Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15655 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 04/06/2021), n.15655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20995/2020 proposto da:

O.O., rappresentato e difeso dall’Avv. Angelo Ranelli,

giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura della Provincia di

Agrigento, nella persona del Prefetto pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Agrigento n. 725/2019,

depositata il 21 novembre 2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con ordinanza del 21 novembre 2019, il Giudice di pace di Treviso ha rigettato il ricorso presentato da O.O., proveniente dalla Nigeria, avverso il decreto di espulsione dell’Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento emesso il 7 ottobre 2019.

2. Il Giudice di pace ha ritenuto la regolarità formale del provvedimento a firma del vice prefetto, tenuto conto della delega conferita dal Prefetto, e ha rigettato l’opposizione, atteso che dal foglio notizie non risultavano timori espressi dell’istante di essere opposto al rischio di persecuzioni, in conseguenza della situazione del paese di origine, nè tanto meno la posizione dello stesso rientrava nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 21 disciplinante i flussi di ingresso per motivi di lavoro.

3. O.O. ricorre per la cassazione dell’ordinanza con atto affidato a quattro motivi.

4. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a), stante la regolarizzazione della sua posizione nel territorio italiano, essendo stato sottoposto ai controlli di frontiera nel 2013, quando aveva fatto ingresso in Italia, e avendo formalizzato la richiesta di protezione internazionale (poi rigettata), nonchè lavorando e vivendo in un immobile con regolare contratto di locazione; si era pure presentato spontaneamente alla Questura al fine di regolarizzare la propria posizione facendo richiesta di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato in attesa di occupazione.

1.1 Il motivo è inammissibile, perchè censura la valutazione operata dal Prefetto di Agrigento, sollecitando, inammissibilmente, la rivalutazione di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato idoneamente motivato dal Giudice di pace e non è pertanto sindacabile in sede di legittimità.

In ogni caso, questa Corte, quanto alla ricostruzione dei fatti, può esaminare il solo provvedimento impugnato del giudice di merito.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, e il difetto di motivazione e l’omesso esame della produzione documentale lavorativa presentata alla Questura di Agrigento al fine di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o per attesa occupazione (proposta di assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato come confezionatore al fine di valutare l’opportunità di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o per attesa occupazione) richiamata nel primo motivo del ricorso proposto al Giudice di pace.

2.1 Il motivo è infondato.

Il Giudice di pace, infatti, ha affermato, a pag. 3 del provvedimento impugnato, peraltro con una ratio decidendi che non è stata minimamente censurata dal ricorrente, che la posizione dell’opponente non rientrava nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 21 disciplinante i flussi di ingresso per motivi di lavoro.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, non essendo stata valutata la situazione personale del richiedente, in Italia dal 2013 e perfettamente integrato lavorando sempre con regolare contratto al fine di potersi garantire adeguati mezzi di sostentamento e che proprio il giorno in cui era stato emesso e notificato il provvedimento di espulsione (7 ottobre 2019) egli aveva ricevuto un impegno di assunzione con contratto a tempo determinato da parte di un’azienda di (OMISSIS); la pronuncia difettava palesemente di una congrua motivazione e non aveva proceduto ad alcuna disamina, omettendo del tutto di bilanciare l’esigenza espulsiva con quella di tutela della vita privata.

3.1 Il motivo è inammissibile, perchè questione nuova introdotta per la prima volta in questa sede.

Nel giudizio di cassazione, infatti, non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430) e, in quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041).

4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, non essendo stata considerata, in violazione anche del dovere di cooperazione istruttoria, la situazione del paese di origine, che poteva essere motivo di applicazione del principio di non refoulement e nel quale sussisteva il rischio di essere vittima di gravi violazioni dei diritti umani.

4.1 il motivo è inammissibile, perchè censura la valutazione operata dal giudice di merito sulla sussistenza di una situazione di pericolo di persecuzione nel paese di origine, sollecitando, inammissibilmente, la rivalutazione di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato idoneamente motivato dal Giudice di pace, alle pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato, e non è pertanto sindacabile in sede di legittimità.

5. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nessuna statuizione va assunta sulle spese, perchè le Amministrazioni intimate non hanno svolto difese; non si fa luogo al raddoppio del contributo unificato trattandosi di processo esente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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