Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15653 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 23/06/2017, (ud. 17/03/2017, dep.23/06/2017),  n. 15653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24486-2015 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DOMENICO

CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS),

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 16798/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.G. convenne in giudizio, unitamente ad altri ricorrenti medici, dinanzi al Tribunale di Roma, il Ministero dell’Università Scientifica e Tecnologica, il Ministero della Sanità ed il Ministero del Tesoro chiedendo il riconoscimento del diritto al pagamento della adeguata remunerazione del proprio periodo di formazione specialistica e il risarcimento del danno per il mancato recepimento delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE (coordinate con la direttiva 93/16/CEE).

Il Tribunale respinse le domande perchè prescritte.

La Corte di appello della stessa città, accolse l’impugnazione proposta da V., unitamente agli altri medici, atteso che gli stessi si erano iscritti alle scuole di specializzazione a partire dalla data successiva al 1 gennaio 1983 (quale termine ultimo di recepimento delle direttive comunitarie de quo), ritenendo che l’inizio di decorrenza del termine ordinario di prescrizione dovesse essere individuato nella data di entrata in vigore della L. 19 ottobre 1999, n. 370 e cioè dal 27 ottobre 1999 e liquidando in loro favore la somma di Euro 8.788,55 per ogni anno di corso frequentato.

Avverso questa sentenza, proposero ricorso per cassazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed i Ministeri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della Salute e dell’economia e delle finanze articolato in tre motivi, nonchè proposero due distinti ricorsi incidentali due diversi gruppi di medici – i cui capolista erano: per il primo, A.M.F. e altri e per il secondo, Al.Ma. e altri (tra cui anche l’odierno ricorrente) – articolati, rispettivamente, in due e tre motivi.

Con sentenza 23 luglio 2014 n. 16798 questa Corte, respinti il primo e il secondo motivo del ricorso principale nonchè il primo di quello incidentale, ha parzialmente accolto il ricorso principale, con riferimento al terzo motivo, in esso assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale e cassato la sentenza con rinvio.

Avverso questa sentenza propone ricorso per revocazione V.G.. Non si costituiscono la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nè i Ministeri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo (“Violazione o falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per errore di fatto nell’esame degli atti interni al giudizio, in relazione all’art. 391 bis c.p.c., nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5”) il ricorrente lamenta che la sentenza di cui è chiesta la revocazione sarebbe affetta da errore di fatto consistito nell’avere la Corte di Cassazione del tutto omesso ogni pronuncia sul contenuto del ricorso incidentale da lui proposto, unitamente ad un gruppo di medici il cui capolista era Al.Ma. e nell’aver pronunciato soltanto sul ricorso incidentale proposto dall’altro e diverso gruppo di medici, di cui era capolista A.M.F..

In particolare, si lamenta l’omesso esame di uno dei motivi del controricorso (testualmente riportato cfr. pag. 9-10 del ricorso) con cui il ricorrente contestava, da un lato, il rigetto da parte del giudice di appello della domanda formulata (anche dall’odierno ricorrente unitamente ad altri medici) attinente al corso di specializzazione in “Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio”, rigetto motivato sul rilievo che, essendosi iscritto al rispettivo corso prima del gennaio 1983, non fosse ravvisabile alcun illecito comunitario, non essendo scaduto a tale data il termine fissato dalle direttive oggetto di recepimento; dall’altro, il rigetto “incomprensibile” della ulteriore domanda formulata attinente ad un corso di specializzazione in “Organizzazione dei servizi sanitari di base” svoltosi presso l’Università di Siena nell’anno 1988, quindi ben oltre il termine di recepimento fissato dalla direttiva de qua.

2. Va rammentato, in via generale, che questa Corte ritiene inammissibile il ricorso per cassazione per revocazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4 avverso la sentenza con la quale viene cassata ex art. 384 c.p.c. la decisione del giudice di merito con rinvio ad altro giudice (ipotesi che ricorre nella specie), con l’ulteriore rilevante precisazione secondo cui ogni eventuale rilievo revocatorio può essere fatto valere nel giudizio di rinvio (Cass. 7 novembre 2001, n. 13790; Cass. 20 ottobre 2003, n. 15660; Cass. 25 luglio 2011, n. 16184; Cass. 12 ottobre 2015, n. 20393). Si afferma, in particolare, che “allorquando la sentenza della Cassazione impugnata non abbia deciso nel merito ma abbia, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, rinviato la causa ad altro giudice per l’ulteriore esame della controversia, possano in questa sede di prosecuzione della controversia farsi valere quegli errori di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, relativi anche a vizi processuali” davanti al giudice di rinvio “cui incombe, in ogni caso, la valutazione sul verificarsi di preclusioni o decadenze e/o sulla possibilità di sanatoria delle nullità processuali da effettuarsi sulla base dell’entità delle loro ricadute in termini del rispetto del diritto di difesa delle parti in causa, valutazioni queste che pure con riferimento agli errori di rito abbisognano sovente di accertamenti di fatto e dell’esercizio di poteri istruttori non consentiti in sede di giudizio di legittimità.” (così testualmente: Cass. 25 luglio 2011, n. 16184, con riferimento ad una fattispecie in cui la parte lamentava che a seguito di un errore di fatto sulla esistenza della notificazione del ricorso per cassazione, ritenuta falsamente esistente dalla Corte, quest’ultima aveva dato corso al giudizio di legittimità, senza rilevare l’inesistenza della notifica e l’inammissibilità del ricorso).

Questo orientamento, condiviso dal Collegio, si fonda sul rispetto del principio costituzionalizzato del giusto processo che, con riferimento all’istituto della revocazione, porta a ritenere che la fase della revocazione (ovvero quella rescindente) – più che diretta ad annullare la sentenza impugnata – sia funzionale al riesame globale della controversia al fine di pervenire ad un approdo finale definitivo e non più contestabile della medesima.

Pertanto, l’esclusione dell’ammissibilità della revocazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4 avverso le sentenze di cassazione con rinvio, conformata come sopra meglio chiarito al principio costituzionale del giusto processo, consente l’ammissibilità extra ordinem del recupero nel giudizio di rinvio di ogni questione che normalmente costituirebbe un errore di fatto rilevante ai soli fini revocatori (Cass. 12 ottobre 2015, n. 20393). D’altra parte, ciò appare compatibile anche con la natura di giudizio chiuso del giudizio di rinvio e con la previsione imposta dall’art. 384 c.p.c., comma 2, secondo cui il giudice del rinvio, oltre a doversi uniformare al principio di diritto, deve uniformarsi “comunque a quanto statuito dalla Corte”.

Spetterà pertanto al giudice di rinvio di esaminare la doglianza dell’odierno ricorrente volta a denunciare l’errore di fatto denunciato consistito nell’omessa pronuncia sul contenuto del ricorso incidentale proposto dall’odierno ricorrente assieme ad un gruppo di altri ricorrenti, il cui capolista era Al.Ma..

Ne discende l’inammissibilità del ricorso per revocazione.

3. Nulla per le spese del presente giudizio tenuto conto che gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 17 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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