Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15673 del 28/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 28/07/2016, (ud. 03/03/2016, dep. 28/07/2016), n.15673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17076-2011 proposto da:

F.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G. AVEZZANA 2/B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO CAMMAROTA,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

DELLA CROCE ROSSA 1, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA CARINO,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2016 dal Consigliere Dott. SERRINO UMBERTO;

udito l’Avvocato VESCI GERARDO per delega Avvocato CARINO PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9/11/10 – 10/2/11, la Corte d’appello di Roma, pur riconoscendo a F.A. il diritto a percepire dalla società Trenitalia s.p.a. l’importo di Euro 446,22 a titolo emolumento retributivo denominato “E.D.R.” di cui al C.C.N.L. 1996/1999, art. 82, non corrispostogli in relazione al periodo 1998 – 2003, ha ritenuto, però, fondata l’eccezione di prescrizione reiterata dalla società ferroviaria in sede di gravame ed ha respinto la domanda del lavoratore, dopo aver escluso che potessero avere efficacia interruttiva le lettere dal medesimo inviate alla parte datoriale, trattandosi di elenchi riportanti un numero elevato di lavoratori che non consentiva la identificazione della controparte.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso F.A. con un solo motivo. Resiste con controricorso la società Trenitalia s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo il ricorrente si duole sia della nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, che della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la difesa del ricorrente che nel corso del giudizio d’appello la controparte non aveva dedotto l’eccezione di prescrizione, rilevata invece dalla Corte territoriale, pur a fronte della produzione, da parte del lavoratore, di lettere aventi efficacia interruttiva della stessa. Nel contempo il ricorrente si duole della erroneità della decisione della Corte d’appello con la quale era stata esclusa l’efficacia interruttiva dei documenti prodotti sin dal primo grado. Da ciò conseguirebbe, secondo tale assunto difensivo, il vizio di ultrapetizione della sentenza. Aggiunge il ricorrente che le lettere del 18 luglio e del 28 luglio del 2003 esplicitavano in maniera inequivocabile, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la sua pretesa creditoria, in quanto le stesse avevano ad oggetto il pagamento degli importi risultanti dal ricalcolo dell’assegno personale pensionabile (introdotto del C.C.N.L. 1998/1999, art. 82, per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato), riconsiderato con l’inclusione nella base di calcolo dell’elemento distintivo della retribuzione previsto dall’Accordo nazionale dell’8 novembre 1995, a cui seguiva uno specifico elenco di lavoratori, tra i quali esso ricorrente. Si trattava, quindi, della stessa pretesa azionata in primo grado e le suddette lettere risultavano sottoscritte dal difensore, il quale dichiarava di agire in nome e per conto dei lavoratori sotto elencati, tra i quali il medesimo F.. Nè la mancata indicazione del numero di matricola del lavoratore ovvero della qualità rivestita erano di per sè idonee ad impedire alla società appellante di identificare il soggetto dal quale promanava la pretesa azionata in via stragiudiziale.

Il ricorso è infondato.

Anzitutto corre obbligo rilevare che non sussiste il lamentato vizio di ultrapetizione in merito all’eccezione di prescrizione, posto che la Corte d’appello ha chiaramente evidenziato che la stessa era stata rinnovata in sede di gravame e in ordine a tale esplicita affermazione il ricorrente non ha svolto una specifica censura. Tra l’altro la difesa della società controricorrente ha puntualizzato che l’eccezione di prescrizione era stata formulata fin dal primo grado con la memoria di costituzione e tale assunto conforta la decisione della Corte di merito in ordine all’affermazione, non specificamente contestata, che in secondo grado la stessa era stata rinnovata.

Quanto all’asserita violazione di norme di diritto non può non evidenziarsi la genericità della formulazione della relativa doglianza e, in ogni caso, anche a volerla identificare nella lamentata violazione dell’art. 2943 c.c., comma 4, sulla interruzione della prescrizione, non può che affermarsene l’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, atteso che il riferimento alle lettere del 18 luglio e del 28 luglio del 2003, sulle quali il ricorrente basa l’eccepita interruzione, non sono state prodotte.

In ogni caso, la censura è infondata in quanto non scalfisce la validità dell’affermazione della Corte territoriale, immune da rilievi di ordine logico-giuridico, secondo la quale non poteva connettersi efficacia interruttiva della prescrizione a delle lettere che rappresentavano semplicemente degli elenchi riportanti un numero elevato di lavoratori che non consentiva alla datrice di lavoro di identificare una controparte, senza che fosse stato nemmeno indicato il preteso credito.

Invero, la Corte di merito ha correttamente osservato che la volontà interruttiva va espressa con strumenti idonei a rendere edotta la controparte del soggetto creditore, dei termini del credito e della sua esatta entità.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. lav. n. 17123 del 25/8/2015) che “in tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora.” (conf. a Cass. sez. 2, n. 24656 del 3/12/2010).

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 900,00, di cui Euro 800,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016

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