Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15663 del 01/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 01/07/2010), n.15663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.R.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA GIUSEPPE,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CASARANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2328/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 26/11/2007 r.g.n. 1153/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 1.10.2004 N.R.I. chiedeva al Tribunale di Lecce il riconoscimento del suo diritto alla pensione di inabilita’ ed all’indennita’ di accompagnamento a decorrere dalla domanda amministrativa del 26.3.1993.

Il tribunale, disposta una CTU, condannava l’Inps a corrispondere la pensione di inabilita’ dal 1 agosto 2003.

L’assistita proponeva appello insistendo per la corresponsione delle pensione di inabilita’ dalla domanda amministrativa e per il riconoscimento del diritto all’indennita’ di accompagnamento dalla stessa data.

La Corte di Appello di Lecce, disposto il rinnovo della CTU, con la sentenza qui impugnata, in parziale riforma della decisione di primo grado, affermava che l’appellante aveva diritto alla indennita’ di accompagnamento dal 1 gennaio 2007 e confermava nel resto. La Corte dichiarava di condividere le conclusioni cui era giunto il CTU nominato in appello.

Per la cassazione di tale sentenza la sig.ra N. ha proposto ricorso con tre motivi. L’Inps ha resistito con controricorso. Il Ministero dell’Economia ed il Comune di Casarano non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c. e omessa motivazione, la ricorrente si duole che il giudice di appello non abbia disposto d’ufficio ulteriori accertamenti al fine di riscontrare l’eventuale sopravvenuto aggravamento delle malattie da cui la periziata era affetta successivamente alla proposizione della domanda amministrativa.

Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 118 del 1971, art. 12, L. n. 18 del 1980, art. 1, e D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6 la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver condiviso le conclusioni del CTU nominato in appello in ordine alla data di decorrenza dell’indennita’ di accompagnamento senza svolgere alcun accertamento specifico per accertare la data di perfezionamento dei requisiti sanitari e senza tener conto dei rilievi critici formulati nell’atto di appello.

Con il terzo motivo, denunciando violazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6, della L. n. 118 del 1971, art. 12, violazione del D.Lgs. n. 508 del 1988 e omessa motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che i presupposti delle prestazioni richieste (pensione di inabilita’ e indennita’ di accompagnamento) erano insorte da tempo di gran lunga precedente le date fissate dalla CTU espletata in appello.

Il ricorso, nel suo complesso, non e’ meritevole di accoglimento.

Il primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati atteso che il giudice di appello ha disposto il rinnovo della CTU e che il consulente ivi nominato, dopo accurata visita personale ed esame della documentazione clinica prodotta, ha preso in esame le varie malattie da cui la periziata era affetta motivando in modo congruo circa la incidenza delle varie patologie sulla impossibilita’ per la periziata di deambulare e di provvedere agli atti quotidiani della vita, nonche’ sulla data in cui tale incidenza si e’ verificata. Il giudice di appello ha condiviso le valutazioni del suo consulente, ritenendo le stesse ineccepibili sul piano tecnico – scientifico e coerenti sul piano logico.

Per costante insegnamento della S.C., ove il giudice di merito ritenga di dover aderire alla consulenza tecnica d’ufficio non e’ tenuto a dare particolareggiata motivazione delle ragioni dell’adesione, ben potendo il relativo obbligo ritenersi assolto con l’indicazione della relazione peritale (Cass. n. 17770/2007, n. 4170/2006, n. 15108/2005); in particolare e’ stato affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, il ricorso per Cassazione avverso la sentenza che abbia accolto le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio e’ ammissibile solo se venga allegata, con serie argomentazioni medico-legali, l’incidenza, sulla valutazione della complessiva capacita’ lavorativa, di malattie non diagnosticate o di un errore diagnostico per documentata inosservanza dei canoni della scienza medica comunemente condivisi dalla comunita’ scientifica, poiche’ in mancanza di tali errori e omissioni le censure si risolvono nella mera prospettazione di un dissenso diagnostico rispetto alle risultanze della CTU, che il giudice di legittimita’, non abilitato alla valutazione autonoma dei fatti di causa, non puo’ prendere in considerazione (Cass. n. 9988/2009, n. 8654/2008, n. 4929/2004, n. 15796/2004 ed altre conformi).

Nella specie le censure in ricorso non evidenziano ne’ l’omessa considerazione di una malattia, ne’ l’omesso espletamento di esami diagnostici indispensabili, ne’ il contrasto delle affermazioni del perito con i risultati della scienza medica condivisi dalla comunita’ scientifica e si risolvono nella inammissibile prospettazione di una diversa valutazione delle stesse patologie prese in esame dal perito.

Parimenti infondato e’ il terzo motivo di ricorso. Questa Corte ha ripetutamele affermato che, ai fini della valutazione delle condizioni previste dalla L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1 (nel testo modificato dalla L. 21 novembre 988, n. 508, art. 1, comma 2) per l’attribuzione dell’indennita’ di accompagnamento (impossibilita’ di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure incapacita’ di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza) per la sussistenza del diritto e’ necessario che l’interessato non sia in grado di compiere gli atti della vita quotidiana senza continua assistenza o che si trovi nell’assoluta impossibilita’ di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore; infatti le norme di cui alla L. n. 18 del 1988, art. 1 e alla L. n. 508 del 1988, art. 1 con l’uso degli aggettivi qualificativi “continua” e “permanente” intendono precisare che l’incapacita’ del soggetto di deambulare e di compiere gli atti quotidiani della vita deve essere assoluta e permanente, non gia’ transitoria o di entita’ non grave, non rilevando fatti episodici, ne’ una mera difficolta’ di compiere i predetti atti, occorrendo invece che le predette incapacita’ si traducano in una assoluta impossibilita’ di deambulazione o di compimento degli atti quotidiani della vita (Cass. n. 12521/2009, n. 14076/2006, n. 10281/2003, n. 3228/1999). Il relativo accertamento configura una apprezzamento in fatto riservato al giudice del merito e censurabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione.

Nella specie le valutazioni del CTU sulla data di insorgenza dei requisiti sanitari per il riconoscimento della prestazione assistenziale, recepite dalla sentenza impugnata, non sono in contrasto con i principi giurisprudenziali sopra riferiti e, risolvendosi in accertamenti di fatto congruamente motivati, non sono neppure suscettibili di riesame in sede di legittimita’.

Per tutte le considerazioni sopra svolte il ricorso deve essere respinto. Al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo, non risultando che la ricorrente abbia fatto la dichiarazione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., come modificato dalla L. n. 326 del 2003, art. 42. Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati non costituiti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro trenta/00 per esborsi ed in Euro millecinquecento/00 per onorari, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2010

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