Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15687 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 04/06/2021), n.15687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 14100-2019 proposto da:

F.K., rappresentato e difeso dall’avvocata Serena Brachetti

con studio in Perugia via XIV Settembre, 69;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 771/2018 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 07/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– il processo trae origine dalla domanda di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ovvero della c.d. protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, proposta da F.K., cittadino della Nigeria;

– a sostegno della domanda egli ha allegato di essere di fede cristiana e di avere sempre vissuto nel Delta State; ha dichiarato di essere fuggito dal suo paese in quanto il padre, appartenente ad una setta segreta, intendeva sacrificarlo quale figlio primogenito;

– adito il Tribunale di Roma contro il diniego statuito dalla Commissione territoriale, il richiedente asilo ha poi appellato il rigetto avanti la corte d’appello capitolina che ha confermato l’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento delle forme di protezione richieste;

– la cassazione della sentenza di secondo grado è chiesta dal cittadino straniero con ricorso affidato a sei motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1;

– l’intimato Ministero dell’interno si è costituito ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo, per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione; considerato che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, che la relata di notifica del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale non era stata tradotta in lingua comprensibile al richiedente, con conseguente nullità del procedimento amministrativo e di quello di primo e di secondo grado che ne sono scaturiti;

– con il secondo motivo si denuncia il provvedimento impugnato per non avere la corte d’appello svolto il ruolo attivo nell’istruzione della domanda, verificando d’ufficio la presenza e il pericolo rappresentato in Nigeria dalle sette segrete, e ritenendo che la mancata indicazione da parte del richiedente del nome della setta davanti alla commissione territoriale, poi indicato nel ricorso in esame con quello degli Ogboni, non giustificasse la mancata applicazione del principio dell’onere probatorio attenuato ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3;

– con il terzo motivo si censura il mancato riconoscimento dello status di rifugiato per non avere la corte territoriale, in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria, assunto informazioni in merito alla denunciata mancanza di una effettiva tutela sia a livello di forze di polizia che di sistema giudiziario che contraddistingue la società nigeriana;

– con il quarto motivo si denuncia il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria per non avere la corte territoriale adeguatamente considerato la situazione del Delta State, area dalla quale proviene il ricorrente e che risulta caratterizzata da elevato rischio di atti terroristici, confermati dal report 2017 di Human Rights Watch, e confermati dal sito internet Viaggiare sicuri del Ministero degli affari esteri;

– con il quinto motivo si denuncia il mancato riconoscimento della protezione internazionale in ragione del non adeguato esame della documentazione medica prodotta dal ricorrente ed attestante la contusione al polso sinistro derivante dalla violenta aggressione patita dal padre;

– con il sesto motivo si denuncia, in relazione al diniego della protezione umanitaria, l’insufficiente, apparente e generica motivazione della sentenza impugnata, per non avere la corte territoriale considerato quale serio motivo umanitario l’esposizione, in caso di rimpatrio forzoso del ricorrente, al rischio per la sua incolumità derivante dai numerosi attacchi terroristici che interessano la Nigeria;

– al contempo egli denuncia la mancata considerazione della concreta ed effettiva integrazione sociale raggiunta in Italia desumibile dall’allegata documentazione riguardante il regolare contratto di locazione ed il contratto di lavoro quale collaboratore domestico;

– ciò posto, ritiene il Collegio che, considerata l’intervenuta rimessione alle Sezioni Unite civili di questa Corte con l’ordinanza interlocutoria n. 28316/2020 della questione concernente la possibilità di riconoscere la protezione umanitaria al cittadino straniero che abbia raggiunto per effetto della permanenza in Italia un grado di integrazione sociale tale da rendere il suo rimpatrio nel Paese di origine idoneo a determinare una lesione del suo diritto alla vita privata e familiare, appaia opportune disporre il rinvio del procedimento a nuovo ruolo in attesa della decisione sul punto delle Sezioni Unite civili.

P.Q.M.

La Corte rinvia a nuovo ruolo.

Si comunichi.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima sezione civile, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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