Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15676 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. III, 15/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20889/2010 proposto da:

T.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI MONTI PARIOLI 54 A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MORABITO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERELLI Ferdinando

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

e contro

ARCHIVIO NOTARILE PALMI, PROCURA GENERALE CORTE, APPELLO DI

CATANZARO, PROCURA GENERALE CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 27/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

Sezione Terza Civile, emessa il 09/06/2009, depositata il 29/06/2009;

R.G.N. 677/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

Lette le conclusioni, scritte dal Sostituto Procuratore Generale

Dott. Massimo Fedeli sulla relazione, confermate in Camera di

Consiglio dal P.M. Dott. VELARDI Maurizio, che ha chiesto cassi senza

rinvio la sentenza impugnata in relazione ai capi di incolpazione n.

1-2-4-5-11-12-13-14-15-16 parte del 17 (atti racc. 14101/2005;

14694/2005; 14918/2005), mentre rigetti per il reato il ricorso, con

le pronunce di legge.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione regionale di disciplina per la Calabria procedeva disciplinarmente nei confronti del notaio T.R. per una serie di infrazioni rilevate nel corso di un’ispezione ordinaria per il biennio 2005-06. Con decisione del 7.2.2008 la COREDI riteneva il notaio T. responsabile e gli applicava per alcune infrazioni la sanzione della sospensione per un mese, per altre la sanzione pecuniaria ed infine per altre la censura. Avverso questa decisione proponeva reclamo il Notaio T.R. alla Corte di appello di Catanzaro.

Altro giudizio veniva promosso dall’Archivio notarile di Palmi e dal Ministero della Giustizia avverso la decisione della COREDI n. 1/2008, limitatamente ad alcune infrazioni (capi 11 e 17), per cui era stato pronunziato il proscioglimento.

I reclami venivano riuniti e la corte di appello di Catanzaro con sentenza depositata il 9.6.2009, rigettava il reclamo della T. ed accoglieva parzialmente il reclamo dell’archivio relativamente all’infrazione di cui al capo 11, applicando la sanzione della sospensione per un mese.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il notaio T.R., che ha presentato anche memoria.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha censurato l’impugnata sentenza, richiedendo la declaratoria di prescrizione dell’azione disciplinare, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 146, comma 1, e del D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 54, relativamente ad alcuni capi di incolpazione.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

Osserva preliminarmente questa Corte che la L. n. 89 del 1913, art. 146, risulta sostituito dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 29.

Tuttavia l’art. 54 del predetto D.Lgs. statuisce che “Per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 55, comma 1, continuano ad applicarsi, se più favorevoli, le norme modificate dagli artt. 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 47, 50 e 51”, per cui nella fattispecie va applicato la L. n. 89 del 1913, art. 146, nell’originaria formulazione, quale norma più favorevole rispetto all’attuale.

Secondo tale norma, in tema di sanzioni disciplinari per i notai, la prescrizione della relativa azione, si compie per effetto del decorso di quattro anni dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa, “ancorchè vi siano stati atti di procedura”. L’azione non subisce, pertanto, interruzione per effetto del procedimento disciplinare, delia contestazione delle infrazioni, delle pronunce del Consiglio Notarile o del tribunale, un’ipotesi di sospensione essendo viceversa configurabile per effetto della pendenza del procedimento penale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2 febbraio 1990 n. 40. Peraltro, la prescrizione determina l’improcedibilità dell’azione disciplinare, che opera “ex lege” e deve quindi essere rilevata anche d’ufficio ed in sede di legittimità, ove deve cassarsi senza rinvio la sentenza impugnata, con preclusione di ogni esame nel merito dei motivi di ricorso, pur sotto il profilo della violazione di legge (Cass. 28/03/2006, n. 7088).

Nella fattispecie i fatti di cui ai capi di incolpazione 1, 2, 4, 5, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17 con riferimento agli atti racc. 14101 del 28.1.2005; racc, n. 14694 dell’8.7.2005; racc. n. 14918 del 10.10.2005 sono stati compiuti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 249 del 2006 e cioè il 26.8.2006. Essendo quindi decorsi oltre 4 anni dalla data di consumazione gli illeciti sono prescritti e su punto l’impugnata sentenza va cassata senza rinvio.

3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, relativamente al capo 6 dell’incolpazione, la violazione della L. n. 89 del 1913, art. 136 e art. 54 del regolamento 10.9.1914, n. 1326, nonchè il vizio motivazionale della sentenza.

4. Il motivo è infondato.

Con il capo sei dell’incolpazione si addebitava a notaio in relazione alla redazione dell’atto racc. 16228 del 13.11.2006 la violazione dell’art. 54, 10.9.1914, n. 1326, poichè mentre la procura prevedeva che il mandatario provvedesse alla donazione di una parte di una quota in parti eguali ai donatari comuni ed indivisi, la donazione attuava una ripartizione tra i donatari con quote diverse da quelle indicate in procura.

Avendo il comportamento del notaio realizzato la violazione dell’art. 54 c.p.c., correttamente esso è stato sanzionato a norma della L. n. 89 del 1913, art. 136, che è una norma di chiusura, con cui vengono sanzionate tutte le “mancanze commesse” dal notaio ai propri doveri, non specificamente sanzionate dalla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 137, e segg..

Quanto alla scelta della sanzione (avvertimento o censura) tra quelle previste dall’art. 136 cit., essa è affidata alla discrezionalità del giudice di merito e non è censurabile in cassazione.

5. Con il terzo motivo di ricorso, attinente al capo 9 di imputazione, la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 20, e art. 28 n. 1, L. not., nonchè dei principi in tema di imputabilità dell’illecito disciplinare ed il vizio di motivazione in merito a tale illecito.

6.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

La corte territoriale ha ritenuto la responsabilità del notaio, in merito all’incolpazione di cui al capo 9, per avere ricevuto l’atto racc. 16273 del 23.11.2006 in violazione dell’art. unico della L. 24 dicembre 1993, n. 560, che pone il divieto di alienare i beni acquistati ai sensi della medesima legge per un periodo di anni 10 dalla data della registrazione del contratto di acquisto. La corte ha ritenuto che potesse integrarsi la violazione anche con un atto di disposizione a titolo gratuito, essendo pure realizzato in tal modo il fine speculativo. Per tale illecito disciplinare è stata applicata la sanzione della sospensione di 1 mese.

6.2. Osserva questa Corte che è corretto l’assunto, secondo cui nella fattispecie si versa in ipotesi di nullità dell’atto di trasferimento.

Infatti la L. 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, comma 20, così statuisce: “Gli alloggi e le unità immobiliari acquistati ai sensi della presente legge non possono essere alienati, anche parzialmente, nè può essere modificata la destinazione d’uso, per un periodo di dieci anni dalla data di registrazione del contratto di acquisto e comunque fino a quando non sia pagato interamente il prezzo, in caso di vendita gli iacp e i loro consorzi, comunque denominati e disciplinati con legge regionale, hanno diritto di prelazione”.

Questa Corte ha statuito (Cass. n. 27398 del 28/12/2009) che in tema di edilizia residenziale e pubblica, il divieto di alienazione, di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 560, art. 1, comma 20, determina la nullità per impossibilità giuridica dell’oggetto del contratto sia nei confronti dell’ente gestore dell’alloggio che delle parti contraenti, anche nel caso in cui gli acquirenti siano familiari conviventi con l’assegnatario, trattandosi di divieto assoluto e disciplinato da norma imperativa, che non prevede al riguardo eccezioni o deroghe o limitazioni e che persegue il fine di impedire gli atti speculativi e di garantire il conseguimento dello scopo proprio della destinazione di tali alloggi al soddisfacimento dell’interesse all’abitazione degli assegnatari provvisti dei prescritti requisiti.

Tale orientamento va condiviso.

La ratio della norma è quella di evitare speculazioni contrastanti con la finalità mutualistica, giustificativa del sovvenzionamento pubblico, e quindi il trasferimento del bene a qualunque titolo.

6.3. Sennonchè la presenza di tale nullità non comporta di per sè che possa affermarsi automaticamente la responsabilità del notaio a norma della L. n. 89 del 1913, art. 28, comma 1, n. 1.

Infatti per affermare tale responsabilità è necessario che l’atto redatto dal notaio sia inequivocamente nullo (cfr. Cass. 11.11.1997, 11128).

L’avverbio “espressamente”, che nell’art. 28, comma 1, n. 1 L. not.

qualifica la categoria degli “atti proibiti dalla legge”, va inteso come “inequivocamente”, per cui si riferisce a contrasti dell’atto con la legge, che risultino in termini inequivoci, anche se la sanzione di nullità deriva solo attraverso la disposizione generale di cui all’art. 1418 c.c., comma 1, per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale e dottrinale.

La ratio della normativa in esame e le sue stesse origini storiche impongono di ritenere che al notaio non possono certo addossarsi compiti ermeneutici (con le connesse responsabilità) in presenza di incertezze interpretative oggettive.

Invece l’irricevibilità dell’atto si giustifica quando il divieto possa desumersi in via del tutto pacifica ed incontrastata da un orientamento interpretativo ormai consolidato sul punto.

6.4. Inoltre, giusta la censura mossa dalla parte ricorrente in relazione alla mancanza di elemento soggettivo, va osservato che anche in tema di responsabilità disciplinare dei notai deve ritenersi applicabile il principio (tipico di tutti i sistemi sanzionatori, quali quello penale – art. 42 cod. pen., u.c. – ed amministrativo – L. n. 689 del 1981, art. 3) secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile (almeno) a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante (e scriminante) qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi (quale un’assicurazione di liceità da parte della P.A. preposta, ovvero un provvedimento dell’autorità giudiziaria) idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. n. 6383 del 08/05/2001).

6.5.Nella fattispecie alla data della redazione dell’atto incriminato, non era ancora inequivoco che l’alienazione tramite donazione, in violazione della L. n. 560 del 1993, art. 1, comma 20, desse luogo a nullità dell’atto.

Anzi, secondo alcuni deliberati del Consiglio nazionale del Notariato, specificamente indicati dalla ricorrente notaio (prot.

1647/1995, prot. 980/2002) nonchè risposte a quesiti dello stesso Organo (4123, 4246), tale nullità non sussisteva.

Ciò comporta che nella fattispecie da una parte non sussistesse l’ipotesi normativa di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 28, comma 1, n. 1, di atto inequivocabilmente nullo e dall’altra che mancava l’elemento soggettivo quanto meno colposo nella condotta del notaio.

7.1. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 89 del 1913, art. 51, commi 2 e 3, e art. 136, nonchè il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza.

Con il capo 17 dell’incolpazione si addebitava al notaio la redazione dell’atto racc. 1638 dell’11.10.2006, per avere il notaio rogante ricevuto l’atto portante la trasformazione di s.a.s. in società semplice, avente ad oggetto l’esercizio di attività propria dei dottori commercialisti, mancando l’indicazione in atto della qualificazione professionali dei soci.

Il motivo è infondato.

7.2. E’ vero che l’intervenuta abrogazione della L. n. 23 novembre 1939, n. 1815, art. 2, rende non più vietata la costituzione di società di persone per espletare attività protette.

Tuttavia è sempre richiesto che la gestione della società come costituita si svolga in forma personale e da parte di soggetto munito dell’apposita abilitazione.

Come correttamente ritenuto dalla Corte di appello, tale principio sotteso all’art. 1 della legge citata risulta nella specie violato con gli atti costitutivi delle società in esame, atteso che il notaio ha costituito ed iscritto società nelle quali le attività costituenti l’oggetto sociale sono indicate in maniera generica e risulta omessa l’indicazione delle qualità dei soci con la conseguenza di impedire il rispetto del principio indicato.

Poichè quindi l’infrazione non risulta sanzionata da norma tipica, correttamente è stata applicata la norma di chiusura di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 136.

8. In definitiva vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso e vanno rigettati i restanti, va cassata in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito in relazione ai motivi accolti, non essendo necessari ulteriori accertamenti, va dichiarata l’estinzione per prescrizione dei capi di incolpazione 1, 2, 4, 5, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e parte del 17 (atti racc. 14101/05, 14694/05, 14918/05). Va rigettata la richiesta di applicazione di sanzione disciplinare, proposta contro il ricorrente, relativamente al capo 9 di incolpazione.

Nessuna statuizione va emessa in merito alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso e rigetta i restanti, cassa in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito in relazione ai motivi accolti, dichiara l’estinzione per prescrizione dei capi di incolpazione 1, 2, 4, 5, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e parte del 17 (atti racc. 14101/05, 14694/05, 14918/05). Rigetta la richiesta di applicazione di sanzione disciplinare, proposta contro il ricorrente, relativamente al capo 9 di incolpazione. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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