Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15670 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. III, 15/07/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31201/2006 proposto da:

P.S. (OMISSIS), P.C.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato RUSSO Giuseppe con studio in POZZUOLI, VIA CAMPANA 67

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.C. O M.C., D.A.C.G., D.

A.C.I., D.A.C.S.;

– intimati –

sul ricorso 2227/2007 proposto da:

D.A.C.I., S.M.C., D.A.C.

G., D.A.C.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CASALMONFERRATO 21, presso lo studio dell’avvocato PAPA

PAOLO, rappresentati e difesi dall’avvocato PETROLINI ETTORE giusta

delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti –

contro

P.C., P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1164/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE AGRARIA, emessa il 3/3/2006, R.G.N. 9140/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa rilevanti ai fini della decisione del ricorso possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con sentenza del 7 luglio 2003 il Tribunale di Cassino, su istanza del concedente, dichiarò cessato, per scadenza del termine, il contratto di affitto intercorso tra D.A.C.A. e P.G., contestualmente rigettando la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto volta ad ottenere il pagamento delle migliorie apportate dal fondo.

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d’appello lo ha respinto in data 3 marzo 2006.

Cosi ha motivato il giudicante il suo convincimento.

L’indennità di miglioramento era stata in prime cure chiesta dal P. in forza del positivo accertamento della debenza della stessa contenuto in altra sentenza, ormai passata in giudicato, nonchè, alternativamente, in ragione dell’attività svolta dal detentore nel corso del rapporto. Conseguentemente la deduzione per la prima volta in appello, a fondamento della richiesta, del contenuto del contratto di affitto, integrava un inammissibile mutamento della causa petendi.

Ha anche aggiunto la Corte che la disposizione che prevedeva la spettanza dell’indennità anche in relazione ai miglioramenti eseguiti senza il consenso del concedente era stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 23 giugno 1998, n. 692 e che neppure sussistevano i presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 2041 cod. civ..

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione S. e P.C., eredi di P.G., formulando due motivi.

Resistono con controricorso D.A.C.I., S. G., S.S. e S.M.C., che propongono altresì ricorso incidentale condizionato affidato a un unico mezzo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza.

2 Col primo motivo Salvatore e P.C. denunciano violazione degli artt. 345 e 437 cod. proc. civ., nonchè mancanza, insufficienza e contraddittorieta della motivazione. Le critiche si appuntano contro la qualificazione in termini di inammissibile mutatio libelli del preteso fondamento negoziale della rivendicata indennità, senza considerare che sin dal primo grado del giudizio era stato versato in atti il contratto di affitto intercorso tra i danti causa delle due parti, nonchè della raccomandata in data 9 novembre 1996, mentre nessuna rilevanza poteva avere la mancata, espressa deduzione, che l’attività migliorativa rientrava nel sinallagma contrattuale.

3 Con il secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 2041 cod. civ., nonchè vizi motivazionali. Sostengono che i miglioramenti dei quali avevano chiesto il rimborso erano stati realizzati prima della pronuncia della Corte costituzionale n. 692 del 1998, di talchè essi ben potevano essere considerati fonte di arricchimento senza causa dell’accipiens.

4 Il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili.

Preliminare è anzitutto il rilievo della mancata osservanza del disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ..

Valga al riguardo considerare che, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), e in base al comb. disp. D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2, e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, il ricorso deve ritenersi soggetto, quanto alla sua formulazione, alla disciplina di cui all’art. 360 cod. proc. civ., e segg., nel testo risultante dal menzionato D.Lgs. n. 40 del 2006. In base a tali norme, e segnatamente, in base all’art. 366 bis cod. proc. civ., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione della censura va completata con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. (Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (confr. Cass. civ. 25 marzo 2009, n. 7197). Di qui l’enucleazione, come fondamentale criterio di scrutinio della corretta formulazione del quesito stesso, della sua conferenza, rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, nonchè della sua rilevanza, ai fini della decisione del ricorso (confr. Cass. civ. 4 gennaio 2011).

5 Ora, il primo motivo di ricorso si chiude con la richiesta alla Corte di delibazione circa la violazione ovvero l’errata applicazione degli artt. 345 e 431 cod. proc. civ., in cui è incorsa la Corte d’appello di Roma, allorquando riteneva l’inammissibilità delle nuove argomentazioni poste a sostegno del gravame del P. (per esso dei suoi eredi) che, in realtà, al contrario, non atteggiandosi in alcun modo a mutatio libelli, dovevano essere ritenute certamente ammissibili, limitandosi ad arricchire di ulteriori motivi le argomentazioni dell’appellante.

Trattasi di quesito, a tacer d’altro, incongruo rispetto alle deduzioni svolte nel mezzo, incentrate sulla irrilevanza della mancata deduzione in termini espressi delle previsioni pattizie a sostegno della pretesa azionata, e sulla sufficienza, ai medesimi fini, della mera produzione in atti del contratto concluso tra le parti.

A ciò aggiungasi che il motivo, nella parte in cui richiama la raccomandata in data 9 novembre 1996, è privo di autosufficienza. E invero il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere, riguardante il c.d. contenente, va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere assolto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (Cass. civ. 4 settembre 2008, n. 22303).

Nella fattispecie entrambi sono rimasti inadempiuti.

6 Il secondo motivo, col quale si denunziano sia vizi di violazione di legge, sia vizi motivazionali, e che dovrebbe pertanto concludersi con una pluralità di quesiti formulati in modo da individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica (confr.

Cass. civ. 31 marzo 2009, n. 7770), manca di qualsivoglia quesito.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7 Resta assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato, col quale i resistenti hanno sostenuto la nullità della costituzione nel giudizio di primo grado di P.G..

Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.800,00 (di cui Euro 2.600,00 per onorarii, oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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