Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15671 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. III, 15/07/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33085/2006 proposto da:

P.A. (OMISSIS), P.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 5, presso lo studio

dell’avvocato TONACHELLA Amedeo, che li rappresenta e difende giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.P., F.R., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato CARLEO Roberto,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato D’APRILE GUIDO

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 891/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 22/6/2005, depositata il 13/10/2005,

R.G.N. 1463/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

04/05/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato DANIELE MANCA BITTI per delega dell’Avvocato ROBERTO

CARLEO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 5 aprile 2001 P.A. e G. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Brescia R. e F.P., chiedendo che venisse accertato e dichiarato che essi avevano validamente esercitato il diritto di riscatto loro spettante, in relazione a un fondo rustico di cui erano affittuari. Dedussero che in data 11 aprile 2000 si erano visti notificare dai proprietari proposta di alienazione del predio, alla quale era allegato il preliminare stipulato con i convenuti; che l’11 maggio successivo essi avevano provveduto a notificare alla controparte, a mezzo ufficiale giudiziario, l’accettazione della proposta; che l’organo notificatore non aveva rinvenuto alcuno nel domicilio dei concedenti e aveva trovato chiusa la casa comunale, di talchè la notificazione era stata ripetuta il successivo giorno 17;

che, malgrado l’intervenuto, valido esercizio del diritto di prelazione, i proprietari avevano alienato il fondo ai promissari.

Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono la domanda.

Con sentenza del 27 giugno/29 luglio 2003 il giudice adito la rigettò.

Ritenne il decidente che l’accettazione era stata tardivamente comunicata ai proprietari, non potendosi tenere in alcuna considerazione la notificazione non perfezionatasi l’11 maggio, essendo l’esercizio della prelazione atto unilaterale recettizio.

Stimò inoltre inammissibili e irrilevanti i capitoli di prova orale formulati dagli attori.

Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello lo ha rigettato in data 13 ottobre 2005.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione A. e P.G., formulando due motivi.

Resistono con controricorso, illustrato anche da memoria, R. e F.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Col primo motivo gli impugnanti lamentano violazione del comb.

disp. della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 8 e L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 4, in relazione all’art. 149 cod. proc. civ., come riscritto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 477 del 2002, nonchè contraddittorietà della motivazione. Oggetto della critica è l’affermazione del giudice di merito secondo cui, pur dovendosi condividere che, ex art. 1335 cod. civ., ai fini della produzione degli effetti della notifica dell’accettazione della proposta, doveva ritenersi sufficiente l’arrivo dell’atto nella sfera di normale conoscibilità del destinatario, nella fattispecie il procedimento notificatorio, al quale i P. avevano dato impulso l’11 maggio 2000, non si era tuttavia concluso con esito positivo, essendo risultati chiusi sia il domicilio dei destinatari, che la casa comunale, di talchè la consegna dell’atto era avvenuta il 17 successivo, a seguito di nuova richiesta rivolta all’ufficiale giudiziario quello stesso giorno. Nè, ad avviso della Corte, potevano i ricorrenti giovarsi del principio in forza del quale la notifica di un atto processuale, quando lo stesso debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato dell’istante, al momento dell’affidamento della carthula all’ufficiale giudiziario, trattandosi di regola applicabile ai soli atti processuali, non già a quelli negoziali, in relazione ai quali, oltretutto, le parti non erano vincolate ad avvalersi dell’ufficiale giudiziario di talchè, ove presceglievano tale forma di comunicazione, ne assumevano perciò stesso il rischio.

Sostengono gli impugnanti che, così argomentando, il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno della giurisprudenza di legittimità, ferma nell’attribuire portata generale al principio enunciato dalla Corte costituzionale nella sentenza 26 novembre 2002, n. 477. Nè, a loro avviso, sarebbero comprensibili le ragioni per le quali, affidandosi all’ufficiale giudiziario, essi avrebbero assunto il rischio della mancata notifica nel termine prescritto, indipendentemente dalla tempestività della consegna.

2 Le critiche sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.

Mette conto segnalare che il decidente ha, in ogni caso, escluso che gli attori potessero giovarsi della scissione degli effetti della notifica per il notificante, rispetto a quelli per il destinatario – scissione che costituisce ormai ius reception nell’assetto normativo successivo all’intervento della Corte costituzionale del 2002 – rilevando che essa presuppone l’esito positivo, ancorchè a termine scaduto, del procedimento notificatorio avviato prima della scadenza del termine, laddove nella fattispecie la consegna dell’atto era avventa a seguito di nuova richiesta inoltrata all’ufficiale giudiziario il successivo giorno 17.

3 Ora, siffatta ratio decidendi, che costituisce applicazione del principio, per cui, in tema di notificazione di atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo -di richiedere all’ufficiale giudiziario, entro un termine ragionevolmente contenuto, la ripresa del procedimento notificatorio di talchè in tal caso, e solo in tal caso, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento (confr. Cass. civ. 13 ottobre 2010, n. 21154) – non è stata in alcun modo impugnata dai ricorrenti. Vale allora la regola per cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (confr. Cass. civ. 11 febbraio 2011, n. 3386).

4 Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato quanto segue.

Le critiche svolte dagli impugnanti sono incentrate sul problema della estensibilità nel campo del diritto sostanziale del principio della scissione degli effetti della notifica per il notificante e per il destinatario, principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 477 del 2002, e successivamente normativizzato attraverso la riscrittura dell’art. 149 cod. proc. civ. a opera del legislatore del 2005 (D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 quater).

Trattasi di questione studiata, in dottrina e in giurisprudenza, soprattutto con riferimento all’atto interruttivo della prescrizione e generalmente risolta nel senso della inapplicabilità del principio della scissione agli atti non processuali, ovvero anche agli atti processuali, ma relativamente agli effetti sostanziali che da essi possano conseguire, effetti che postulerebbero, in ogni caso, il perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario.

In tale prospettiva – escluso che la mera consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare sia idonea a interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, essendo a questi fini necessario che l’atto, giudiziale o stragiudiziale, sia giunto a conoscenza, ancorchè legale e non necessariamente effettiva, del soggetto al quale è diretto (confr. Cass. civ. 11 giugno 2009, n. 13588) – è stato altresì ritenuta manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 149 cod. proc. civ., art. 2943 cod. civ. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4, comma 3, nella parte in cui tali norme, in relazione alla notifica di un atto stragiudiziale diretto ad interrompere il decorso del termine prescrizionale, collegano il perfezionamento della notificazione, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna all’ufficiale giudiziario. E’ stato al riguardo segnatamente rilevato che, in casi siffatti, non ricorre l’esigenza – posta a fondamento della sentenza n. 477 del 2002 della Corte Cost. – di salvaguardare il diritto di difesa in giudizio e che, d’altra parte, è necessario tutelare l’interesse del destinatario alla certezza del diritto, ossia a conoscere se la prescrizione sia stata tempestivamente interrotta ovvero il rapporto possa considerarsi definito (confr. Cass. civ. 27 giugno 2008, n. 17644).

Nè tali principi – pienamente condivisi dal collegio e certamente applicabili, mutatis mutandis, alla fattispecie dedotta in giudizio – si prestano a essere ripensati alla luce dell’estensione della regola della scissione degli effetti della notifica per il notificante e per il destinatario agli atti d’imposizione tributaria (confr. Cass. civ. 10 giugno 2008, n. 15298).

E’ sufficiente in proposito osservare che tale estensione è stata argomentata con l’espresso richiamo, contenuto nella disciplina tributaria, a istituti propri del diritto processuale, quale, nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, il rinvio alle norme sulle notificazioni nel processo civile (confr. Cass. sez. un. 5 ottobre 2004, n. 19854). Essa non può conseguentemente essere considerata espressiva di un generale ampliamento dell’area di operatività della scissione.

5 Con il secondo mezzo i ricorrenti denunciano violazione del comb.

disp. Della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 8 e L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 4, nonchè contraddittorietà della motivazione, con riferimento alla prova della intervenuta accettazione.

La censura si appunta contro l’affermazione del giudice di merito secondo cui l’accettazione è vero e proprio atto negoziale, in quanto manifestazione della libera volontà del prelazionante di diventare parte del contratto di vendita in fieri, di modo che, avendo essa ad oggetto un diritto di proprietà immobiliare, deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta: di qui la ritenuta inammissibilità della prova per testi volta a dimostrare che gli attori avevano verbalmente comunicato ai proprietari la loro volontà di acquistare il fondo.

Tali affermazioni, secondo i ricorrenti, sarebbero in contrasto con la possibilità, ripetutamente riconosciuta dal Supremo Collegio, di effettuare la denuntiatio in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, e quindi anche verbalmente, potendo la proposta di alienazione essere trasmessa con i mezzi ritenuti più opportuni, donde la speculare insussistenza di vincoli di forma alla manifestazione della volontà di accettare.

Deducono quindi che, in tale contesto, doveva ritenersi ammissibile la prova testimoniale volta a dimostrare che i P. avevano accettato la proposta di alienazione.

6 Anche gli esposti rilievi non hanno pregio.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in materia di contratti agrari, la comunicazione (“notifica”) al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 e alla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, da parte del proprietario venditore, richiede la forma scritta ad substantiam, dovendo per legge avvenire attraverso la notifica con lettera raccomandata, segnatamente evidenziando che la denuntiatio non è solo un atto a contenuto negoziale, ma una vera e propria proposta contrattuale idonea a dare corpo, con l’accettazione da parte del destinatario, alla conclusione del contratto (confr. Cass. civ. 31 maggio 2010, n. 13211; Cass. civ. 20 gennaio 2009, n. 1348; Cass. civ., 20 aprile 2007, n. 9519; Cass. civ. 27 novembre 2006, n. 25135).

Ne deriva che, specularmente, anche l’accettazione deve avvenire in forma scritta, di talchè correttamente il giudice di merito ha ritenuto inammissibile la prova orale articolata dagli attori.

Il ricorso è respinto.

La novità e la difficoltà delle questioni consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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