Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15688 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15688

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4242-2019 proposto da:

S.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE

FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato GATTAMELATA STEFANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MELILLO CLAUDIA;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE 32,

presso lo studio dell’avvocato SPADA GIUSEPPE, rappresentato e

difeso dagli avvocati FERRILLO ELEONORA, VISCARDI AUGUSTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4844/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie di S.C., proposta dalla figlia del de cuius S.B. nei confronti del fratello S.S., nominato erede unico con testamento.

La corte d’appello ha rigettato le ragioni di censura proposte dalla attrice originaria, che pretendeva una più favorevole determinazione della massa rilevante ai fini del calcolo della quota di riserva.

Essa ha ritenuto tardiva la produzione di documentazione bancaria operata dall’appellante, ritenendo nello stesso tempo inammissibili le istanze di esibizioni formulate dalla medesima appellante.

Quindi ha confermato la ricostruzione dell’asse già operata dal giudice di primo grado sia con riferimento al relictum e ai debiti ereditari, sia con riferimento al donatum.

Per la cassazione della sentenza S.B. ha proposto ricorso affidato a tre motivi.

S.S. ha resistito con controricorso.

La causa, su conforme proposta del relatore, è stata fissata per l’adunanza camerale dinanzi alla sesta sezione civile della Corte.

Il controricorrente ha depositato memoria.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c..

La corte di merito, nel valutare la documentazione prodotta in appello e le istanze di esibizione tempestivamente formulate, non ha tenuto conto che l’attrice si trovava nella posizione di legittimario preterito, in quanto tale privo di qualsiasi titolo per poter avanzare agli istituti di credito, alle banche e alle poste richieste inerenti i rapporti intrattenuti dal de cuius.

Il motivo è fondato.

Già con l’atto di citazione S.B. aveva formulato la seguenti richieste istruttorie: “si richiede all’Ill.mo Giudice che lo stesso ordini l’esibizione ex art. 2010 e/o 213 dei conti correnti presso gli Istituti di credito BBC di Sambuca di Sicilia, Banca Intesa San Paolo e Banco Posta. Si richiede all’Ill.mo giudice che lo stesso ordini ex art. 210 c.p.c. e/o art. 213 c.p.c. l’esibizione della situazione Inps e delle pensioni della sig.ra R.R. e del sig. S.C. “.

La corte d’appello dà atto della produzione della missiva “all’Intesa San Paolo dell’11 ottobre 2017, con gli allegati estratti conto Banca Intesa San Paolo dal dicembre 2006 al 24 ottobre 2011 del conto corrente bancario intestato a S.C. (…) ed assegni bancari di emessi dal de cuius, fra gli anni 2008 e 2011, sul proprio conto corrente bancario presso la filiale della Banca Intesa San Paolo di Menfi”.

Essa ritiene tardiva la produzione, imputando all’appellante di non avere assolto al proprio onere “di dimostrare che l’ignoranza dell’esistenza dei documenti e del luogo ove essi si trovavano non sia dipesa da sua colpa, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore”.

Nello stesso tempo la corte ritiene non accoglibile l’istanza di esibizione sulla base delle seguenti considerazioni:

– la richiesta di documentazione alla Banca Intesa San Paolo è stata formulala solo il 31 luglio 2007, allorchè i termini ex art. 183 c.p.c., comma 6, erano ampiamente decorsi;

– la richiesta nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Sambuca di Sicilia è tempestiva, tuttavia l’appellante non dà conto della risposta o del diniego;

-le richieste formulate nei confronti delle Poste e Inps sono tardive risalendo tutte al 2017.

E chiaro che le considerazioni della corte implicano il riconoscimento che l’attrice aveva la possibilità di attivarsi autonomamente presso gli istituti di credito e enti al fine di acquisire i documenti prodotti in secondo tempo e/o oggetto di istanza di esibizione.

Tale implicazione trascura il dato che emerge dal D.Lgs. n. 385 del 2011, art. 119: “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione”.

Tale diritto compete quindi al soggetto che sia “succeduto universalmente al cliente della banca” (Cass. n. 11004/2006), laddove è nella specie circostanza pacifica che l’attrice era stata esclusa dalla successione del proprio genitore, il quale, secondo la ricostruzione della sentenza, aveva lasciato tutto per testamento al figlio Stefano.

L’attrice quindi si trovava, rispetto alla successione del genitore, nella posizione del legittimario preterito.

Al legittimario la legge riconosce una quota di eredità riservata, ma tale riconoscimento non lo rende erede ex lege. In presenza di un testamento con il quale il de cuius dispone dell’intera eredità in favore di altri, il legittimario non è erede e neanche chiamato: egli diviene erede solo a seguito di positivo esercizio dell’azione di riduzione (giurisprudenza pacifica, v. per tutte Cass. n. 25441/2017).

Consegue che il legittimario preterito ha un diritto proprio e personale alla quota di riserva, contro la volontà del defunto, che egli fa valere nella qualità di terzo e non di successore. Il che esclude, già in linea teorica, che possano essergli imputate omissioni o ritardi nel compimento di attività che siano espressioni di diritti che la legge attribuisce ai successori del de cuius, come il diritto riconosciuto dall’art. 119 del Testo Unico Bancario.

Il legittimario preterito non è neanche chiamato all’eredità (Cass. n. 19527/2005). Quindi si deve nello stesso tempo escludere che egli possa avanzare la richiesta nella qualità di amministratore ai sensi dell’art. 460 c.c. Il legittimario preterito, anche se al possesso dei beni ereditari, non ha infatti i poteri che la norma riconosce al chiamato in quanto tale.

Il secondo motivo denuncia in primo luogo violazione dell’art. 556 c.c..

La corte, nella ricostruzione della massa di riferimento per la determinazione della quota di riserva, ha considerato il saldo del conto intestato in nome del defunto e di A.A. al 24 ottobre 2011, laddove la norma impone di fare riferimento al saldo esistente all’apertura della successione: nel caso in esame al 20 settembre 2011.

Il motivo è fondato.

La corte assume il dato del conto al 24 ottobre 2011, con saldo pari a Euro 91,92, precisando che trattasi di importo pari al saldo esistente al 30 settembre 2011.

La norma dell’art. 556 c.c., diversamente, impone di considerare la consistenza dell’asse ereditario all’apertura della successione (Cass. n. 17878/2003): quindi il giudice di merito avrebbe dovuto considerare il saldo 20 settembre 2011, essendo del tutto irrilevante l’identità del saldo al 24 ottobre 2011 rispetto a quello esistente al 30 settembre 2011, essendo appunto anche tale data successiva a quella di apertura della successione.

L’accoglimento del primo e della prima ragioni di censura proposta con il secondo motivo comportano l’assorbimento delle ulteriori censure, riguardante la contestazione del conto, la ricostruzione del donatum e la misura dei debiti ereditari, trattandosi di aspetti da considerare unitariamente in base al complesso del materiale istruttorio, una volta valutate le istanze dell’attrice in base ai principi sopra indicati.

La sentenza deve essere cassata in relazione al primo motivo e, nei limiti di cui sopra, in relazione al secondo motivo, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che provvederà nuovo esame in applicazione dei principi di cui sopra e regolerà le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo e, nei limiti di cui in motivazione, il secondo; dichiara assorbiti l’altra parte del secondo motivo ed il terzo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

 

 

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