Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15656 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 23/06/2017, (ud. 23/03/2017, dep.23/06/2017),  n. 15656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29687-2015 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNG.RE DEI

MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO NICOLETTI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO TRIBOLO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA CITTA’ DELLA SALUTE E DELLA SCIENZA DI TORINO, in

persona del Direttore Generale pro tempore avv. Z.G.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso

lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PIER FRANCO GIGLIOTTI giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.L., P.P., M.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1045/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 29 maggio 2015 la Corte di appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta da S.E. avverso la decisione del Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta la sua domanda, proposta nei confronti dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) (ora (OMISSIS)) e dei medici G.L., P.P. e M.F., volta ad accertare le loro responsabilità in ordine all’aggravamento della patologia dalla quale era già affetta e all’insorgenza di nuove patologie a seguito dell’intervento chirurgico di neurotomia tibiale effettuato in data 19 gennaio 2004, nonchè alla carenza di consenso validamente prestato allo stesso trattamento chirurgico.

Avverso questa decisione S.E. ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Hanno resistito con controricorso l'(OMISSIS) di Torino, G.L. e P.P.. Ha depositato memoria la ricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta “Violazione o comunque falsa applicazione di norme di diritto ovvero degli artt. 1176, 1218 e 2697 c.c. in ordine alla corretta esecuzione del trattamento chirurgico applicato Art. 360 c.p.c., n. 3” posto che il giudice di appello, a fronte di un aggravamento della patologia (spasticità gamba-piede) verificatasi successivamente all’intervento, ha assolto i sanitari da ogni responsabilità loro ascritta sul solo presupposto della ritenuta sussistenza di una complicanza “non prevenibile e che non deriva da scorretta esecuzione tecnica dell’intervento”. Sottolinea la ricorrente come l’evento complicanza rilevato dalla statistica sanitaria non sia ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza di legittimità per superare la presunzione di responsabilità posta a carico del sanitario a norma dell’art. 1218 c.c. il quale ha l’onere di fornire la prova positiva circa la diligenza tenuta durante l’intervento operatorio (Cass. 30 giugno 2015, n. 13328) nonchè quella del fatto impeditivo e cioè che, pur sussistendo il proprio inadempimento, esso non è stato la causa del danno, con applicazione della regola di ripartizione dell’onere probatorio fondata sul principio di c.d. vicinanza della prova (Cass. 9 novembre 2006, n. 23918). Prova che, a parere della ricorrente, non sarebbe stata fornita posto che anche nella CTU, i periti avrebbero formulato delle mere e generiche ipotesi circa la corretta cautela con la quale gli stessi medici avevano operato, ricercando i rami nervosi da recidere e, pertanto, la decisione impugnata sarebbe erronea laddove in maniera del tutto acritica, condividendo le risultanze della CTU, ha ritenuto l’esecuzione dell’intervento effettuata in maniera corretta.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o comunque falsa applicazione di norme di diritto ovvero degli artt. 1176, 1218 e 2697 c.c. in ordine alla ritenuta corretta esecuzione al trattamento chirurgico applicato di neurotomia tibiale – Art. 360 c.p.c., n. 3” per aver la Corte di appello ritenuto sulla base delle conclusioni della CTU basate su formule dubitative la correttezza della indicazione del tipo di intervento chirurgico effettuato.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta “Violazione o comunque falsa applicazione di norme di diritto ovvero degli artt. 1176, 1218 e 2697 c.c. e degli artt. 12, 13 e 32 in ordine al ritenuto corretto adempimento da parte dei sanitari all’obbligo di raccogliere il c.d. consenso informato al trattamento chirurgico applicato di neurotomia tibiale – Art. 360 c.p.c., n. 3” per avere erroneamente la Corte di appello ritenuto assolto l’onere probatorio incombente sui sanitari e sulla struttura sanitaria di aver raccolto il consenso informato della paziente sull’unico presupposto dell’avvenuta sottoscrizione da parte della S. di un modulo precompilato, nonostante che quest’ultima sin dall’atto di citazione avesse precisato di aver sottoscritto il modulo senza ricevere alcuna specifica indicazione circa il trattamento chirurgico di neurotomia che le sarebbe stato applicato e circa le possibili complicanze che sarebbero potute derivare dalla sua applicazione.

4. Con il quarto motivo lamenta “Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4” per aver la Corte di appello omesso di esaminare uno dei motivi di appello relativo al pregiudizio asseritamente patito dalla S. per il solo fatto di non essere stata adeguatamente informata circa i rischi e le complicanze connessi all’esecuzione dell’intervento chirurgico di neurotomia tibiale.

5. Con il quinto motivo lamenta “Violazione o comunque falsa applicazione di norme di diritto ovvero degli artt. 1176, 1218, 2727 e 2697 c.c. nonchè dell’art. 115 c.p.c. in ordine alla ritenuta mancata prova del nesso causale tra l’omessa specifica informativa circa i rischi e le complicanze connessi all’intervento chirurgico di neurotomia tibiale e la scelta della paziente di sottoporsi all’intervento medesimo – Art. 360 c.p.c., n. 3” per aver la Corte territoriale omesso di porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dai medici e dalla struttura sanitaria convenuti in giudizio risultanti dalla comparsa di costituzione e di risposta depositata dinanzi al giudice di prime cure. In particolare dalle mancate specifiche contestazioni, la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere fornita la prova, anche sulla base di un giudizio presuntivo, che la paziente, se correttamente informata circa i rischi e le complicanze connesse all’intervento chirurgico prospettatole (con il rischio, poi realizzatosi, di rimanere addirittura su una sedia a rotelle) avrebbe ben rifiutato l’intervento chirurgico preferendo rimanere con le sue problematiche di spasticità al piede che, in ogni caso, le consentivano di avere una vita autonoma.

6. I motivi possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione e sono, in parte, inammissibili e in parte, infondati.

6.1. Sono inammissibili quanto alle plurime violazioni di legge lamentate per aver il giudice di appello, da un lato, ritenuto corretta la scelta effettuata da parte dei medici in ordine al tipo di intervento da eseguire e corretta l’esecuzione dell’intervento medesimo e, dall’altro, ritenuto adempiuto l’obbligo di prestazione del consenso informato al trattamento chirurgico effettuato, nonchè per aver ritenuto carente la prova del nesso causale tra l’omessa specifica informativa circa i rischi e le complicanze connessi all’intervento chirurgico e la scelta della paziente di sottoporsi al medesimo.

In particolare la ricorrente, sebbene formalmente denunci plurime violazioni di legge, tuttavia svolge, nella sostanza, argomentazioni dirette a contrastare in punto di fatto la ricostruzione della fattispecie concreta compiuta dal giudice di secondo grado. Al riguardo, va osservato che, secondo la giurisprudenza più che consolidata di questa Corte, il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, contenuta nel provvedimento impugnato, della fattispecie astratta disciplinata da una norma di legge, e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa. L’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è viceversa estranea alla esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura e non anche la prima è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. Sez. U, 05 maggio 2006, n. 10313, Rv. 589877). Dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente risulta chiaro che le plurime violazioni di legge sono state lamentate attraverso la contestazione della ricognizione della fattispecie concreta effettuata dalla sentenza impugnata a mezzo delle risultanze di causa, invocando anche un giudizio presuntivo.

Esse attengono dunque a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte territoriale la quale, con valutazione insindacabile perchè riservata al giudice di merito, ha motivatamente respinto l’impugnazione affermando che nella Consulenza tecnica d’ufficio i periti avevano concluso per la coerenza della indicazione dell’intervento di neurotomia selettiva al caso in esame e che lo stesso risultava essere stato effettuato in modo adeguato e corretto e tecnicamente appropriato e che gli esiti peggiorativi e invalidanti (disestesie e iperalgesie del piede) non derivavano da scorretta esecuzione tecnica dell’intervento, bensì da una complicanza descritta nella procedura chirurgica con una contenuta incidenza, non prevenibile.

Quanto al consenso informato, la Corte territoriale ha inoltre motivatamente ritenuto che fosse stata adeguatamente dimostrata la prestazione del consenso da parte della ricorrente mediante la sottoscrizione del modulo di consenso informato avvenuta il giorno prima dell’intervento e recante la specifica indicazione del trattamento chirurgico che le sarebbe stato praticato, dando debitamente conto della circostanza che inizialmente alla paziente venne prospettato un altro intervento (di radicolomia selettiva), ma che i medici optarono per quello di neurotomia ritenendolo più adeguato al caso da risolvere e che, pertanto, con la sottoscrizione del modulo la paziente avesse dimostrato la propria consapevolezza al cambiamento di scelta in ordine all’intervento cui sottoporsi. La stessa Corte di merito ha, per contro, ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova del fatto che la ricorrente avrebbe negato il consenso all’operazione chirurgica se fosse stata meglio informata delle possibili complicanze operatorie perchè, al contrario, era emerso che la ricorrente all’epoca era decisa ad affrontare i rischi di un intervento chirurgico per tentare di rimediare allo stato di invalidità (spasticità del piede destro in emiplegia post traumatica) dal quale era affetta in conseguenza dell’incidente stradale subìto nel 1995 posto che la terapia fisica e un intervento precedente di allungamento delle strutture tendinee non avevano ottenuto un sostanziale miglioramento.

Dall’inammissibilità delle doglianze sopra illustrate discende l’assorbimento di quella formulata circa la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza del chiesto e pronunciato per aver il giudice di appello omesso di esaminare uno dei motivi di appello relativo al preteso pregiudizio patito dalla S. per il solo fatto di non essere stata adeguatamente informata circa i rischi e le complicanze connessi all’esecuzione dell’intervento.

6.2. I motivi sono infondati nella parte in cui lamentano che la decisione si fondi sul solo presupposto del verificarsi della complicanza. Invero, la Corte di appello ha accertato, seppure con motivazione sintetica, la correttezza dell’operato dei sanitari sulla base degli accertamenti risultanti dall’elaborato peritale stilato dal collegio peritale, dall’esame del quale emergeva che si trattava di un intervento complesso, adeguato al caso concreto ed eseguito diligentemente e in maniera appropriata sotto il profilo tecnico.

Sulla base di tali risultanze, neppure fondata è la doglianza secondo cui il giudice di appello avrebbe ritenuto la correttezza della indicazione del tipo di intervento chirurgico da effettuare sulla base di formule dubitative espresse dai consulenti, i quali, viceversa, avevano dato esaurientemente conto delle ragioni per le quali la neurotomia selettiva era da considerarsi l’approccio chirurgico corretto sia nella prima relazione peritale sia in quella integrativa disposta, espressamente richiamata dal giudice di appello, il quale riteneva in proposito: “la neurotomia periferica praticata come la soluzione preferibile sotto il profilo tecnico in quanto più adatta al caso concreto in cui era interessato un solo arto”.

7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare le spese del giudizio di cassazione in favore dei controricorrenti che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali sino al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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