Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15656 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 04/06/2021), n.15656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21721/2020 proposto da:

J.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Martino

Grasso, giusta procura in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Prefettura di Trapani, nella persona del Prefetto pro tempore;

– intimato –

e

Ministero dell’Interno, nella persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato presso i cui

uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Trapani n. 137/2020,

depositata il 19 giugno 2020, comunicata il 24 giugno 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con ordinanza del 19 giugno 2020, il Giudice di pace di Trapani ha rigettato il ricorso presentato da J.R., cittadino nato in (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Trapani emesso in data 12 febbraio 2020.

2. Il Giudice di pace ha rilevato che il ricorrente aveva avuto conoscenza legale dell’atto impugnato e che era stato tutelato il suo diritto di difesa; che questi era stato condannato per furto aggravato, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate ed evasione, nonchè per inosservanza di un precedente decreto di espulsione; che non risultava provato alcun ricorso presentato per ottenere l’autorizzazione a permanere nel territorio italiano nella qualità di padre convivente di figli minori; che non risultava provata la convivenza con i figli minori e, quindi, il presupposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c); che l’atto impugnato, adottato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. c) e art. 14 era legittimo.

3. J.R. ricorre per la cassazione dell’ordinanza con atto affidato a tre motivi.

4. Le Amministrazioni intimate non hanno svolto difese; il solo Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 7, 5, 5.1, 2, lett. b) e 2 bis, in riferimento alla Direttiva 2008/115/CE; omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, avendo dedotto nel ricorso introduttivo l’omessa traduzione in lingua conosciuta e avendo rilevato il Giudice di pace, in modo del tutto superficiale, che il diritto di difesa era stato garantito; inoltre, poichè gli atti erano stati redatti nella stessa data non vi era stato il tempo di reperire un interprete di lingua madre, nè era dato comprendere quando fosse stata espressa la preferenza in ordine alla lingua veicolare.

1.1 Il motivo, che deve essere riqualificato come omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è fondato, non avendo il giudice di pace accertato il merito della questione oggetto di censura, ovvero l’omessa traduzione del decreto espulsivo, nè i fatti a detti fini rilevanti.

1.2 In proposito, questa Corte ha affermato il principio, ormai consolidato, secondo il quale la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua propria del destinatario determina la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, con conseguente nullità non sanabile del provvedimento, anche in presenza dell’attestazione di indisponibilità del traduttore, qualora la stessa sia motivata con l’impossibilità di reperire un interprete di lingua madre, dovendo, a monte, l’Amministrazione addurre e il giudice ritenere verosimili le ragioni a sostegno della indisponibilità di un testo predisposto nella lingua dell’espellendo, ovvero dell’inidoneità, nel concreto, di tal testo (Cass., 30 ottobre 2020, n. 24015; Cass., 28 maggio 2018, n. 13323; Cass., 23 settembre 2015, n. 18749).

L’accertamento in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto compete al giudice di merito, il quale, a tal fine, deve valutare gli elementi probatori acquisiti al processo, tra cui assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall’interessato nel cd. foglio-notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua nella quale il provvedimento sia stato tradotto (Cass., 30 ottobre 2020, n. 24015, citata; Cass., 15 maggio 2018, n. 11887; Cass., 16 settembre 2016, n. 18268).

1.3 Nel caso in esame, il giudice di pace, rigettando implicitamente la censura prospettata dal ricorrente, ha affermato che J.R. aveva avuto conoscenza legale dell’atto impugnato e che era stato tutelato il suo diritto di difesa, non svolgendo, sul punto, alcun accertamento in concreto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, e dell’art. 8 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per omessa valutazione comparativa del diritto alla vita privata e familiare con l’interesse pubblico alla sua espulsione e la mancata valutazione di un punto decisivo della controversia, ovvero il vincolo affettivo e la sua situazione familiare del ricorrente; che egli era stato raggiunto dal decreto di espulsione dopo un periodo di detenzione durato circa tre anni, era padre di tre minori, tutti nati in Italia e frequentanti la scuola in Italia e che anche la moglie era nata in Italia; che in ragione del propagarsi dell’epidemia COVID-19 non poteva ritenersi giustificativa della legittimità del decreto opposto la mancata dimostrazione di avere proceduto alla richiesta di ricongiungimento per motivi familiari; che in materia di divieto di espulsione per ragioni di coesione familiare era onere dell’autorità amministrativa e poi di quella giurisdizionale esplicitare in concreto le ragioni della sua attuale pericolosità sociale.

2.1 Il motivo è inammissibile, perchè questione nuova proposta per la prima volta in questa sede.

Nel giudizio di cassazione, infatti, non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430) e, in quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041).

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5, per la mancata valutazione di un punto decisivo della controversia, ovvero della condizione dei figli tutti nati in Italia ( L. nel (OMISSIS), A. nel (OMISSIS), E. nel (OMISSIS) e G. nel (OMISSIS)) e della valutazione attuale della pericolosità sociale.

3.1 Il motivo è infondato.

Correttamente il giudice di pace ha affermato che il ricorrente non aveva presentato istanza di autorizzazione a trattenersi in Italia al Tribunale per i minorenni.

Ed invero, il nostro ordinamento, oltre a prevedere l’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, che si fonda sul presupposto dell’esistenza del diritto del minore alla permanenza sul nostro territorio senza perdere, ancorchè soltanto a determinate condizioni, la relazione genitoriale con il cittadino straniero che sia sfornito di un titolo di soggiorno, prevede specifici istituti, a tutela del diritto all’unità familiare, al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28 e ss. solo nell’ambito dei quali e nella sussistenza dei presupposti ivi previsti, può evitarsi l’espulsione.

4. In conclusione, va accolto il primo motivo; l’ordinanza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo e rigetta il terzo; cassa l’ordinanza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia al Giudice di Pace di Trapani, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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