Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15683 del 28/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 28/07/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 28/07/2016), n.15683

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6567 – 2015 proposto da:

CUKY COFRESCO S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO SPINA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI, 49, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

RICCIONI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARCO ANDREA BAUDINO BESSONE, CARLO PIOLA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1101/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/12/2014 r.g.n. 99/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2016 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato ROMANO GIOVANNI;

udito l’avvocato RICCIONI ALESSANDRO in proprio per delega verbale

Avvocato BAUDINO BESSONE MARCO ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Torino in ordine all’impugnativa del recesso dal rapporto di lavoro dirigenziale proposta da M.E. nei confronti della Cuki Cofresco S.p.A., pronunziando sulla sola questione ad essa devoluta relativa alla spettanza dell’indennità supplementare ex art. 19 del CCNL per i dirigenti di azienda industriale, oltre al preavviso già riconosciuto in prime cure per effetto della dichiarata ingiustificatezza del recesso, accoglieva la domanda con condanna della Società al pagamento della stessa nella misura, diversa da quella massima richiesta dal M., di undici mensilità dell’ultima retribuzione come quantificata per l’indennità di preavviso.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, pur a fronte della riconosciuta effettività della soppressione del posto cui il M. era addetto, non adeguatamente provate, stante anche l’incoerenza con le ulteriori scelte aziendali contestualmente assunte, le ragioni di carattere economico invocate dalla Società a giustificazione del recesso e pretestuosi, in quanto generici ed infondati, i rilievi di natura soggettiva intesi a connotare negativamente la collaborazione resa dal M., rilievi pure inseriti nella lettera di licenziamento, sebbene al solo fine di fondare la domanda risarcitoria avanzata in via riconvenzionale dalla Società e respinta in prime cure con statuizione non fatta oggetto di gravame Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione ad un unico articolato motivo, cui resiste, con controricorso, il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo, la Società ricorrente, nel denunciare, ai sensi dell’art. 360, n. 4, la nullità dell’impugnata sentenza, per essere la relativa motivazione solo apparente o affetta da grave illogicità e contraddittorietà, nonchè il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’iter valutativo seguito dalla Corte territoriale ai fini del giudizio circa la legittimità dell’intimato recesso dal rapporto di lavoro dirigenziale intercorrente con il M., per aver, in primo luogo, questa, chiamata a pronunziarsi sulla legittimità del licenziamento, dalla Società motivato con riferimento a ragioni di carattere oggettivo, attribuito rilevanza, ai medesimi effetti, agli apprezzamenti di carattere soggettivo in ordine all’andamento negativo della collaborazione resa dal dirigente, inseriti dalla stessa Società nella lettera di comunicazione del recesso ma al solo fine di preannunciare il futuro avvio a carico del medesimo di un’azione risarcitoria e, in secondo luogo, non considerato, per privilegiare esclusivamente, travisandone e sopravvalutandone la portata, il dato relativo all’indice EBITDA, gli ulteriori indicatori della grave crisi economica che aveva investito l’azienda ed, infine, travisato la valenza delle ulteriori determinazioni assunte dalla Società, in particolare delle promozioni disposte e delle collaborazioni instaurate dopo il licenziamento del dirigente, nel medesimo settore in cui questi operava, non avendo considerato quanto dedotto dalla Società circa l’invarianza dei costi a cui l’operazione era stata realizzata.

Il motivo si appalesa infondato, atteso che la pronuncia della Corte territoriale risulta sorretta da una motivazione che, lungi dal configurarsi, come qui sostiene la Società ricorrente, quale motivazione solo apparente o, comunque, intrinsecamente contraddittoria, coglie appieno la contraddittorietà insita nella lettera di comunicazione del licenziamento, in cui le due parti sulle quali la stessa si articola – l’una intesa ad illustrare le ragioni puramente oggettive dell’intimato recesso, l’altra a preannunciare, nei confronti dello stesso dirigente, un’azione risarcitoria utile a ristorare la Società dei pregiudizi economici derivati dalla collaborazione resa dal medesimo – destinate a restare, nella prospettazione della Società ricorrente, rigorosamente distinte, finiscono per risultare, al contrario, strettamente connesse, laddove riflettono la raggiunta maturazione da parte della Società del radicato convincimento che la condizione di difficoltà economica, in cui la stessa versava e nella quale viene a sostanziarsi il giustificato motivo oggettivo invocato nella prima parte della predetta lettera, era, per quanto espresso nella seconda parte della medesima, sostanzialmente da addebitarsi alla piena responsabilità dello stesso dirigente destinatario del provvedimento motivato da quelle ragioni oggettive, così da palesare il reale intendimento sotteso alla manifestazione di volontà della Società e ad offrire un solido fondamento a quella apparente operazione di inversione della sequenza logica degli argomenti esposti dalla Società nella lettera in questione, operazione per la quale il profilo soggettivo della responsabilità attribuita al dirigente viene a porsi come effettiva azione giustificativa del licenziamento, mentre la situazione di crisi economica dell’azienda scade a mero presupposto della preannunciata azione risarcitoria; si giustifica in a modo – tenuto conto altresì degli ulteriori e conseguenti provvedimenti assunti dalla Società correttamente riguardati come volti al conseguimento di più qualificate collaborazioni nel medesimo settore di impiego del dirigente estromesso – quanto ritenuto dalla Corte territoriale circa il venir meno o, comunque, il carattere fraudolento, incompatibili con gli obblighi di correttezza e buonafede che incombono al datore, della giustificazione oggettiva formalmente addotta, cui consegue l’applicazione della tutela accordata, nella ricorrenza di una simile evenienza, dal contratto collettivo attraverso l’erogazione dell’indennità supplementare.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Società delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 7.000,00 (settemila), compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016

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