Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15654 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 15/07/2011), n.15654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Avv. D.C. elettivamente domiciliato in Roma, Via

Barberini n. 86, presso l’avv. SCATENA Ilaria, personalmente

costituito;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Torino n. 884, pubblicato

in data 8 luglio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

maggio 2011 dal Relatore Pres. Ugo VITRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

e, in subordine, per il rigetto nel merito.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 18 giugno – 8 luglio 2008 la Corte d’Appello di Torino rigettava la domanda proposta dall’avv. D.C. con ricorso del 30 novembre 2007 con il quale veniva chiesta la con danna del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 8.000,00 a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo da lui promosso dinanzi al Tribunale di La Spezia con ricorso per decreto ingiuntivo del 19 luglio 2004 e tuttora pendente a seguito di opposizione del debitore. Osservava la Corte che dalla complessiva durata del processo presupposto andava detratto un periodo di dieci mesi e sette giorni a causa del mancato deposito dei fascicoli dell’intimante e che pertanto esso aveva avuto una durata di due anni e diciassette giorni la quale non poteva perciò essere considerata eccessiva.

Contro il decreto ricorre per cassazione l’avv. D.C. con tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si sostiene che il decreto impugnato abbia erroneamente calcolato il termine iniziale del processo presupposto dalla data della notificazione della citazioni in opposizione e non da quella del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

La censura non può trovare accoglimento per la sua portata esclusivamente teorica poichè il ricorrente non allega che il termine di durata del processo calcolato dal decreto impugnato in due anni e diciassette giorni avrebbe superato il termine ragionevole di tre anni aggiungendo ad esso l’intervallo di poco più di quattro mesi intercorso tra la data di proposizione del ricorso per ingiunzione (19 luglio 2004) e quella della notificazione della citazione in opposizione (23 novembre 2004).

Col secondo motivo si lamenta l’erronea detrazione del termine di dieci mesi e sette giorni corrispondente al termine necessario per l’acquisizione dei fascicoli dell’intimante.

Le ragioni esposte nell’esame del motivo che precede valgono ad escludere la fondatezza del motivo in esame in quanto, anche accettando la prospettazione del ricorrente, il processo presupposto non avrebbe superato il termine di durata ordinaria di tre anni.

Con il terzo ed ultimo motivo si censura la disposta condanna al pagamento delle spese giudiziali in base alla considerazione che un processo che è interamente gratuito dinanzi alla Corte di Strasburgo non dovrebbe comportare la condanna del soccombente alle spese nei giudizi promossi dinanzi al giudice nazionale.

La censura è destituita di fondamento poichè, come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento camerale per il riconoscimento dell’equo indennizzo trovano applicazione le disposizioni del codice di procedura civile in tema di disciplina delle spese giudiziali senza che nessun ostacolo provenga dalla Convenzione CEDO e dal Protocollo aggiuntivo poichè resta esclusa l’applicazione analogica delle disposizioni sulle spese vigenti per i procedimenti dinanzi alla Corte di Strasburgo (Cass. 22 gennaio 2010, n. 1101; 30 dicembre 2009, n.27728; 21 ottobre 2009, n. 22305).

In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento e deve essere respinto.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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