Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15655 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 22/07/2020), n.15655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16941-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso gli Uffici dell’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANGELA RAIMONDO;

– ricorrente –

contro

ITALGAS RETI SPA già SOCIETA’ ITALIANA PER IL GAS G.S., in persona

del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TEODOSIO MACROBIO 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

NICCOLINI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7596/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Roma Capitale impugna l’epigrafata sentenza con la quale la locale Corte d’Appello, rigettandone il gravame, ha confermato l’accoglimento in prima istanza della domanda proposta dalla Soc. Italiana per il Gas intesa ad accertare l’esenzione dalla Cosap degli impianti e delle condutture per la distribuzione cittadina del gas collocati nel sottosuolo comunale e ne chiede la cassazione sulla base di due motivi ai quali resiste l’intimata con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Con il primo motivo di ricorso Roma Capitale censura il capo dell’impugnata decisione che ha ritenuto il gravame inammissibile poichè, sebbene il primo giudice avesse escluso la debenza del canone in applicazione del regolamento approvato con Delib. municipale 25 febbraio 2002, n. 27, art. 19, lett e) (il canone non è dovuto per le “occupazioni effettuate con gli impianti adibiti a servizi pubblici in concessione, sempre che ne sia prevista all’atto della concessione o successivamente la devoluzione gratuita al Comune”), l’appellante aveva omesso di prendere posizione sullo specifico punto motivazionale. Sostiene, viceversa, la parte ricorrente, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che il complesso delle argomentazioni svolte a supporto dell’atto di gravame è assolutamente incompatibile “con la pretesa acquiescenza” che le viene imputata.

3. Il motivo non ha fondamento poichè dalla trascrizione degli stralci del proposto atto di gravame, a cui provvede la narrativa del ricorso, non si evince alcuna contestazione riguardo al fatto decisivo valorizzato in prima battuta dal Tribunale e quindi, non essendo stato fatto oggetto di specifica impugnazione con l’atto in questione, la Corte d’Appello, ha appunto potuto decretare l’inammissibilità del mezzo in quanto esso, contravvenendo al principio di specificità dell’appello, si era astenuto dal rappresentare, accanto ad una parte volitiva intesa ad impugnare la prima pronuncia, anche una parte argomentativa idonea ad incrinarne il fondamento logico-giuridico.

4. Nè d’altronde potrebbe sostenersi il contrario se è la stessa parte ricorrente, nell’illustrare il secondo motivo di ricorso, ad affermare che “solo per un mero difetto di coordinamento la Delib. comunale n. 27 del 2002, nell’introdurre la norma relativa al nuovo criterio di calcolo, non ha espressamente sancito l’abrogazione della disposizioni di cui all’art. 19, lett. e), introdotta nel vigore della precedente normativa”, significando che nell’appellare la decisione difficilmente avrebbe potuto contestare il fatto decisivo da lei stessa riconosciuto.

5. Il secondo motivo investe argomentazione sviluppata dal decidente ad abundantiam, onde difetta l’interesse cassatorio della parte e ne va perciò dichiarata l’inammissibilità.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Spese alla soccombenza e doppio contributo ove dovuto.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 5200,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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