Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15668 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. III, 15/07/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24326/2006 proposto da:

C.G. (OMISSIS), C.D.

(OMISSIS), CA.GI., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ORLANDO FABIO

MASSIMO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Prof.

CASAROTTO G. GIORGIO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CA.CL. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FLAMINIA 330, presso lo studio dell’avvocato SILLITTI

Ignazio, che la rappresenta e difende giusta procura speciale del

Dott. Notaio PIETRO BARZIZA in DESENZANO DEL GARDA 4/4/2011, REP. N.

56401;

– controricorrente –

e contro

CA.GI.;

– intimata –

sul ricorso 27636/2006 proposto da:

CA.GI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO

ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ROMAGNOLI ILARIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SELLA DOMENICO giusta

procura speciale della Signora LUCIA LOSURDO, Vice Commissario

Amministrativo Consolare e Sociale del CONSOLATO GENERALE D’ITALIA IN

BUENOS AIRES 6/10/2006, REP. N. 923;

– ricorrente –

contro

C.G., C.D., CA.GI.,

CA.CL.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 936/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA –

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 23/11/2004, depositata il

30/05/2005, R.G.N. 1376/1999;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato Prof. G. GIORGIO CASAROTTO;

udito l’Avvocato IGNAZIO SILLITTI;

udito l’Avvocato DOMENICO SELLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbimento dell’incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28.9.1993, C.G., D. e Gi., promessi acquirenti di un fondo agricolo in forza di contratto preliminare stipulato il 26.2.1992, hanno proposto contro le promettenti venditrici, Ca.Gi. e S.L., domanda di esecuzione specifica del contratto medesimo.

Il preliminare era subordinato alla condizione che l’affittuario del fondo, R.R., non esercitasse il diritto di prelazione, diritto che questi ha invece esercitato. Gli attori assumevano tuttavia che l’acquisto del R. non era valido, non essendo egli in possesso dei requisiti a cui la legge subordina la titolarità del diritto di prelazione legale.

Le convenute hanno resistito alle domande.

La Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 936, depositata il 30 maggio 2005, ha confermato il rigetto delle domande attrici, disposto in primo grado dal Tribunale di Verona.

I C. propongono cinque motivi di ricorso per cassazione.

Resistono con separati controricorsi le eredi di S. L., deceduta nelle more del processo di merito, Ca.

C. e Ca.Gi., la quale ultima propone due motivi di ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.).

2.- La Corte di appello ha ritenuto, a fondamento della sua decisione, che nel contratto preliminare i C. abbiano riconosciuto che gli affittuari erano titolari del diritto di prelazione, sicchè la condizione apposta alla compravendita doveva essere interpretata nel senso che il fatto condizionante consisteva nel valido compimento da parte dell’affittuario delle formalità di esercizio del diritto (tempestiva accettazione dell’offerta di vendita, regolare e tempestivo pagamento del prezzo, ecc.), circostanze tutte verificatesi; non nell’effettiva sussistenza dei presupposti sostanziali a cui la legge subordina la prelazione agraria.

Ha poi rilevato che, anche ammesso che la condizione si dovesse intendere nel senso più ampio, l’onere di fornire la prova della mancanza di tali presupposti fosse a carico degli appellanti e non sia stata fornita.

3.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, per violazione degli art. 102 e 354 cod. proc. civ.f sul rilievo che non hanno partecipato al processo gli acquirenti per effetto della prelazione, R.R. e la madre di lui, P.M. che ne sarebbero invece litisconsorti necessari, considerato che si discute della sussistenza del loro diritto.

3.1.- Il motivo non è fondato.

E’ indubbio che l’accertamento in via principale e con efficacia di giudicato della validità o meno dell’acquisto degli ex-affittuari del fondo verrebbe direttamente a coinvolgere la posizione e i diritti di questi ultimi, che dovrebbero essere considerati parti necessarie del relativo giudizio.

Ma gli odierni ricorrenti, attori in primo grado, non hanno proposto alcuna domanda direttamente nei loro confronti, nè mai hanno eccepito prima d’ora il difetto di integrità del contraddittorio, manifestando così di voler proporre la questione relativa alla sussistenza dei presupposti della prelazione legale solo in via di accertamento incidentale, allo scopo di dimostrare il mancato avveramento della condizione apposta al contratto preliminare.

Non è ravvisabile, quindi, alcuna violazione dei principi in tema di litisconsorzio necessario.

2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 2932 c.c. e art. 2652 cod. civ., n. 6, nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto irrilevante il fatto che essi abbiano trascritto la loro domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare prima della trascrizione della compravendita al R., anche con riferimento all’ipotersi in cui sia ritenuto insussistente il diritto di prelazione dell’affittuario.

2.1.- Il motivo è da ritenere inammissibile per irrilevanza poichè – non essendo stata proposta domanda di accertamento della nullità dell’acquisto in prelazione in forma opponibile agli ex-affittuari – la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare non potrebbe comunque essere accolta.

3.- Con il terzo motivo, denunciando violazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, come modificato dalla L. 14 agosto 1971, n. 817; artt. 2730, 2697, 1418 e 2652 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, i ricorrenti censurano le varie argomentazioni con cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la clausola n. 6 del contratto preliminare – che subordina l’efficacia del contratto “al valido e completo esercizio del diritto di prelazione” – debba essere interpretata nel senso che essi acquirenti hanno riconosciuto la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto medesimo.

Assumono che non si può desumere dalle clausole contrattuali, ed in particolare da quella citata, la sussistenza dell’animus confitendi vel recognoscendi e richiamano in proposito i principi enunciati da Cass. civ. Sez. 3, 25 gennaio 2002 n. 884. Ritengono irrilevante la circostanza che la clausola n. 2 del contratto da cui deriva il loro acquisto specifichi che il fondo era occupato da un affittuario e che di ciò sì è tenuto conto nella fissazione del prezzo; che essi acquirenti non ebbero a versare la caparra, che – a norma della medesima clausola n. 2 – avrebbe dovuto essere pagata entro trenta giorni dal ricevimento dell’offerta di vendita da parte dell’affittuario, senza che questi avesse esercitato la prelazione:

la circostanza non avrebbe univoco significato, dovendosi spiegare con la controversia insorta fra le parti circa l’efficacia del contratto.

Assumono che il mero insediamento sul fondo dell’affittuario – che peraltro non era l’unico, essendo affittuaria anche l’anziana madre, P.M. – non dimostra che essi ebbero a riconoscere la sussistenza di tutti i requisiti per la prelazione, ed in particolare di quello della idoneità a svolgere l’attività di coltivazione diretta del fondo, in particolare nei confronti della P., non menzionata nel contratto preliminare.

3.1.- Il motivo è inammissibile, quanto alle censure di violazione di legge, e non fondato quanto ai denunciati vizi di motivazione.

L’oggetto della controversia attiene, nella sostanza, all’interpretazione data dalla Corte di appello al contratto preliminare ed alla condizione ivi contenuta, ed è noto che l’interpretazione del contratto è rimessa alle valutazioni in fatto del giudice di merito ed è suscettibile di censura in sede di legittimità solo per violazione delle norme di legge che regolano l’attività interpretativa (art. 1362 – 1371 cod. civ.), oltre che per vizi di motivazione.

I ricorrenti non richiamano alcuna delle citate norme, nè indicano sotto quale profilo sarebbero state violate, ma ne richiamano altre che poco hanno a che fare con l’oggetto della controversia.

Ed invero, l’eventuale attribuzione all’affittuario di un diritto di prelazione in mancanza dei presupposti per la prelazione legale non comporterebbe alcuna violazione di norme imperative (come avverrebbe nel caso opposto, di diniego del diritto in realtà esistente).

Il richiamo del ricorrente alla violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, art. 1418 cod. civ., ed insieme l’omissione di ogni riferimento alle norme in tema di interpretazione del contratto, manifestano quindi incongruenza fra l’oggetto della controversia, le ragioni della decisione e i principi di diritto che si assumono violati, sicchè il motivo di ricorso non risponde ai requisiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 366 cod. proc. civ., n. 4.

3.2.- Quanto agli asseriti vizi di motivazione, i ricorrenti si limitano a manifestare il loro dissenso dal merito della decisione, cioè dal significato che la Corte di appello ha attribuito alle varie clausole contrattuali, senza evidenziare illogicità od incongruenze intrinseche alle argomentazioni criticate, tali da configurare gli estremi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

La sentenza impugnata risulta, al contrario, ampiamente e logicamente motivata, nella parte in cui ha ritenuto che l’espressa dichiarazione nel contratto di vendita che il fondo era occupato e il mancato versamento della caparra a seguito dell’esercizio della prelazione, valgano a confermare il fatto che i promessi acquirenti non potessero far valere l’insussistenza negli affittuari dei presupposti della prelazione legale.

Il principio affermato dalla sentenza n. 884 del 2002 di questa Corte, richiamata dal ricorrente, è nella specie irrilevante, poichè si riferisce a diversa fattispecie, cioè ad un caso in cui il diritto di prelazione veniva rivendicato dall’affittuario nei confronti del concedente e contestato da quest’ultimo, e si discuteva se l’affittuario potesse invocare in suo favore la circostanza che – nella promessa di vendita ad un terzo – il concedente avesse subordinato il suo impegno al mancato esercizio della prelazione legale.

La Corte ha ritenuto tale dichiarazione priva di efficacia confessoria e comunque irrilevante, a fronte dell’accertamento circa l’effettiva sussistenza dei requisiti stabiliti dalla legge per la prelazione dell’affittuario. In sede di attuazione del diritto di prelazione fra le parti, infatti, le norme in materia sono imperative e la sussistenza o meno dei requisiti per l’esercizio del diritto rileva obiettivamente ed a prescindere da ciò che l’una o l’altra parte abbia dichiarato a terzi.

Qualora invece l’esercizio del diritto sia parte di una condizione pattuita fra terzi – nella specie, fra il proprietario del fondo e un aspirante acquirente diverso dall’affittuario – il significato dell’evento condizionante va ricostruito con riguardo all’intenzione e alla volontà delle parti, e di entrambe le parti, non del solo acquirente (come implicitamente prospetta il ricorrente). Ben potrebbe rispondere infatti all’interesse del venditore il troncare in radice qualunque incertezza e qualunque controversia in ordine alla sussistenza del diritto dell’affittuario, quindi all’efficacia- inefficacia della vendita al terzo, condizionando tale efficacia alla sola circostanza che la prelazione venga di fatto esercitata, a prescindere da ogni discussione circa il diritto o meno dell’affittuario esercitarla, non avendo il concedente, interesse ad opporsi ad eventuali pretese in tal senso dell’affittuario, pur se in ipotesi non fondate.

3.2.- Quanto al rilievo per cui il contratto preliminare non potrebbe dimostrare riconoscimento alcuno del diritto di prelazione della P., non menzionata nel contratto medesimo, trattasi di circostanza irrilevante, a fronte del significato attribuito alla condizione. (A parte poi la considerazione che l’eventuale mancanza dei requisiti nella P. comporterebbe solo l’estendersi sull’intero fondo della prelazione spettante al R.; non varrebbe ad escludere il diritto di quest’ultimo, nè potrebbe tornare a vantaggio dei ricorrenti).

4.- Le censure di cui al terzo ed al quarto motivo – con cui i ricorrenti denunciano ancora violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 e art. 2697 cod. civ.; nonchè degli 184 e 345 cod. proc. civ., ed insufficiente o contraddittoria motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha posto a loro carico l’onere della prova dell’insussistenza dei requisiti per la prelazione dell’affittuario, ed ha ritenuto insufficienti le prove dedotte allo scopo risultano inammissibili perchè irrilevanti, a fronte dell’accertamento che il fatto dedotto in condizione era solo l’esercizio della prelazione, avendo i ricorrenti riconosciuto la sussistenza dei relativi presupposti.

5.- Il ricorso deve essere rigettato.

6.- Il ricorso incidentale condizionato risulta assorbito.

6.- Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi.

Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna i ricorrenti principali a rimborsare le spese del giudizio di cassazione alle intimate, nella misura di Euro 4.200,00 in favore di Ca.Cl., di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per onorari, e di Euro 5.200,00 in favore di Ca.

G., di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per onorari; in entrambi i casi oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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