Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15657 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 16/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.P.A. (c.f. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 308, presso l’avvocato RUFFOLO UGO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERTI CARLO,

giusta procure a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.L.E.R. – AZIENDA LOMBARDA EDILIZIA RESIDENZIALE DI MILANO (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Presidente e del Direttore Generale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA CATERINA DA

SIENA 46, presso l’avvocato GRECO GIUSEPPE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CAPILLI GRAZIA, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso 20122-2009 proposto da:

B.V.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARINI PAOLA, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro A.L.E.R. – AZIENDA LOMBARDA EDILIZIA RESIDENZIALE DI MILANO

(C.F. (OMISSIS)), in persona del Presidente e del Direttore

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA

CATERINA DA SIENA 46, presso l’avvocato GRECO GIUSEPPE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAPILLI GRAZIA, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente al ricorso Incidentale –

avverso la sentenza n. 2431/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato BERTI CARLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto dell’incidentale;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato GRECO GIUSEPPE che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale, rigetto del ricorso

principale; udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale

B., l’Avvocato CAPPELLO LAURA, per delega, che ha chiesto

l’accoglimento dei propri motivi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 27 giugno 2002 i ricorrenti di cui in epigrafe, conduttori di alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dell’A.l.e.r.-Azienda Lombarda Edilizia Residenziale di Milano, convenivano quest’ultima dinanzi al Tribunale di Milano per sentir accertare l’avvenuta compravendita degli immobili in forza di contratto perfezionatosi con lo scambio di conformi proposte e accettazione scritte; o, in subordine, per ottenere la costituzione in forma specifica del contratto ex art. 2932 c.c.; o in via ulteriormente gradata, perchè fosse dichiarato l’obbligo dell’Azienda di concludere detti contratti alle condizioni di legge, già concordate tra le parti.

Costituitasi ritualmente, l’A.l.e.r. contestava la fondatezza della domanda, negando di aver formulato alcuna proposta irrevocabile di vendita, vertendosi in un rapporto pubblicistico che non conferiva agli assegnatari se non una semplice aspettativa, insuscettibile di tutela in forma specifica. Eccepiva altresì la mancanza dei requisiti per l’acquisto e la carenza di prova della ricezione delle dichiarazioni di volontà asseritamente inviate dagli attori.

Dopo l’intervento in causa di altri conduttori di immobili, che proponevano identiche domande, il Tribunale di Milano con sentenza 21 febbraio 2006 accoglieva la domanda subordinata di costituzione in forma specifica dei contratti, ai sensi dell’art. 2932 c.c.;

statuendo che le disposizioni di legge in materia erano prettamente orientate a tutela dei conduttori e che l’Azienda aveva un obbligo di legge, e non la mera facoltà di alienare il patrimonio immobiliare:

ciò che attribuiva ai conduttori un’opzione d’acquisto.

In accoglimento del successivo gravame, la Corte d’appello di Milano, con sentenza 8 settembre 2008, rigettava le domande e condannava gli appellati alla rifusione delle spese dei due gradi giudizio.

Motivava:

che nel vigore della disciplina anteriore alla L. 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) si era affermata la giurisprudenza che negava rilevanza ad un preteso comportamento concludente dell’Amministrazione, di fronte alla mera presentazione di una domanda di acquisto, nell’ambito di un rapporto pubblicistico che riservava all’ente poteri di controllo e di revoca dell’assegnazione di alloggi fino alla stipulazione dei contratto di compravendita;

che la regola non poteva considerarsi abrogata – a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice – dalla L. n. 560 del 1993, che rappresentava un elemento della manovra economica diretta a ridurre il deficit della finanza pubblica mediante risparmi di spesa e di reperimento di nuove entrate: senza configurare un obbligo legale di dismissione del patrimonio immobiliare a vantaggio dei conduttori;

che quindi costoro difettavano di un diritto soggettivo potestativo tutelabile ex art. 2932 c.c., in difetto di accertamento dei requisiti di legge;

che tale conclusione era, del resto, confermata dalla disamina delle scritture provenienti dalle parti in causa, che non palesavano alcuna volontà definitiva, vincolante ed irrevocabile, dell’Amministrazione di impegnarsi a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, incompatibile con l’esigenza di adempimenti successivi, non qualificabili come condizione risolutiva di un contratto già concluso.

Avverso la sentenza, non notificata, gli assegnatari indicati in epigrafe nella causa n. R.G. 9214/2009 proponevano ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, notificato il 14 aprile 2009 ed illustrato con successiva memoria. Deducevano:

1) la violazione degli artt. 1326, 1350 e 1351 cod. civ. nel negare l’avvenuta stipulazione di un contratto preliminare di acquisto degli alloggi popolari precedentemente condotti in locazione, senza valutare se le dichiarazioni negoziali, nonostante l’apparente diversa qualificazione, integrassero una proposta e la conforme accettazione;

2) la carenza di motivazione sulla medesima questione ermeneutica, con un’analisi limitata alla disamina generale del testo di legge;

3) la carenza di motivazione in ordine al mancato accertamento del positivo possesso dei requisiti soggettivi per ottenere il trasferimento di proprietà;

4) la carenza di motivazione nel ritenuto assorbimento della domanda subordinata di accertamento dell’obbligo dell’ente alla conclusione dei contratti di compravendita;

5) la violazione degli artt. 1324 e 1987 cod. civ. nonchè della L. n. 560 del 1993, laddove la sentenza aveva negato il carattere vincolante della dichiarazione inviata dall’A.l.e.r. ai ricorrente senza valutare se integrasse gli estremi di una promessa unilaterale.

Con separato ricorso notificato il 9 settembre 2009 proponeva impugnazione anche il signor B.V.M., deducendo, in quattro motivi:

1) la violazione della L. n. 560 del 1993 in ordine all’obbligo legale di contrarre;

2) la falsa applicazione dell’art. 1331 cod. civ. sul diritto di opzione e dell’art. 1329 cod. civ. sulla proposta irrevocabile, ravvisabili, nella specie;

3) l’erronea applicazione dell’art. 2932 c.c.;

4) la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto per omesso accertamento della conclusione del contratto, sottoposto a clausola risolutiva espressa.

Resisteva con controricorso l’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale di Milano.

All’udienza del 16 maggio 2011 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dev’essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso n. 9214 R.G. 2009 e del ricorso n. 20122 R.G. 2009, concernenti entrambi la medesima sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

Ancora in via preliminare, va dichiarato estinto il ricorso di O.F., oggetto di tempestiva rinunzia.

Con i primi due motivi di entrambi i ricorsi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, i ricorrenti deducono la violazione di legge e la carenza di motivazione nel diniego dell’avvenuta conclusione di un contratto preliminare di compravendita.

Le censure sono inammissibili, risolvendosi in una difforme interpretazione degli elementi probatori, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede.

Nessuna violazione dei canoni ermeneutici legali è ravvisabile nella motivazione della sentenza impugnata, che da ampio ed analitico conto, anche con riferimento a precedenti giurisprudenziali, delle ragioni che inducevano a negare la conclusione di un contratto preliminare tra le parti, suscettibile di esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 cod. civ..

Sulla base della disamina delle finalità della L. n. 560 del 1993, la Corte d’appello di Milano è infatti pervenuta, con interpretazione del tutto condivisibile, all’accertamento negativo di un obbligo legale dell’A.l.e.r. di dismettere il patrimonio immobiliare; e nel contempo, al diniego del valore di proposta contrattuale – e a fortiori, di proposta irrevocabile – propedeutica al contratto preliminare, che le parti intendevano annettere alla dichiarazione con cui l’ente comunicava il prezzo e gli altri elementi astrattamente essenziali ai fini della cessione immobiliare.

Conclusione, giustificata dall’espressa riserva di controllo della sussistenza dei requisiti necessari per perfezionare il trasferimento, rilevabile da stralci del testo della lettera citata, riportati in sentenza (“La si informa che la validità della domanda è subordinata al preventivo accertamento circa la sussistenza delle condizioni e i requisiti necessari per conseguire la cessione dell’immobile in godimento…”); riserva, reiterata con formulazione conforme nell’allegato modulo di richiesta di acquisto (“…

l’accoglimento della presente domanda è subordinato all’esecuzione degli adempimenti istruttori che codesto Ente è tenuto a compiere per accertare l’effettivo possesso, da parte del sottoscritto, delle condizioni e dei requisiti di legge necessari per conseguire la proprietà dell’alloggio.”).

Addirittura scolastica, quindi, la conclusione che non vi fosse stato alcun consenso definitivo incondizionato, produttivo di un contratto preliminare (e tanto meno ad effetti reali, come prospettato in principalità, in sede di edictio actionis): forma privatistica, in astratto ritenuta dalla Corte territoriale egualmente idonea, seppur in via residuale, a realizzare la cessione degli immobili, in alternativa all’ordinario procedimento amministrativo.

Per contrastare tale interpretazione del carteggio intercorso, i ricorrenti fanno riferimento ad una precedente lettera circolare, inviata dall’IACP della provincia di Milano (poi, A.l.e.r.) nell’aprile 1994, a loro dire ispirata a quelle finalità meramente informative attribuite invece dalla corte alla lettera raccomandata sopra esaminata: cui, a questo punto, sarebbe invece riconoscibile – a pena di ritenerla inutile duplicazione – natura di vera proposta irrevocabile.

Ma in realtà, anche il brano testuale riportato, a riprova, finisce col confermare, piuttosto, l’interpretazione offerta in sentenza;

dato che l’adozione letterale dei verbi “comunicare” e “informare” (“… non appena avremo notizia della deliberazione regionale provvederemo ad informarla… Le comunicheremo tutte le condizioni:

il prezzo definitivo di vendita, le modalità dell’acquisto, gli sconti previsti, i tempi relativi…”) ribadisce, ancora una volta, l’assenza di alcuna dichiarazione di volontà attuale: rivelando, per contro, soio l’intento di mettere i conduttori in condizione di conoscere ed apprezzare anticipatamente le eventuali condizioni di vendita.

Le predette argomentazioni valgono altresì a confutare la pretesa violazione dell’art. 2932 cod. civ., oggetto del terzo motivo del B..

Anche il successivo motivo del ricorso principale, con cui si denunzia la carenza di motivazione in ordine al mancato accertamento del possesso dei requisiti soggettivi in capo agli assegnatari, è inammissibile, risolvendosi in una difforme interpretazione di merito di circostanze già valutate dalla corte territoriale con motivazione diffusa, immune da vizi logici.

In particolare, è stata vagliata a fondo e disattesa la tesi difensiva della natura di condizione risolutiva espressa – da far valere nella fase esecutiva di un contratto già concluso – dell’eventuale accertamento del difetto dei requisiti di legge da parte degli assegnatari: statuizione, corredata altresì del richiamo testuale a passi della comunicazione scritta inviata dall’A.l.e.r. ed esente da mende anche sotto il profilo dei canoni ermeneutici legali, la cui violazione è stata invece lamentata dal ricorrente B..

Il quarto motivo del ricorso principale, con cui si censura la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto, è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., seconda parte, per mancata indicazione degli specifici elementi di fatto sui quali verterebbe il denunziato vizio di motivazione, consistente nell’omessa pronunzia sulla domanda subordinata (Cass., sez. unite, 14 ottobre 2008, n. 25.117).

E’ appena il caso di aggiungere, per completezza d’analisi, che tale censura, come pure la successiva, esposta nell’ultimo motivo di ricorso e concernente la violazione di legge nell’omessa valutazione della configurabilità di una promessa unilaterale da parte dell’A.l.e.r., sono all’evidenza assorbite dalla negazione, in punto di diritto, dell’obbligo legale a vendere e, in punto di fatto, dalla necessità di verifica dei presupposti oggettivi (inclusione degli alloggi in questione nel piano di vendita) e soggettivi (possesso dei requisiti di legge, da parte dei conduttori interessati all’acquisto degli alloggi), espressamente fatta salva dall’ente.

Alla luce dell’inquadramento concettuale correttamente delineato in sentenza, non è dunque ipotizzabile un obbligo alla stipulazione dei contratti (i cui presupposti sono, evidentemente, identici a quelli della pronunzia costitutiva, ex art. 2932 cod. civ. già in precedenza esclusi); nè una promessa unilaterale con analogo contenuto, di cui fa difetto proprio la manifestazione di volontà di impegnarsi incondizionatamente.

Entrambi i ricorsi sono dunque infondati e devono essere rigettati;

con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

PQM

Riunisce i ricorsi nn. 9214 e 20122 R.G.2009 e li rigetta;

dichiara estinto il ricorso di O.P.;

condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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