Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15664 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8146-2018 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI

BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO TORO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ELENA BISIO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA DEL PIEMONTE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OMBRONE, 14, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CAPUTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE FILIPPO MARIA

LA SCALA giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, quale procuratrice della SIENA

NPL 2018 SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ANTONIO BOSIO n.

2/3, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LUCONI e rappresentata e

difesa dall’avvocato EMANUELE BALBO DI VINADIO giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2739/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/02/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Lette le memorie depositate dalla ricorrente.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Banca del Piemonte S.p.A., a seguito dell’emissione di un decreto ingiuntivo, instaurava una procedura esecutiva immobiliare sugli immobili pervenuti per successione alla debitrice B.C., dai genitori B.E. e T.G..

In assenza di trascrizione di atti di accettazione espressa o tacita, la banca creditrice chiedeva al Tribunale di Pinerolo la fissazione del termine ex art. 481 c.c., per l’accettazione dell’eredità, termine che però decorreva senza che la B. compisse alcun atto di accettazione.

La società a quanto punto intraprendeva ex art. 702 bis c.p.c., un giudizio ai sensi dell’art. 524 c.c., per essere autorizzata ad accettare l’eredità dismessa dai genitori della convenuta, in nome della rinunciante.

Nel corso del procedimento interveniva anche la Banca Monte dei Paschi di Siena, in quanto a sua volta creditrice della B., la quale resisteva al giudizio chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.

Il Tribunale con ordinanza del 7 maggio 2015 accoglieva la domanda ed autorizzava gli istituti di credito a soddisfarsi sui beni ereditari sino alla concorrenza dei crediti vantati.

La Corte d’Appello di Torino con la sentenza n. 2739 del 21/12/2017 rigettava l’appello della B..

Quanto al motivo di appello con il quale ci si doleva dell’erronea equiparazione della decadenza della chiamata all’eredità ex art. 481 c.c., alla rinuncia all’eredità, ai fini dell’applicazione della previsione di cui all’art. 524 c.c., i giudici di appello rilevavano che i creditori non possono accettare l’eredità per conto della debitrice in via surrogatoria, restando quindi la tutela concessa dall’ordinamento confinata all’istituto di cui all’art. 524 c.c., che la giurisprudenza di legittimità ha esteso anche al caso che qui ricorre.

Del pari infondato era poi il motivo di appello concernente la pretesa violazione del principio del litisconsorzio per non essere stati evocati in giudizio anche i figli della B., i quali nelle more avevano accettato l’eredità della nonna, dovendosi condividere la giurisprudenza che reputa che in tal caso la legittimazione passiva competa al solo debitore chiamato all’eredità.

Infine rigettava il terzo motivo con il quale si contestava la corretta individuazione delle somme della quale la B. sarebbe debitrice, evidenziandosi che la questione era irrilevante ai fini della controversia, non essendo tale procedimento deputato ad accertare con precisione il credito vantato dalla banca.

Avverso tale sentenza propone ricorso B.C. sulla base di due motivi.

Le società intimate hanno resistito con controricorso.

Il primo motivo di ricorso lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 480,481 e 524 c.c..

Si rileva, in primo luogo, che alla data in cui era stata richiesta la fissazione di un termine per accettare l’eredità, in relazione alla successione del padre della ricorrente, B.E. (deceduto il (OMISSIS)) era già abbondantemente decorso il decennio di cui all’art. 480 c.c., con la conseguenza che non poteva avere spazio l’actio interrogatoria.

In tal senso deve reputarsi erronea l’affermazione dei giudici di appello che hanno ritenuto che sia irrilevante per i creditori che intendano avvalersi dell’art. 524 c.c., l’eventuale già maturata prescrizione del diritto di accettare l’eredità dei debitori.

Nella seconda parte del motivo poi si contesta la correttezza della soluzione dei giudici di merito che hanno ritenuto equiparabile alla rinuncia all’eredità, espressamente contemplata dall’art. 524 c.c., l’ipotesi in cui sia decorso invano il termine di cui all’art. 481 c.c., non potendosi assimilare la decadenza prodotta da tale fattispecie a quella della dismissione del diritto di accettare l’eredità a seguito di rinuncia.

Il motivo è solo in parte fondato.

Ad avviso della Corte sicuramente è meritevole di condivisione la critica della ricorrente mossa avverso la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che fosse possibile per i creditori potersi soddisfare sui beni pervenuti per successione alla B. sia per effetto della successione materna che di quella paterna, senza però tenere conto che alla data di richiesta della fissazione del temine di cui all’art. 481 c.c., ((OMISSIS)), era già ampiamente maturata la prescrizione del diritto di accettare l’eredità ex art. 480 c.c..

In tal senso deve darsi seguito alla giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche in ricorso, che correttamente ha evidenziato che è possibile chiedere al giudice di fissare un termine, necessariamente anteriore alla scadenza di quello di prescrizione, ex art. 480 c.c., entro cui il chiamato manifesti la propria intenzione di accettare l’eredità o di rinunciarvi (Cass. n. 16426/2012).

In tal caso, a differenza che nell’ipotesi in cui la perdita del potere di accettare l’eredità, con la conseguente decadenza, scaturisca dalla stessa decorrenza del termine di cui all’art. 481 c.c., l’impossibilità di adire l’eredità preesiste alla fissazione del termine, e quindi non è dato sollecitare il chiamato al compimento di un atto che per effetto del decorso del tempo ha già perso il potere di compiere.

Per tale fattispecie, quindi, l’impossibilità per i creditori di avvalersi dell’art. 524 c.c., scaturisce, non tanto dalla diversa problematica, che è interessata dalla seconda parte del motivo in esame, circa la possibilità di equiparare alla rinuncia all’eredità la decadenza di cui all’art. 481 c.c., ma ancor più a monte dalla stessa impossibilità per i soggetti interessati, quali nella fattispecie i creditori, di poter avvalersi della previsione che consente di fissare un termine al chiamato per accettare o rinunciare all’eredità.

Ad opinare diversamente, peraltro, e pur sul presupposto della ritenuta equiparabilità della rinuncia all’eredità alla decadenza di cui all’art. 481 c.c., e ritenendo quindi che non rilevi per il creditore la già maturata prescrizione del diritto di accettare l’eredità in capo al debitore, risulterebbe evidentemente elusa la norma dello stesso art. 524 c.c., nella parte in cui assegna un termine di cinque anni, decorrente dalla rinuncia, per l’esercizio dell’azione da parte dei creditori, in quanto pur a fronte di eredità per le quali sia prescritto da ben oltre cinque anni il diritto di accettare nonchè di rinunciare all’eredità, i creditori, tramite lo strumento di cui all’art. 481 c.c., sarebbero impropriamente rimessi in termini, e ciò anche con evidente pregiudizio delle legittime aspettative dei successivi accettanti, che confidano nella decorrenza di un termine prescrizionale per l’azione dei creditori, peraltro inferiore a quello ordinario decennale.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata quanto all’avvenuto riconoscimento del diritto dei creditori di potere accettare in nome ed in luogo della debitrice anche l’eredità del defunto padre, B.E., ed a soddisfarsi sui beni che ne compongono l’asse relitto.

Viceversa non appaiono meritevoli di accoglimento le doglianze della ricorrente quanto alla soluzione adottata in merito alla successione materna, per la quale invece non si poneva, alla data di fissazione del termine ex art. 481 c.c., un problema di prescrizione ex art. 480 c.c..

Ritiene il Collegio che debba sul punto darsi continuità sempre alla giurisprudenza di questa Corte che ha reputato di dover assimilare, quanto all’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 524 c.c., la rinuncia all’eredità, espressamente contemplata dal legislatore, alla decadenza derivante dall’inane decorso del termine di cui all’art. 481 c.c., (Cass. n. 7735/2007).

Pur essendo diverse sul piano effettuale le conseguenze scaturenti dalla rinuncia all’eredità (che si ritiene non determini l’irreversibile perdita della qualità di chiamato, a differenza di quanto invece accade per l’ipotesi di cui all’art. 481 c.c., cfr. Cass. n. 1403/2007; Cass. n. 6070/2012; Cass. n. 22195/2014), va però evidenziato che, attesa anche l’inammissibilità di un’accettazione dell’eredità da parte dei creditori avvalendosi dell’azione surrogatoria, l’espansione della portata effettuale della norma di cui all’art. 524 c.c., anche al caso oggi in esame, costituisce l’unica soluzione obiettivamente idonea a preservare le aspettative dei creditori a fronte del comportamento inerte di colui (che a differenza del caso di già maturata prescrizione) è ancora chiamato all’eredità, e che con la sua inerzia vanificherebbe in maniera irreversibile le dette aspettative.

La sentenza deve essere quindi cassata in relativamente al motivo accolto nei termini di cui in motivazione, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino.

Il secondo motivo denuncia invece la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., art. 101 c.p.c., e art. 2652 c.c., per la violazione del principio del contraddittorio, in quanto al giudizio non sarebbero stati chiamati a partecipare anche i chiamati in subordine, C.C. e C.F., figli della ricorrente, che nelle more avevano accettato l’eredità della nonna T.G..

Il motivo è evidentemente destituito di fondamento avendo la sentenza gravata deciso la questione in conformità della giurisprudenza di questa Corte che ha reiteratamente affermato (Cass. n. 24883/2013; Cass. n. 17866/2003; Cass. n. 3548/1995) che l’azione di cui all’art. 524 c.c., vede come unico legittimato passivo l’erede rinunciante (ovvero come nel caso di specie il chiamato decaduto).

Il giudice del rinvio, come sopra designato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie in parte il primo motivo nei termini di cui in motivazione e rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

 

 

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