Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15688 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 23/06/2017, (ud. 10/03/2017, dep.23/06/2017),  n. 15688

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1490-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

nonchè contro

CONSORZIO INDUSTRIALE NORD EST SARDEGNA;

– intimati –

avverso la sentenza 277/2011 della CCMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PESCARA, depositata il 17/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2017 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Consorzio Industriale Nord Est Sardegna proponeva ricorso avverso il provvedimento di revoca del credito di imposta per importi eccedenti il limite del “de minimis”, di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, come richiamato dalla L. n. 289 del 2002, art. 63, che veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara. L’Agenzia delle entrate proponeva appello, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo in ragione della inapplicabilità nella fattispecie della regola del “de minimis”, in quanto i contributi concessi non erano qualificabili come aiuti di Stato. Propone ricorso per la cassazione della sentenza, l’Agenzia delle Entrate svolgendo due motivi. La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e/o falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7 e della L. n. 289 del 2002, art. 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed alla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, atteso che i giudici di appello hanno erroneamente disapplicato le disposizioni contenute nelle norme sopra richiamate, che impongono espressamente un limite quantitativo alla concessione dell’ulteriore credito di imposta per incremento dell’occupazione nelle aree svantaggiate.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura le sentenza impugnata, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7, e L. n. 289 del 2002, art. 63, in relazione agli artt. 87 e 88 del Trattato CE, nonchè al Regolamento CE del 12 gennaio 2001, n. 69/2001, ed al Regolamento U.E. n. 2204/2002, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1. L’Ufficio ricorrente deduce che, sebbene le precedenti considerazioni siano decisive ed assorbenti, la sentenza della CTR sarebbe illegittima anche nella parte in cui afferma che la normativa comunitaria permetterebbe di concedere il beneficio senza preventiva comunicazione e senza l’osservanza della regola “de minimis”, perchè si tratterebbe di aiuti a favore dei lavoratori (e non delle imprese), consentiti dal Regolamento n. 2204/2002.

3. Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro inerenza alla medesima questione, è fondato.

3.1. Il L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, disciplina gli incentivi concessi, in forma di credito di imposta, ai datori di lavoro che incrementano la base occupazionale, e prevede: “Per i datori di lavoro che nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2001 e il 31 dicembre 2003 effettuano nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato da destinare ad attività produttive ubicate nei territori individuati dal citato art. 4 e nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonchè in quelle delle regioni Abruzzo e Molise, spetta un ulteriore credito di imposta. L’ulteriore credito di imposta, che è pari a L. 400.000 per ciascun nuovo dipendente, compete secondo la disciplina di cui al presente articolo. All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola “de miminis” di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C68 del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purchè non venga superato il limite massimo di L. 180 milioni nel triennio”. La Commissione CE nel 1992 e, successivamente, nel 1996, aveva introdotto, con una propria Comunicazione, la regola “de minimis”, per la quale gli aiuti di esigua entità (aiuti appunto “de minimis”) non rientrano nel campo d’applicazione dell’art. 87, par. 1, del Trattato, perchè, concretamente, non hanno effetti sulla concorrenza e sugli scambi ed, in quanto tali, non sono soggetti all’obbligo di previa notifica alla Commissione (ex art. 88, par. 3, del Trattato). Per la Commissione, infatti, gli aiuti che non superano l’importo di 100.000 ECU (circa L. 200.000 milioni) in tre anni non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 92 del Trattato, in quanto non produrrebbero degli effetti percettibili sugli scambi e sulla concorrenza (Comunicazione della Commissione relativa agli aiuti “de miminis”, in GUCE C 68 del 6 marzo 1996, p. 9).

3.2. Questa Corte ha precisato che: “tale adottata modalità di delimitazione della agevolazione accordata (qualunque ne sia la natura) rientra nel legittimo esercizio delle scelte discrezionali del legislatore, essendo consentito legiferare con la tecnica del rinvio (recettizio o formale) a norme di altro ordinamento e non riscontrandosi violazioni della normativa comunitaria, atteso che questa se pone agli Stati membri il divieto di concedere “aiuti di Stato” in misura eccedente la regola “de miminis”, non impedisce loro di circoscrivere benefici fiscali entro soglie predefinite (Cass., Sez. 5, n. 21797 del 2011).

L’art. 8 della stessa legge introduce poi altre agevolazioni fiscali a fronte di nuovi investimenti in aree svantaggiate, stabilendo: ” Ai soggetti titolari di reddito d’impresa, esclusi gli enti non commerciali, che, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investmenti nelle aree territoriali individuate dalla Commissione delle Comunità europee come destinatarie degli aiuti a finalità regionale di cui alle deroghe previste dall’art. 87, paragrafo 3, lett. a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla L. 16 giugno 1998, n. 209, è attribuito un credito d’imposta entro la misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla predetta Commissione. Per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2000 sono agevolabili i nuovi investimenti acquisiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dall’approvazione del regime agevolativo da parte della Commissione delle Comunità europee. Il credito di imposta non è cumulabile con altri aiuti di Stato a finalità regionale o con altri aiuti che abbiano ad oggetto i medesimi beni che fruiscono del credito d’imposta”.

3.3. Il legislatore nazionale, nel disciplinare la possibilità di cumulo delle agevolazioni fiscali prescritte dalla stessa L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, con altre forme di aiuto, ha bene individuato la portata della regola “de minimis”, prevista per le agevolazioni fiscali (di modesta entità) ivi prescritte. Infatti, la possibilità di cumulo è limitata alla condizione di non superamento, per i benefici fruiti ai sensi dell’art. 7, del limite massimo ” di L. 80.000.000 nel triennio” (Euro 100.000,00), limite quantitativo al di sotto del quale gli “aiuti di Stato” non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) par. 1 Trattato C.E. (v., fra le altre, Cass. n. 18018 del 2016, n. 21605 del 2015, n. 20245 del 2013).

In tema di agevolazioni fiscali, la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 63, ha mantenuto fermo il limite comunitario “de minimis”, per cui il credito d’imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate è cumulabile con altri benefici purchè non sia superato il tetto massimo fissato in sede comunitaria, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione dal cumulo, prevista dal D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, art. 46, che riguarda solo gli aiuti concessi in misura superiore al suddetto limite e non l’ulteriore credito d’imposta legislativamente determinato in misura ad esso corrispondente (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza, n. 16178 del 15.7. 2014; Cass. Sez. 5, n. 20245 del 4.9.2013).

3.4. Il legislatore nazionale, nel rinnovare il regime degli incentivi alle assunzioni, già disposto con la L. n. 388 del 2000, art. 7, la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7, che, relativamente all'”ulteriore” credito di imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate, testualmente dispone (al comma 10 ultima parte): “All’ulteriore credito d’imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C68 del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purchè non venga superato il limite massimo di L. 180 milioni nel triennio”.

Pertanto, ai fini della determinazione dell’importo massimo del credito di imposta di cui all’art. 7, comma 10 (regola c.d. de minimis in forza della quale gli aiuti di Stato di esigua entità esulano dal campo di applicazione dell’art. 87, parag. 1, del Trattato CE), si deve tenere conto, con le limitazioni indicate, anche del credito d’imposta per nuovi investimenti ottenuto ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, e n. 4 c.p.c. nei limiti in cui non venga superato, per le agevolazioni fruite ai sensi della citata norma e nel triennio considerato, il tetto massimo di Euro 100.000 (Cass. Sez. 5, n. 21797 del 2011; Cass. Sez. 5, n. 20245 del 2013).

3.5. Va conseguente ribadito il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui in tema di agevolazioni fiscali, è illegittima la disapplicazione da parte del giudice nazionale della norma della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 63, comma 1, nella parte in cui, rinnovando il regime degli incentivi alle assunzioni, mantiene ferma la disposizione di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, comma 10, che circoscrive il riconoscimento del credito di imposta nei limiti della regola “de minimis”, e cioè nell’importo di Euro 100.000 nel triennio, quale limite quantitativo al di sotto del quale gli aiuti di Stato non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) del Trattato CE, sul presupposto che il beneficio in questione non configuri un aiuto di Stato, in quanto incorre nella violazione della normativa comunitaria il legislatore solo se concede aiuti di Stato in misura eccedente alla regola “de miminis” e non se circoscrive, nell’ambito dei suoi legittimi poteri discrezionali, benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate “per relationem” rispetto a norme dell’ordinamento comunitario (Cass. n. 21797 del 2011; Cass. n. 20245 del 2013; Cass., n. 20785 del 2016).

4. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei suindicati principi, nella parte in cui afferma che nel caso di specie non troverebbe applicazione la regola “de minimis”, in quanto i contributi concessi non sono qualificabili come aiuti di Stato per difetto della condizione di selettività.

Il credito di imposta di cui trattasi è concesso solo ad alcune imprese, in particolare a quelle che sono situate in alcune regioni italiane. Il criterio della selettività è, quindi, determinato dall’area geografica di riferimento, posto che il credito di imposta non può essere concesso in tutti gli operatori situati nel territorio nazionale.

La CTR erra anche nell’affermare che nella fattispecie troverebbe applicazione il Regolamento CE n. 2204 del 2002, mentre non avrebbe rilievo il Regolamento 69/2001/CE sui contributi minimi alle imprese.

Sulla base dei rilievi sopra ampiamente espressi, la L. n. 388 del 2000, art. 7, e della L. n. 289 del 2002, art. 63, prevedono la concessione di aiuti di Stato, apportando un vantaggio a determinate imprese. Il beneficio in questione si intende attribuito con risorse statali ed incide sugli scambi tra gli Stati membri, atteso che è evidente che esso comporta riflessi sugli scambi infra – comunitari, perchè altera il costo della produzione delle imprese, incidendo sul livello dei prezzi del prodotto finale. Inoltre, il beneficio in concreto si sostanzia in una rinuncia dello Stato alla riscossione di una parte delle imposte ad esso dovute, così incidendo sull’ammontare delle entrate di bilancio.

Ne consegue che nella specie, trattandosi di aiuti di Stato, trova applicazione il Regolamento CE n. 69 del 2001, che consente di concedere liberamente, senza onere di notifica, soltanto i benefici di minimo importo, che sono considerati privi di effetti di rilievo nel mercato comunitario. L’importo stabilito per definire il regime “de minimis” serve a tracciare la linea di confine tra gli aiuti di Stato che sono incompatibili con l’art. 87 (ora 107) paragrafo 1 del trattato istitutivo della UE, e quelli che invece sono tollerati. Il regime “de minimis” serve a giustificare una deroga alla regola del divieto degli aiuti di Stato, sulla base della esiguità dell’aiuto stesso, ritenuto inidoneo ad influire sulla concorrenza.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in alcun modo la disciplina del sopravvenuto Regolamento CE n. 2204 del 2002 può ritenersi avere inciso, modificandola, sulla disciplina del credito di imposta per incremento occupazionale nelle aree svantaggiate di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7, richiamato dalla L. n. 289 del 2000, art. 63, sottraendola all’applicazione della regola del “de minimis”, come in dettaglio dimostra il confronto tra la richiamata normativa interna e le disposizioni del “considerando” n. 27, dell’art. 4, par. 2, dello stesso art. 4, par. 4, lett. a), del medesimo art. 4, par. 4 lett. c), dell’art. 5, par. 2, e dell’art. 7, par. 2 del citato Regolamento CE n. 2204 del 2002 (Cass. Sez. 5, n. 16735 del 2015).

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (ex art. 384 c.p.c., comma 2) la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente. In ragione del consolidarsi della giurisprudenza citata in periodo successivo alla proposizione del ricorso introduttivo, sussistono le condizioni per la integrale compensazione delle spese di lite di ogni fase e grado.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Compensa le spese di lite dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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