Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15664 del 01/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 01/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 01/07/2010), n.15664
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO
ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati GIANNICO
GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, giusta mandato in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2298/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 13/12/2006 r.g.n. 1531/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/05/2010 dal Consigliere Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Lecce, disposta una CTU, con sentenza del 23 febbraio 2005, in parziale accoglimento del ricorso proposto il 20.11.2000 da A.G., condannava l’Inps al pagamento dell’indennita’ di accompagnamento a decorrere dal 1 gennaio 2003.
Proponeva impugnazione l’assistita per ottenere la decorrenza della prestazione dalla domanda amministrativa del 2.5.1994.
La Corte di Appello di Lecce, disposto il rinnovo della CTU, con la sentenza qui impugnata, in parziale riforma della decisione di primo grado, disponeva che la prestazione decorresse dal 1 aprile 2002, cosi’ uniformandosi alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado di appello.
Per la cassazione di tale sentenza la sig.ra A. ha proposto ricorso con due motivi. L’Inps ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando omessa e insufficiente motivazione, la ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia fatto decorrere la prestazione dalla domanda amministrativa, condividendo le conclusioni della CTU di secondo grado senza tener conto delle argomentazioni formulate nell’atto di appello contro le risultanze della prima CTU e dei rilievi fatti in sede di discussione alla seconda CTU. Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 del D.Lgs. n. 508 del 1988 e del D.Lgs. n. 509 del 1988 la ricorrente sostiene che la corte territoriale, aderendo in modo acritico alle conclusioni della CTU, ha finito con il dare una interpretazione restrittiva, non conforme alla ratio della legge, delle condizioni di incapacita’ di deambulare e di provvedere agli atti quotidiani della vita, che costituiscono il requisito necessario per il riconoscimento del diritto alla prestazione assistenziale.
Il primo motivo di ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
La ricorrente addebita al giudice di appello di aver recepito le conclusioni del CTU nominato in quel giudizio non considerando che le valutazioni espresse dal suo consulente erano inficiate da una errata lettura della documentazione medica esaminata nonche’ dalla omessa considerazione di due patologie, l’incontinenza a riposo documentata da un certificato medico del (OMISSIS) e la cardiopatia ipertrofica secondaria unita a ipertensione arteriosa documentata da una certificato medico del (OMISSIS).
Per quanto concerne queste due ultime patologie, la Corte osserva che la ricorrente non ha specificato in quale verbale di causa o scritto difensivo dei giudizi di merito i predetti certificati medici siano stati ritualmente prodotti in giudizio, come richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, ne’ ha trascritto in ricorso i predetti documenti, cosi’ da consentire alla Corte, non abilitata all’esame diretto degli atti dei giudizi di merito, di valutarne la decisivita’ (vedi da ultimo Cass. n. 15628/2009). La relativa censura e’ quindi irrilevante.
Quanto poi alla asserita errata valutazione da parte del CTU della documentazione medica prodotta si rammenta che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, il ricorso per Cassazione avverso la sentenza che abbia accolto le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio e’ ammissibile solo se venga allegata, con serie argomentazioni medico – legali, l’incidenza, sulla valutazione della complessiva capacita’ lavorativa, di malattie non diagnosticate o di un errore diagnostico per documentata inosservanza dei canoni della scienza medica comunemente condivisi dalla comunita’ scientifica, poiche’ in mancanza di tali errori e omissioni le censure si risolvono nella mera prospettazione di un dissenso diagnostico rispetto alle risultanze della CTU, che il giudice di legittimita’, non abilitato alla valutazione autonoma dei fatti di causa, non puo’ prendere in considerazione (Cass. n. 9988/2009, n. 8654/2008, n. 4929/2004, n. 15796/2004 ed altre conformi). Nella specie le censure in ricorso, esclusa la rilevanza delle due patologie di cui sopra, per la inammissibilita’ della doglianza, non evidenziano ne’ l’omesso espletamento di esami diagnostici indispensabili, ne’ il contrasto delle affermazioni del perito con i risultati della scienza medica condivisi dalla comunita’ scientifica e si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle stesse patologie prese in esame dal perito e quindi in un mero dissenso diagnostico.
Il secondo motivo di ricorso e’ parimenti infondato. Ai fini della valutazione delle condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 988, n. 508, art. 1, comma 2) per l’attribuzione dell’indennita’ di accompagnamento (impossibilita’ di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure incapacita’ di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza) per la sussistenza del diritto e’ necessario che l’interessato non sia in grado di compiere gli atti della vita quotidiana senza continua assistenza o che si trovi nell’assoluta impossibilita’ di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore; infatti le norme di cui alla L. n. 18 del 1988, art. 1 e alla L. n. 508 del 1988, art. 2 con l’uso degli aggettivi qualificativi “continua” e “permanente” intendono precisare che l’incapacita’ del soggetto di deambulare e di compiere gli atti quotidiani della vita deve essere assoluta e permanente, non gia’ transitoria o di entita’ non grave, non rilevando fatti episodici, ne’ una mera difficolta’ di compiere i predetti atti, occorrendo invece che le predette incapita’ si traducano in una assoluta impossibilita’ di deambulazione o di compimento degli atti quotidiani della vita (Cass. n. 12521/2009, n. 14076/2006, n. 10281/2003, n. 3228/1999). Il relativo accertamento configura una apprezzamento in fatto riservato al giudice del merito e censurabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione.
Nella specie le valutazioni del CTU sulla data di insorgenza dei requisiti sanitari per il riconoscimento della prestazione assistenziale, recepite dalla sentenza impugnata, non sono in contrasto con i principi giurisprudenziali sopra riferiti e, risolvendosi in accertamenti di fatto congruamente motivati, non sono neppure suscettibili di riesame in sede di legittimita’.
Per tutte le considerazioni sopra svolte il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese del giudizio di cassazione a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello introdotto dalla L. n. 326 del 2003, art. 42.
PQM
LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2010