Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1566 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. II, 26/01/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 26/01/2010), n.1566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 980/2005 proposto da:

S.D. (OMISSIS), rappresentato e difeso da

se medesimo ex art. 86, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 21, presso il suo studio;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LARGO TEMISTOCLE SOLERA 7/10, presso lo studio

dell’avvocato PIROCCHI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati SURANO MARIA RITA, SAVASTA RUSCONI ELENA;

– controricorrente –

e contro

ESATRI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 15305/2003 del GIUDICE DI PACE di MILANO,

depositata il 12/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. BURSESE GAETANO ANTONIO;

udito l’Avvocato PIROCCHI Francesco, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorse;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 15305/ 2003 con la quale il Giudice di Pace di Milano, in parziale accoglimento dell’opposizione da lui proposta ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 avverso la cartella esattoriale recante l’iscrizione a ruolo della somma di Euro 924,91, riduceva la somma ingiunta da Euro 924,31 ad Euro 774,00.

Il ricorso dell’ esponente si riferiva alla cartella esattoriale – ritenuta illegittima – che riguardava n. 7 verbali di contestazione di violazioni di norme al codice della strada.

L’odierno ricorso per cassazione si fonda su di un unico motivo;

resiste con controricorso il Comune di Milano; l’intimata ESATRI spa non ha proposto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’esponente, nel presente ricorso per cassazione, dopo aver riportato soltanto le conclusioni dell’atto introduttivo L. n. 689 del 1981, ex art. 22, ha poi dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., art. 201 C.d.S., L. n. 890 del 1982, artt. 7 e 8, lamentando che il G. di P. di Milano, con la sentenza impugnata, aveva erroneamente ritenuto che le infrazioni in parola erano state a lui “regolarmente contestate con notifica dei relativi verbali a mezzo del Servizio Postale e consegna a persona autorizzata a riceverli ovvero avviso avvenuto deposito”. Sennonchè, dal tenore del ricorso stesso, non è dato cogliere alcuna relazione tra tale doglianza e i motivi di censura posti a sostegno del ricorso originario, per cui si dovrebbe ritenere che trattasi di motivi nuovi. Invero secondo il controricorrente tali eccezioni concernenti le asserite irregolarità della notifica dei vari verbali erano state sollevate non nell’atto introduttivo, “solo nel corso di causa e come tali il primo giudice avrebbe” dovuto ritenerle inammissibili.

Postatali premesse appare evidente che il ricorso per cassazione in esame non è conforme al principio di autosufficienza, perchè non contiene le necessarie precisazioni dei fatti e dell’oggetto della controversia in esame; come tale dunque deve ritenersi inammissibile.

Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto a pena di inammissibilità per il ricorso per cassazione (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3)… è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, allo scopo di cogliere il significato e la portata della impugnazione proposta” (Cass n. 7392 del 19/04/2004; n. 13326 del 21/06/2005; n. 8612 del 12/04/2006).

La S.C. ha osservato inoltre che “il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3, postula che il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata. (In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in cui risultavano omesse: la descrizione dei fatti che avevano ingenerato la controversia, la posizione delle parti e le difese spiegate in giudizio dalle stesse, le statuizioni adottate dal primo giudice e le ragioni a esse sottese, avendo, per tali fondamentali notizie, il ricorrente fatto rimando alla citazione in appello)” (Cass. n. 4403 del 28/02/2006).

Conclusivamente il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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