Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15679 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1260 – 2019 R.G. proposto da:

Avvocato C.F., in qualità di rappresentante dello

studio legale associato “Rossi – Camerini”, da se medesimo

rappresentato e difeso ai sensi dell’art. 86 c.p.c., elettivamente

domiciliato in Roma, al viale delle Milizie, n. 1, presso il proprio

studio.

– ricorrente –

contro

COMUNE di INTRODACQUA, – c.f. (OMISSIS), – in persona del commissario

straordinario prefettizio, rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Giovanni

Mastrogiovanni ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via XX

Settembre, n. 3, presso lo studio dell’avvocato Donatella Rossi.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1030/2018 della Corte d’Appello de L’Aquila,

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio

2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con decreto n. 672/2014 il Tribunale de L’Aquila ingiungeva al Comune di Introdacqua il pagamento al ricorrente, avvocato C.F., in qualità di rappresentante dello studio legale associato “Rossi – Camerini”, della somma di Euro 6.762,75, oltre spese di procedura, a titolo di compensi per l’attività professionale prestata dall’avvocato C. in favore dell’ente ingiunto nella controversia definita dalla Corte d’Appello de L’Aquila con sentenza n. 181/2000.

2. Il Comune di Introdacqua proponeva opposizione.

3. L’avvocato C.F. non si costituiva.

4. Con sentenza n. 124/2017 il Tribunale de L’Aquila dichiarava prescritto, in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’opponente, il credito del ricorrente e revocava l’ingiunzione di pagamento.

5. L’avvocato C.F. proponeva appello.

Deduceva che in violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, l’ente opponente aveva in prime cure esperito l’opposizione nelle forme ordinarie ed il tribunale aveva a sua volta nelle forme ordinarie pronunciato sentenza.

6. Resisteva il Comune di Introdacqua.

7. Con sentenza n. 1030 dei 29/30.5.2018 la Corte d’Appello de L’Aquila rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Evidenziava la corte che l’opposizione all’ingiunzione, sebbene proposta, in prime cure, con atto di citazione anzichè con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., soggetto al rito speciale del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, era stata spiegata tempestivamente alla stregua della data di deposito della citazione ed era in ogni caso ammissibile e procedibile.

Evidenziava inoltre che l’appellante non aveva specificamente censurato nel merito la sentenza di primo grado nè aveva rassegnato conclusioni di merito; che propriamente l’appellante si era limitato a sostenere incidenter tantum che la prescrizione decennale era stata interrotta dal ritiro del fascicolo di parte e dall’attività espletata dal codifensore.

8. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato C.F., in qualità di rappresentante dello studio legale associato “Rossi – Camerini”; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

Il Comune di Introdacqua ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria delle spese.

9. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta fondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

10. Il ricorrente ha depositato memoria.

11. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 4 e 14.

Deduce che in primo grado l’opposizione è stata introdotta con ordinario atto di citazione; che in primo grado si è astenuto dal costituirsi al fine di evitare qualsivoglia forma di sanatoria; che in primo grado il tribunale non ha fatto luogo, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 1, al mutamento del rito; che in primo grado il tribunale, funzionalmente competente a decidere l’opposizione in composizione collegiale con ordinanza non appellabile, ha viceversa deciso in composizione monocratica con sentenza.

Deduce dunque che la Corte de L’Aquila, cui era stata addotta la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, avrebbe dovuto, in accoglimento dell’appello, dichiarare l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo, senza disporre la rimessione al primo giudice, esulando il caso de quo dalle ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c..

12. Il motivo di ricorso va respinto.

13. In premessa, evidentemente, non può che ribadirsi l’insegnamento delle sezioni unite a tenor del quale, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, come sostituito dal D.Lgs. cit., può essere introdotta: a) con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dal menzionato D.Lgs., artt. 3, 4 e 14; oppure: b) ai sensi dell’art. 633 c.p.c., segg., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., segg., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c.; è, invece, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dall’art. 702 bis e c.p.c., segg., (cfr. Cass. sez. un. 23.2.2018, n. 4485. Le sezioni unite hanno, nella medesima occasione, puntualizzato che la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui alla D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all'”an debeatur”; soltanto qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale) non esorbitante dalla competenza del giudice adito ai sensi del D.Lgs. cit., art. 14, la trattazione di quest’ultima dovrà avvenire, ove si presti ad un’istruttoria sommaria, con il rito sommario (congiuntamente a quella proposta ex art. 14, dal professionista) e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena (ed eventualmente con un rito speciale a cognizione piena), previa separazione delle domande; qualora la domanda introdotta dal cliente non appartenga, invece, alla competenza del giudice adito, troveranno applicazione gli artt. 34,35 e 36 c.p.c., che eventualmente possono comportare lo spostamento della competenza sulla domanda, ai sensi dell’art. 14).

14. Parimenti, in premessa, è da escludere che la corte distrettuale avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice.

Difatti i casi che impongono la rimessione della causa al giudice di primo grado, sono espressamente indicati dagli artt. 353 e 354 c.p.c., e al di fuori delle ipotesi quivi tassativamente previste non è possibile la rimessione al primo giudice, secondo quanto esplicitato dall’art. 354 c.p.c., la cui disposizione esprime una norma conforme a Costituzione, giacchè non esiste garanzia costituzionale del doppio grado di giurisdizione di merito (cfr. Cass. 6.9.2007, n. 18691).

15. Ebbene è innegabile che in primo grado il tribunale avrebbe dovuto con ordinanza far luogo, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 1, al mutamento del rito, siccome l’opposizione all’ingiunzione non era stata proposta ai sensi del combinato disposto dell’art. 702 bis c.p.c., e segg., e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14.

16. E tuttavia questa Corte spiega che l’omesso mutamento del rito (da quello speciale del lavoro a quello ordinario e viceversa) non determina “ipso iure” l’inesistenza o la nullità della sentenza, ma assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione, indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (cfr. Cass. 27.1.2015, n. 1448; Cass. 18.7.2008, n. 19942).

17. Su tale scorta si rimarca che il ricorrente non ha propriamente prefigurato e dato conto della puntuale ed apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e delle sue prerogative processuali scaturita dal rito ordinario concretamente seguito e quindi dall’inosservanza in prime cure del disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 1.

18. E’ incensurabile perciò l’affermazione della corte d’appello secondo cui non “può farsi derivare l’improcedibilità dell’opposizione dal mancato mutamento del rito da parte del primo giudice” (così sentenza appello, pag. 6).

19. Al riguardo due ulteriori precisazioni si impongono.

Da un canto, non rileva di per sè la circostanza per cui in primo grado è stata portata deroga alla “competenza funzionale” del collegio.

D’altro canto, il ricorso non censura specificamente la statuizione di seconde cure, nella parte in cui la corte aquilana ha affermato che le prospettazioni dell’appellante circa l’avvenuta interruzione della prescrizione erano da reputare inammissibili in dipendenza delle preclusioni correlate alla definizione in primo grado – nel corso del quale l’avvocato C.F. era rimasto contumace – del thema decidendum e del thema probandum.

Tanto ben vero a prescindere dall’insegnamento di questa Corte secondo cui la parte rimasta contumace in primo grado non può godere, nel giudizio di appello, di diritti processuali più ampi di quelli spettanti alla parte ritualmente costituita in quel primo giudizio e deve, conseguentemente, accettare il processo nello stato in cui si trova, con tutte le preclusioni e decadenze già verificatesi (cfr. Cass. 4.5.1998, n. 4404)

20. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente, nella precisata qualità, va condannato a rimborsare all’ente controricorrente le spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

21. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, nella precisata qualità, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, avvocato C.F., in qualità di rappresentante dello studio legale associato “Rossi – Camerini”, a rimborsare al controricorrente, Comune di Introdacqua, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, nella suddetta qualità, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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