Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15659 del 09/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15659 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
in persona del Direttore

AGENZIA delle ENTRATE,

Generale

pro

tempore,

e

rappresentato

difeso
cui

dall’Avvocatura Generale dello Stato presso
Uffici

in

Roma,

via

dei

Portoghesi

n.12

è

selettivamente domiciliata.
– ricorrentecontro
P & L-Progresso e Lavoro Cooperativa Sociale a r.l.
-intimata-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Liguria n.13/2/08 depositata il
2.4.2008;

Data pubblicazione: 09/07/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16.5.2014 dal Consigliere Dott.Roberta
Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Giovanni Giacalone, che ha concluso per

gli altri.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1.L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per
la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe,
della Commissione Tributaria Regionale della Liguria,
di accoglimento dell’appello promosso dalla società
cooperativa a r.l. “P.& L. progresso lavoro” avverso la
decisione di primo grado di rigetto del ricorso avverso
l’avviso di accertamento con il quale era stata
rettificata, con conseguenti() recuperi a tassazione ai
fini irap e irpeg, la dichiarazione dei redditi per
l’anno 2001.
2.In particolare,
Regionale -rigettata
inammissibilità

la Commissione Tributaria

preliminarmente l’eccezione di
dell’appello,

siccome

non

tempestivamente depositato presso la C.T.P., con
l’argomentazione che l’art.53, comma 2, d.lvo n. 546/92
non prevede un termine preciso per il deposito
dell’atto che, quindi, può effettuarsi, in qualsiasi
momento purchè anteriore all’udienza di trattazione- ha
ritenuto:

2

raccoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti

- che, alla luce dell’art.75 TU1R vigeva il principio
di competenza per cui correttamente i costi dovevano
imputarsi al 2001 anche se le relative fatture non
erano state ricevute in quell’anno;
-che, trattandosi di cooperativa sociale, qualunque
fosse il fondo di destinazione del maggior reddito

imposte, ad eccezione della quota di utile spettante ai
soci nella misura del 3% del capitale sociale versato.
3.11 ricorso, affidato a cinque motivi, non è resistito
dalla Società contribuente.
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi
dell’art.360, I comma, n.4 c.p.c., la falsa
applicazione dell’art.53 del d.lgs. n.546/92.
In particolare,

l’Agenzia delle Entrate denuncia

l’errore commesso dalla C.T.R. ligure,
nell’interpretazione della norma indicata in rubrica,
per avere ritenuto l’appello ammissibile malgrado il
relativo atto fosse stato depositato presso la
segreteria della Commissione Provinciale oltre il
termine di trenta giorni dalla consegna all’Agenzia
delle Entrate.
4.11 motivo è fondato.
L’art.53, III comma, d.l.vo n.546/1992 prevede,a pena
di inammissibilità, che ove il ricorso non sia
notificato a mezzo dell’Ufficiale giudiziario,
l’appellante deve depositare copia dell’atto di appello
presso l’ufficio di segreteria della commissione
tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.

3

accertato lo stesso sarebbe stato, comunque, esente da

La norma ha superato il vaglio di legittimità
costituzionale sul presupposto che il legislatore abbia
voluto perseguire il duplice obiettivo, da un lato di
non gravare la segreteria del giudice di appello di
compiti informativi necessariamente intempestivi
(perchè successivi alla costituzione in giudizio
dell’appellante)

di assicurare la tempestività e la

completezza

della

impugnazione,
proposto

dell’interposta

imponendo all’appellante,

appello

giudiziario,

comunicazione

di

senza

avvalersi

effettuare

tale

che abbia
dell’ufficiale
comunicazione

(C.Cost.ord.n.321/09).
E’ stata, altresì, ritenuta infondata la censura di
irragionevolezza per la mancata previsione di un
termine perentorio per l’adempimento dell’onere imposto
all’appellante, poiché tale termine è sicuramente
ricavabile, in via interpretativa, dal complesso delle
norme in materia di impugnazioni nel processo
tributario e non può che identificarsi con quello
stabilito per la costituzione in giudizio
dell’appellante (C.Cost. ord.n.43/2010).
In tal senso risulta consolidato l’orientamento di
questa Corte (tra le tante, ordinanze n.8388/2010 e
n.21047/2010) la quale ha statuito che qualora il
ricorso in appello non sia notificato a mezzo di
ufficiale giudiziario, il deposito in copia presso la
segreteria della commissione che ha emesso la sentenza
impugnata, in quanto

prescritto dall’art. 53, comma

4

dall’altro,

ed organizzativamente onerosi e,

secondo, seconda parte, del d.lgs. n. 546 del 1992 a
pena d’inammissibilità dell’appello, deve aver luogo
entro un termine perentorio, il quale, attenendo al
compimento

di

un’attività

finalizzata

al

perfezionamento della proposizione del gravame,
dev’essere individuato in quello di trenta giorni

attraverso il richiamo all’art. 22, comma primo, per il
deposito del ricorso presso la segreteria della
commissione “ad quem”.
5.La sentenza impugnata che, individuando il termine
ultimo nella data fissata per l’udienza di trattazione,
ha ritenuto erroneamente l’appello ammissibile, si è
discostata dai superiori principi onde va cassata senza
rinvio ai sensi dell’art.382 c.p.c.
6.L’accoglimento del motivo, involgente una questione
pregiudiziale, comporta l’assorbimento degli ulteriori
mezzi proposti avverso le statuizioni di merito della
sentenza impugnata.
7.La particolarità della fattispecie e la novità della
soluzione giurisprudenziale rispetto all’epoca di
proposizione del ricorso inducono a compensare
integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso,
assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata.
Compensa le spese di tutti i gradi del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
16.5.2014.

indicato dalla prima parte della medesima disposizione,

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