Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15686 del 01/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 01/07/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 01/07/2010), n.15686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.B., rappresentato e difeso dall’avv. LEONARDI Sergio,

presso il quale è elettivamente domiciliato in Rema in Via Eleonora

Duse n. 5/G;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 162/65/06, depositata il 28 settembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 162/65/06, depositata il 28 settembre 2006, che, accogliendo l’appello di L.B., medico chirurgo libero professionista, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998 e 1999. Il contribuente resiste con controricorso. Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente censura la sentenza per contraddittoria motivazione in ordine al requisito dell’autonoma organizzazione; con il secondo, per violazione del principio dell’onere della prova fissato dall’art. 2697 cod. civ..

La ratio decidendi della sentenza impugnata – che ha ritenuto non sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, pur rilevando essere minime le attrezzature dello studio professionale come pure gli oneri economici per il personale collaboratore dipendente, e soggiungendo che d’altra parte, l’Ufficio non ne ha eccepito nè controdedotto nè provato la sussistenza – non è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007). La pronuncia gravata incorre dunque in. entrambi i vizi denunciati.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che il controricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, rilevato che per mero errore materiale nella relazione si conclude nel senso che il ricorso appare manifestamente “infondato”, in luogo di “fondato”, come si evince dal testo della relazione stessa trascritta supra, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2010

 

 

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