Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15655 del 01/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/07/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 01/07/2010), n.15655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.V.I.S. (ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI DEL SANGUE) Sezione

Comunale di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUNGOTEVERE DI PIETRA PAPA

185, presso lo studio dell’avvocato DONATI SIMONA, rappresentata e

difesa dall’avvocato LAURO FRANCESCO, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G., F.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA S. COSIMATO N. 30, presso lo studio dell’avvocato

PERRONE CAPANO FABRIZIO, che li rappresenta e difende, giusta delega

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 665/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/03/2006 R.G.N. 1254/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/05/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 1.2/29.3.2006 la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell’impugnazione proposta da A.G. e F.R. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Napoli il 30.3.2003, confermava i decreti ingiuntivi emessi, su istanza dei predetti, per il pagamento del TFR nei confronti dell’AVIS (Associazione Volontari Italiani del Sangue) – Sezione di Napoli, alle cui dipendenze gli stessi avevano lavorato prima del trasferimento alla ASL (OMISSIS).

Osservava la corte territoriale che il trasferimento alle unità sanitarie locali del personale dipendente o convenzionato dei centri trasfusionali gestiti per convenzione dalle associazioni di volontariato, previsto dalla L. n. 107 del 1990, art. 19, non poteva qualificarsi come trasferimento in senso tecnico, e, quindi, come mero mutamento della titolarità del rapporto, ma come nuova assunzione, prevedendo la norma la necessità della proposizione di una domanda ed il superamento di apposito concorso.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’AVIS con due motivi.

Resistono con controricorso A.G. e F.R..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente prospetta violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione alla L. n. 107 del 1990, art. 19 e all’art. 12 disp. gen., osservando che, sulla base del tenore letterale della disposizione, al trasferimento doveva assegnarsi il significato tecnico giuridico proprio dell’espressione e che, pertanto, sia la domanda dell’interessato che lo svolgimento del concorso riservato dovevano considerarsi condizioni sospensive del trasferimento, che una volta verificatesi rendevano lo stesso operante ab initio.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 107 del 1990, art. 19 dell’art. 2112 c.c., dell’art. 177 del Trattato CEE e della direttiva n. 77/187, rilevando come l’art. 19 cit. configurasse un trasferimento di azienda, con conseguente applicabilità della direttiva comunitaria, atteso che, sulla base dell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia, il trasferimento di impresa risulta sussumibile nel campo di applicazione della medesima, ancorchè risulti da decisioni unilaterali delle pubbliche amministrazioni, a condizione che le persone coinvolte in tale trasferimento siano state inizialmente tutelate in quanto lavoratori in base al diritto nazionale.

Il ricorso, i cui motivi, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente, è infondato.

Per come già affermato da questa Suprema Corte in analoga fattispecie (v. Cass. n. 17499/2006), conferimento di personale dei centri trasfusionali alle Unità sanitarie locali (ai sensi della L. 4 maggio 1990, n. 107, art. 19, comma 4, Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmoderivati) non è configurabile come successione del cessionario nel rapporto di lavoro – in quanto è subordinato ad una nuova assunzione, all’esito (favorevole) di concorso riservato esterno- e, peraltro, non è applicabile alla stessa fattispecie la disciplina comunitaria (direttiva Cee del Consiglio n. 77/87 del 14 febbraio 1977 e successive modifiche) e nazionale (art. 2112), che garantisce il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, in quanto i rapporti di lavoro alle dipendenze delle Unità sanitarie locali, all’atto del trasferimento del personale in questione, erano soggetti allo statuto di diritto pubblico e non al diritto del lavoro privato, con conseguente inoperatività della direttiva, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (cfr. sentenza 14 settembre 2000, causa C- 343/98, punti 36-40 ed i precedenti conformi ivi richiamati).

In particolare, merita di essere ribadito come la normativa in esame in esame (L. n. 107 del 1990, art. 19) detta una disciplina affatto differenziata per il trasferimento dei beni (comma 3) e per il trasferimento del personale in servizio alla data del 31.12.1988 (comma 4), prevedendo, con riferimento al trasferimento dei beni, che lo stesso avvenga in conformità alle disposizioni della L. n. 833 del 1978, artt. 65 e 66, con riferimento al trasferimento del personale, che sia effettuato “a domanda dell’interessato”, con l’osservanza di specifici criteri, e subordinatamente al superamento di apposito concorso riservato per titoli ed esami (concorso espressamente qualificato come “concorso di assunzione” nel profilo professionale e nella posizione funzionale risultanti da specifica tabella di equiparazione).

Ne deriva che, con riferimento al trasferimento dei beni ed in virtù della normativa richiamata (L. n. 833 del 1978, artt. 65 e 66), si realizza il trasferimento e la successione del cessionario nella titolarità dei “rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti ed istituti (cedenti) …”, mentre, con riferimento al trasferimento del personale, in assenza di analogo riferimento ed in presenza, anzi, di una espressa regolamentazione, si realizza una evidente soluzione di continuità nel rapporto di lavoro dei dipendenti dei centri trasfusionali, con una netta diversificazione rispetto al personale degli enti mutualistici e delle gestione sanitarie soppresse, nonchè degli enti locali, per i quali la medesima legge (artt. 67 e 68) prevede il trasferimento “alle unità sanitarie locali, nella posizione giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell’ente di provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dall’art. 47, comma 3, numero 3”.

Tabelle di equiparazione che, nel caso del trasferimento del personale dei centri trasfusionali, assolvono la funzione di individuare il concorso di assunzione al quale lo stesso personale può essere ammesso, se in possesso dei prescritti requisiti, mentre, nel caso di trasferimento alle stesse Unità Sanitarie Locali del personale degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppresse, nonchè degli enti locali, assolvono la funzione affatto diversa di individuare la posizione giuridica e funzionale di inquadramento dei dipendenti all’interno dell’ente subentrante nel rapporto di lavoro. Ne resta confermata la specialità della disciplina esaminata che, per come già osservato da questa Suprema corte, appare idonea, proprio per la sua specificità, a derogare alla disciplina generale del nostro ordinamento nazionale (art. 2112 c.c.), nè si pone in contrasto con la disciplina comunitaria (v.

Cass. n. 17499/2006 cit.).

Il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 14,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorario di avvocato, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2010

 

 

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