteca e crediti fondiari, ai fini dell’assoggettamento solo dei primi ai termine brevissimo, di dieci giorni, per la loro revocabilità.

Deduce, ancora, che l’art. 39 T.U. bancario non protegge la banca finanziatrice anche in caso di conclamata frode alla legge e dei creditori. Inoltre deduce che in appello aveva dedotto l’inesistenza dei requisiti del mutuo fondiario (finanziamento superiore al 75% del valore dell’immobile) senza che la sentenza di appello avesse motivato sul punto.

2.5.- Con il quinto motivo l’a.s. ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione alla L. Fall., art. 67, comma 2. Mancherebbe del tutto la motivazione sulla revocabilità ai sensi della menzionata norma.

3.- Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la parte ricorrente ha, tra l’altro, rinunciato al quinto motivo di ricorso, il quale, dunque, va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Quanto alle altre censure, osserva la Corte che il secondo ed il terzo motivo sono fondati e il loro accoglimento comporta l’assorbimento del quarto motivo.

3.1.- Il principio di diritto invocato dal ricorrente è quello per il quale ai fini della revocatoria fallimentare di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1, qualora venga stipulato un mutuo con concessione di ipoteca al solo fine di garantire, attraverso l’erogazione di somme poi rifluite, in forza di precedenti accordi e prefinanziamenti, per il tramite di un terzo (nella specie la controllata Sofim), accollante del debito del mutuatario, nelle casse della banca mutuante, una precedente esposizione dello stesso soggetto o di terzi, è configurabile fra i negozi posti in essere – prefinanziamento, mutuo ipotecario e accollo di debito – un collegamento funzionale, ed è individuabile il motivo illecito perseguito, rappresentato dalla costituzione di un’ipoteca per debiti chirografari preesistenti.

Tale principio, invero, è del tutto conforme alla costante giurisprudenza di questa Corte che, dal collegamento di più negozi e dall’illiceità del motivo perseguito, fa discendere la revocabilità della garanzia concessa per nuovo credito la cui erogazione sia finalizzata all’estinzione di credito precedente chirografario (cfr.

Sez. 1, n. 12/2004: “Ai fini della revocatoria fallimentare di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 3, qualora venga stipulato un mutuo con concessione di ipoteca al solo fine di garantire, attraverso l’acquisto di titoli dati poi in pegno al mutuante, una precedente esposizione dello stesso soggetto o di terzi, è configurabile fra i due negozi – mutuo ipotecario e costituzione di pegno – un collegamento funzionale, ed è individuabile il motivo illecito perseguito, rappresentato dalla costituzione di un’ipoteca per debiti preesistenti non scaduti”; Sez. 1, n. 12342/1992: “Qualora un mutuo ipotecario venga stipulato a copertura di un’anticipazione in precedenza concessa dalla banca: mutuante, senza che il mutuatario, acquisisca, la disponibilità della somma mutuata, l’ipoteca integra garanzia costituita per un debito preesistente, e, quindi,, in caso di fallimento dell’obbligato, resta soggetta a revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1; Sez. 1, n. 9520/1997: “Quando un mutuo ipotecario venga stipulato a copertura di un’anticipazione in precedenza concessa dalla banca mutuante, senza che il mutuatario acquisisca la disponibilità della somma mutuata, l’ipoteca integra garanzia costituita per un debito preesistente e, quindi, nel caso di fallimento dell’obbligato, resta soggetta a revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1).

Più di recente è stato puntualizzato (Sez. 1, n. 14757/2010) che secondo l’insegnamento di questa corte l’erogazione di un mutuo fondiario ipotecario, non destinato a creare un’effettiva disponibilità nel mutuatario, già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, può astrattamente integrare le fattispecie del procedimento negoziale indiretto, della simulazione e della novazione: in tutti i casi predetti, è azionabile il meccanismo revocatorio L. Fall., ex art. 67, comma 1 o comma 2 (Cass. 20 marzo 2003 n. 4069). Con la stessa citata pronuncia si è inoltre chiarito che l’ammissione al passivo della somma mutuata deve ritenersi incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione, e non anche con quella del negozio indiretto, poichè, in tal caso, la stessa revoca dell’intera operazione – e, quindi, anche del mutuo – comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, atteso che, all’inefficacia del contratto, conseguirebbe pur sempre la necessità di restituzione, sia pur in moneta fallimentare.

D’altra parte, come ha puntualizzato nel corso della discussione il P.G., “affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi, del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici” (Sez. 3, Sentenza n. 11974/2010).

3.2. Le censure.

La fondatezza del secondo motivo di ricorso discende dalla natura solo incidentale dell’accertamento dell’inefficacia della garanzia che viene svolto in sede di formazione dello stato passivo e dalla natura meramente endoconcorsuale del giudicato che si forma su quell’accertamento. Talchè è palese l’inapplicabilità dell’art. 102 c.p.c., all’eccezione del curatore fallimentare di revocatoria o di nullità del negozio costitutivo della prelazione vantata dal creditore.

3.3.- Il vizio di motivazione.

La parte resistente, nel controricorso, eccepisce l’inammissibilità del motivo con il quale è denunciato vizio di motivazione.

L’eccezione è infondata.

Questa Corte (Sez. 1, n. 12306/2010) ha di recente puntualizzato che l’oggetto del controllo di legittimità sulla motivazione concerne la giustificazione della decisione di merito e non la vincenda giudiziale nel suo complesso. Invero, è stato da tempo chiarito dalla giurisprudenza (C, 18.11.2000 n. 14953) che in sede di legittimità il controllo della motivazione in fatto si compendia nel verificare che il discorso giustificativo svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione esibisca i requisiti strutturali minimi dell’argomentazione (fatto probatorio – massima di esperienza – fatto accertato) senza che sia consentito alla Corte sostituire una diversa massima di esperienza a quella utilizzata (potendo questa essere disattesa non già quando l’inferenza probatoria non sia da essa “necessitata”, ma solo quando non sia da essa neppure minimamente sorretta o sia addirittura smentita, avendosi, in tal caso, una mera apparenza del discorso giustificativo) o confrontare la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie, al fine di prendere in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione.

Invero, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (C, S.U., 27.12.1997 n. 13045;

(Sez. 1, n. 12306/2010).

Nella concreta fattispecie la fondatezza della censura è desumibile dalla mera lettura del testo della sentenza impugnata.

3.4.- Motivazione insufficiente.

La Corte di merito – peraltro omettendo una puntuale ricostruzione delle operazioni poste in essere dalle parti, come dedotto dalla parte ricorrente – ha escluso la revocabilità dell’ipoteca sul solo rilievo che la banca resistente non aveva erogato il pre- finanziamento, senza tenere conto di ciò, che la domanda era fondata sull’avvenuta costituzione di garanzia – attraverso il collegamento di più atti – per credito (chirografario) preesistente agli stessi pre-finanziamenti.

Circostanza, questa, non contestata nè specificamente nè genericamente, nel controricorso, dalla resistente. D’altra parte, la stessa sentenza impugnata (a pag. 11) da atto di ciò, che “l’odierna appellante (oggi banca resistente: n.d.r.) non ha contestato in causa la diffusa ricostruzione storica … da subito fatta dalla procedura in primo grado circa i rapporti intercorsi fra il gruppo Cariboni nel suo complesso e l’insieme degli enti creditizi che quello avevano a più riprese provvisto di un ampio sostegno, nel tentativo, rivelatosi infruttuoso, di consolidare una situazione aziendale critica (e fattasi nondimeno ingravescente)”.

Precisamente, secondo l’assunto dell’amministrazione straordinaria ricorrente (la quale fa specifico riferimento al contenuto di documenti prodotti, indicati specificamente e con precisazione della collocazione in atti) il mutuo fondiario era destinato a garantire “pro quota le banche esposte a breve per cassa con Carboni e con Sofim” e tale finalità era esplicitamente indicata nell’accordo iniziale (v. ricorso pag. 41) intercorso tra Efibanca e s.p.a.

Cariboni (e altri) e che ha preceduto l’erogazione del pre- finanziamento.

Per contro, la Corte di merito ha appuntato la sua attenzione soltanto sul credito sorto a seguito del prefinanziamento, senza accertare l’esistenza di credito chirografario della banca resistente nei confronti della s.p.a. Cariboni, successivamente trasformato in credito ipotecario per mezzo degli atti collegati, prodotti dalla ricorrente.

3.5.- Motivazione illogica.

Come già risulta dalla parte narrativa (supra 1), a fronte di una ricostruzione dei fatti fornita dall’amministrazione ricorrente, non contestata dalla parte resistente e fornita di coerenza narrativa, lo schema della giustificazione offerta dalla Corte di merito si compone di tre proposizioni contraddittorie. Infatti:

a) Con la prima proposizione la Corte di merito ha osservato che ad un primo finanziamento ponte urgente effettuato da Efibanca s.p.a.

nel novembre 1994 a Cariboni Paride s.p.a., in relazione allo stato di difficoltà dell’intero gruppo, erano seguiti dei prefinanziamenti nel febbraio e marzo 1995 da parte di un gruppo di banche e il 6.4.1995 era stato stipulato, sotto la veste di contratto di finanziamento fondiario frazionabile, un articolato accordo di ristrutturazione finanziaria, implicante l’erogazione da parte di un ampio gruppo di banche, di un mutuo (anche) alla Cariboni s.p.a., operazione cui la Banca Popolare dell’Emilia Romagna aveva partecipato con una quota di L. 178.000.000, con garanzia ipotecaria.

b) Con la seconda proposizione, la Corte ha affermato che, una volta acquisita la disponibilità della nuova provvista, la s.p.a. Carboni l’aveva destinata ad estinzione dei precedenti finanziamenti previo trasferimento alla s.p.a. Sofim e da questa, per conto di Carboni, al sovventore “storico”: Efibanca s.p.a. (pag. 11, sentenza impugnata), c) Con la terza proposizione la Corte di appello, dal dato fattuale sub a), ha tratto la conclusione che non era ammissibile l’accertamento della strumentalità del mutuo, concesso con contratto 6 aprile 1995, al solo scopo di soddisfare crediti pregressi verso la banca ed acquisire così garanzie reali non previste in precedenza, dal momento che la Banca Popolare dell’Emilia Romagna non aveva contribuito a erogare i finanziamenti pregressi, nè sussisteva ragione per munire di garanzie il debito più antico, che si andava ad estinguere con la provvista così ottenuta.

Ora, come segnala la parte ricorrente, anche nella memoria, le tre affermazioni sono in palese contrasto logico perchè, se (b) la stipula del contratto di mutuo fondiario era finalizzata all’estinzione dei crediti nascenti dai finanziamenti, ma (c) la banca resistente non aveva contribuito a erogare i pre-finanziamenti, non si vede la ragione per la quale (a) la stessa banca resistente avrebbe dovuto partecipare all’erogazione del mutuo fondiario “con una quota di L. 178.000.000, con garanzia ipotecaria”.

Si impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo e il terzo motivo, dichiarando assorbito il quarto e inammissibile il quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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