Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15665 del 01/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 01/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 01/07/2010), n.15665
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO
32, presso lo studio dell’avvocato CIABATTINI SGOTTO LIDIA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FANTINI FEDERICA,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO VINCENZO,
FABIANI GIUSEPPE, giusta mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 90/2007 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,
depositata il 23/03/2007 R.G.N. 180/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/05/2010 dal Consigliere Dott. LA TERZA Maura;
udito l’Avvocato CIABATTINI SGOTTO LIDIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata del 23 marzo 2007 la Corte d’appello di Campobasso, confermando la statuizione di primo grado, rigettava la domanda proposta da B.M. nei confronti dell’Inps per ottenere dallo speciale fondo di garanzia di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2 il TFR che non gli era stato erogato dal datore di lavoro snc Artis di Caseario Giovanni; affermava la Corte territoriale che la tutela non poteva essere concessa perche’ non era stato dichiarato il fallimento del datore di lavoro, condizione cui la norma citata condiziona l’intervento del fondo, qualora il datore di lavoro sia soggetto a fallimento, com’era nella specie, trattandosi di societa’ commerciale; vi era pertanto correlazione tra intervento del fondo di garanzia e accertamento dell’insolvenza e del credito ai sensi della L. Fall., prescrivendosi che l’incapacita’ del datore di lavoro fallibile a far fronte al pagamento del TFR deve essere acclarata nella apposita procedura di verifica dell’insolvenza. Inoltre, il mancato assolvimento dell’onere di attivare preventivamente la procedura fallimentare non puo’ che ricadere sul lavoratore inadempiente. Peraltro non poteva che essere irrilevante la attivazione delle esecuzione forzata individuale, che e’ prevista dalla L. n. 297 del 1982, art. 3 solo per l’imprenditore non soggetto a fallimento.
Avverso detta sentenza il soccombente propone ricorso con un motivo, illustrato da memoria.
Resiste l’Inps con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si censura la sentenza per violazione della L. n. 297 del 1982, art. 2 si sostiene che il fondo di garanzia sarebbe tenuto ad intervenire nel caso di specie perche’, pur essendo il datore sottoponibile a fallimento, nella pratica non vi era stato sottoposto per avere cessato l’attivita’ da piu’ di un anno. Nella specie esso ricorrente aveva ottenuto un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Campobasso da cui risultava l’esistenza del suo credito, titolo pero’ non messo in esecuzione essendo noto che altre procedure erano risultate infruttuose. Lamenta poi il ricorrente la sottoposizione al termine di decadenza di un anno di cui alla L. Fall., art. 10 ed invoca la giurisprudenza di questa Corte che, sulla base delle sentenze della Corte di Giustizia determina l’insorgenza della insolvenza dalla data della domanda e non gia’ dalla data di apertura della procedura concorsuale, com’era nella specie, in cui la domanda era stata proposta prima della scadenza dell’anno dalla cessazione dell’attivita’.
Il ricorso non merita accoglimento, ancorche’ la sentenza impugnata meriti delle correzioni in diritto ex art. 384 c.p.c., u.c..
1. La Direttiva CE n. 987 del 1980 prevede l’intervento del Fondo di garanzia quando sia stata chiesta l’apertura di un procedimento volto a soddisfare collettivamente i creditori e quando l’autorita’ competente abbia deciso l’apertura di detto procedimento, ovvero abbia constatato la chiusura definitiva dell’impresa e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento (art. 2, par. 1). Gia’ la direttiva quindi da rilevo ad ipotesi – seppure non perfettamente coincidenti con quelle previste dalla norma della legge fallimentare italiana che ha operato nella specie — di non apertura della procedura concorsuale dipendenti non dall’inesistenza dell’insolvenza ma da valutazioni legislative correlate alla mancanza di un’esigenza attuale di apertura della procedura stessa. Non e’ ravvisabile quindi una finalita’ della direttiva contraria alla valorizzazione da parte del diritto italiano di una situazione di insolvenza in cui l’apertura del fallimento sia preclusa dal decorso del tempo dalla cessazione dell’impresa.
Deve poi tenersi presente l’art. 2, par. 4, secondo cui “La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di estendere la tutela dei lavoratori subordinati alle situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle di cui al par. 1 previste dal diritto nazionale”.
1.2. La L. n. 297 del 1982, all’art. 2, ha previsto il pagamento del t.f.r. da parte dell’INPS quando l’impresa sia assoggettata a fallimento, ovvero quando (comma 5) il datore di lavoro, non soggetto alla L. Fall., venga sottoposto senza esito ad esecuzione forzata.
1.3. Questa Corte ha recentemente ritenuto con le sentenze n. 7466 del 2007 e n. 1178 del 2009 che una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva consente, secondo una ragionevole interpretazione, l’ingresso ad un’azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l’imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l’esecuzione forzata si riveli infruttuosa. L’espressione “non soggetto alle disposizioni del R.D. n. 267 del 1942” va quindi interpretata nel senso che l’azione della citata L. n. 297 del 1982, ex art. 2, comma 5, trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive (ad esempio, piccolo imprenditore) vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo (ad esempio, trattandosi di ditta individuale cessata da oltre un anno); cioe’, l’imprenditore “non piu’” assoggettabile a fallimento va considerato come imprenditore non soggetto alla legge fallimentare.
1.4. A tale interpretazione il Collegio intende dare continuita’ nei seguenti termini. Si rileva, da un lato, che la stessa, come si e’ visto sub 2.1., non solo valorizza una situazione analoga ad una di quelle specificamente previste dalla direttiva, ma anche trova piena giustificazione nella facolta’ data dalla direttiva ai legislatori nazionali di assicurare la tutela dei lavoratori anche in casi di insolvenza accertati con modalita’ e in sedi diverse da quelle tipiche delle procedure concorsuali.
Si osserva, poi, che la medesima interpretazione esclude quella situazione di non copertura assicurativa che altrimenti si verificherebbe quando, come nella specie, il datore di lavoro e’ astrattamente assoggettabile a fallimento, ma il fallimento non puo’ essere dichiarato per il decorso del tempo, mentre il lavoratore abbia intrapreso un’esecuzione forzata e questa non dia esito (cfr.
Cass. n. 11379 del 2008). Questo risultato e’ coerente con la finalita’ del Legislatore del 1982, che, mediante l’istituzione di un Fondo di garanzia affidato all’ente previdenziale pubblico, ha inteso compensare la peculiarita’ della disciplina del t.f.r. – in cui il sistema degli accantonamenti fa si’ che gli importi spettanti al lavoratore vengano trattenuti e utilizzati dal datore di lavoro — con la previsione di una tutela certa del credito, realizzata attraverso modalita’ garantistiche e non soggetta alle limitazioni e difficolta’ procedurali previste, invece, per la tutela delle ultime retribuzioni (ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992).
1.5. Il principio da affermare, quindi, e’ che, ai fini della tutela prevista dalla L. n. 297 del 1982 in favore del lavoratore, per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest’ultimo, se e’ assoggettabile a fallimento, ma in concreto non puo’ essere dichiarato fallito per avere cessato l’attivita’ di impresa da oltre un anno, va considerato “non soggetto” a fallimento, e pertanto opera la disposizione dell’art. 2, comma 5, della predetta legge, secondo cui il lavoratore puo’ conseguire le prestazioni del Fondo di garanzia costituito presso l’INPS alle condizioni previste dal comma stesso, essendo sufficiente, in particolare, che il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una procedura di esecuzione, salvo che risultino in atti altre circostanze le quali dimostrano che esistono altri beni aggredibili con l’azione esecutiva.
1.6. In base a tale principio, deve concludersi che la decisione impugnata ha erroneamente negato che il diritto si potesse teoricamente conseguire ricorrendo all’azione esecutiva individuale.
Il ricorso va pero’ comunque rigettato, avendo lo stesso lavoratore ammesso, che, pur avendo ottenuto il decreto ingiuntivo, non aveva pero’ proposto l’azione esecutiva, cosi’ disattendendo tutte le prescrizione a cui la L. n. 297 del 1982, art. 2 condiziona l’intervento del Fondo di garanzia.
2. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. La difficolta’ della questione e il consolidarsi recente del richiamato orientamento giurisprudenziale inducono a compensare le spese del giudizio di legittimita’.
PQM
LA CORTE Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2010