Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15658 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – rel. Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17271-2019 proposto da:

R.E., S.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA LAURA

CECCHINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CONSUELO FEROCI;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI

TORINO, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE

D’APPELLO DI TORINO;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositato il

13/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Presidente Relatore Dott.ssa ACIERNO

MARIA.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.La Corte d’Appello di Torino, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dai cittadini albanesi S.M. e R.E., volta ad ottenere un permesso di soggiorno temporaneo D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, in qualità di genitori del figlio minore R.N. nato a Torino nel 2014.

2.A sostegno della decisione, la Corte territoriale non ha ravvisato particolari condizioni di disagio personale del figlio minore innanzitutto in considerazione della sua età e del fatto che, non avendo iniziato ancora il ciclo delle scuole elementari, non può aver stabilito legami e relazioni interpersonali significative in Italia. Pertanto un eventuale trasferimento in Albania con i genitori non si profilerebbe come fatto idoneo ad arrecargli grave pregiudizio sul piano psicologico. Infine, l’autorizzazione richiesta non ha la funzione di supplire al mancato ottenimento di altre tipologie di permesso.

3.Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidandosi a due motivi nei quali è stata dedotta la violazione del citato art. 31, comma 3, in relazione all’illegittima applicazione del concetto di “gravi motivi” come indicato nella norma e come interpretato dalle S.U. di questa Corte e alla mancanza di un effettivo giudizio prognostico, così come imposto dalla giurisprudenza di legittimità. In particolare non sono stati presi in considerazione in modo corretto la tenera età del minore e la permanenza ininterrotta in Italia dalla nascita dal momento che si è desunta dall’età soltanto la conseguenza univoca del mancato radicamento in Italia, da cui sarebbe conseguito la mancanza di disc lo psico fisico dovuta al rientro unitamente ed i genitori in Albania. Così ragionando la Corte territoriale è incorsa nel divieto di espulsione nonostante la previsione di cui all’art. 19, comma 2 lettera a) e l’art. 9 della Convenzione di New York sui Diritti del fanciullo, stilata.

4.Le censure da leggersi unitariamente perchè logicamente connesse sono manifestamente fondate. In primo luogo deve rilevarsi che i minori non sono espellibili “salvo il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi” (art. 19 comma 2, let. a) e che, conseguentemente, la valutazione prognostica prevista dal paradigma normativo contenuto nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, non può essere fondata, come nel caso di specie, esclusivamente sul giudizio riguardante la configurabilità o l’assenza di effetti lesivi conseguenti all’allontanamento del minore dal territorio italiano unitamente ai genitori. Seguire il padre o la madre od entrambi è un diritto che non può, se non per effetto di una lettura, contra jus, dell’art. 19, comma 2 lett. a), trasformarsi nella decisiva ratio decidendi dell’allontanamento coattivo del genitore che richiede un titolo di soggiorno, in quanto la tutela prevista nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, si fonda sull’opposto presupposto dell’esistenza del diritto del minore alla permanenza sul nostro territorio senza perdere, ancorchè soltanto a determinate condizioni, la relazione genitoriale con il cittadino straniero che sia sfornito di un titolo di soggiorno. Il legislatore, nel citato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, definisce con chiarezza qual’è la valutazione da svolgere. Essa ha ad esclusivo oggetto l’accertamento del pregiudizio (“il grave disagio”) sullo sviluppo psico fisico del minore derivante dall’allontanamento coattivo dei genitori dal territorio italiano, da valutare mediante il parametro elaborato dall’intervento nomofilattico delle S.U. con le pronunce n. 21799 e 21803 del 2010. La tutela prevista si fonda proprio sul diritto del minore a non lasciare il territorio italiano e a non perdere, anche in deroga alle disposizioni che regolano l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini stranieri il diritto alla genitorialità, ancorchè solo in presenza dei requisiti previsti dalla legge. Hanno chiarito le S.U. che deve essere sempre svolta una valutazione prognostica che non richiede l’esistenza di condizioni di emergenza o di circostanze contingenti od eccezionali strettamente collegate alla salute del minore, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave con la precisazione che deve trattarsi di situazioni di non lunga ed indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che si concretino in eventi traumatici e non prevedibili non rientranti nel normale disagio dovuto al rimpatrio di un familiare.

5.Nella specie tale valutazione è stata del tutto omessa dal momento che la ratio decidendi si fonda sull’astratto automatismo stabilito tra tenera età e mancanza di radicamento senza alcun esame concreto della relazione genitori-figlio minore nel territorio italiano alla luce di tutte le implicazioni che ne compongono la complessità (psicologiche, sociali, economiche, culturali etc.). L’assenza di un giudizio prognostico effettivo, imposto dalle S.U. è strettamente connessa alla rilevata violazione del divieto di espulsione, ritenuto dal legislatore un corollario del preminente interesse del minore, secondo i principi della Convenzione di New York del 20/11/89 ratificata con L. 27 maggio 1991, ribaditi nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tale aspetto può essere preso in esame soltanto come elemento integrativo concorrente alla formulazione della prognosi (positiva o negativa) di grave disagio psico-fisico per il minore, la quale, tuttavia, deve fondarsi, indefettibilmente, quanto all’an, sull’accertamento, secondo un giudizio probabilistico, del nesso causale tra l’allontanamento della figura genitoriale (o delle figure genitoriali) priva del titolo di soggiorno, dall’Italia ed i verosimili effetti pregiudizievoli sull’equilibrio psico-fisico del minore dovuti a tale evento. La Corte territoriale ha svolto una valutazione estranea al paradigma legislativo, in quanto esclusivamente fondata sulla possibilità di non spezzare il nucleo familiare nel paese di origine, attraverso l’allontanamento del minore dell’italia, ancorchè non espellibile. In conclusione il ricorso deve essere accolto e la Corte d’Appello di Torino in sede di rinvio deve attenersi ai principi di cui ai par. 4. e 5.

PQM

Accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

 

 

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