Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15653 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 15/07/2011), n.15653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sui ricorsi riuniti iscritti ai n.ri 13121 e 16673 del Ruolo Generale

degli affari civili dell’anno 2005 di:

PROVINCIA REGIONALE DI PALERMO ((OMISSIS)), in persona del

presidente

p.t., autorizzato a stare in giudizio da Delib. G.P. 7 marzo 2005, n.

47 ed elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza Dante n. 12,

presso l’avv. Silvio Avellano, rappresentata e difesa, per procura a

margine del ricorso, dall’avv. WOLLEB Adolfo di Palermo;

– ricorrente principale –

contro

SOCIETA’ ITALIANA PER LE CONDOTTE D’ACQUA s.p.a., con sede in

(OMISSIS),

quale conferitaria della Ferrocemento – Rocchi s.p.a. (atto notar P.

Castellini di Roma registrato il 28 luglio 1999), in persona del suo

legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma,

Piazzale Porta Pia n. 121, presso l’avv. Giancarlo Navarra,

rappresentata e difesa dall’avv. CANDIA Vito da Palermo, per procura

a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

ministro in carica, per legge domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi

n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, SEZ. PRIMA CIV.

n. 1334/04, del 17 novembre – 15 dicembre 2004.

Udita, all’udienza del 29 aprile 2011, la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.G. Dr. Elisabetta Cesqui, che conclude

per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La impresa Ferrocemento-Rocchi s.p.a., incorporata in corso di causa alla s.p.a. Società italiana per le condotte d’acqua, con citazione notificata il 27 dicembre 1991 alla Provincia regionale di Palermo, concessionaria della Cassa per il Mezzogiorno, cui è subentrato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per la costruzione della strada di scorrimento veloce (OMISSIS), premesso di avere concluso per tali lavori con la Provincia un contratto di appalto in data 9 settembre 1975, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo l’ente appaltante e chiedeva la condanna della convenuta a pagarle il saldo dei lavori eseguiti e a risarcire i danni per inadempimenti.

Deduceva in particolare che, dopo una prolungata sospensione dei lavori decisa dalla stazione appaltante per problemi connessi a mancanza di finanziamenti dalla concedente, dovevano essere ancora pagate dalla Provincia di Palermo molte somme oggetto di sue riserve nel corso dei lavori, con rivalutazione e interessi ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35; chiedeva poi di dichiarare dovuta la revisione prezzi sui corrispettivi dell’appalto.

Dopo la chiamata in garanzia della Cassa concedente ad opera della convenuta, con sentenza n. 509 del 6 febbraio 2002, il Tribunale accoglieva la domanda, condannando la Provincia regionale di Palermo a pagare all’attrice Euro 454.189,81, somma comprensiva di Euro 357.375,05 per la riserva n. 13, apposta in occasione della sospensione dei lavori di cui alla citazione, e degli interessi legali per i ritardati pagamenti dei lavori dal 4 dicembre 1981 di cui alla riserva n. 2, per i quali l’ente locale doveva Euro 107.865,86; per entrambe tali somme, in primo grado, il Ministero dei lavori pubblici avente causa dell’Agenzia per il Mezzogiorno, era stato condannato a rivalere la Provincia di Palermo degli esborsi conseguenti all’esito del giudizio.

Contro tale pronuncia proponevano autonomi appelli il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti subentrato a quello dei lavori pubblici, in via principale con atto notificato il 13 febbraio 2003 alla Provincia e il 14 febbraio 2003 alla società attrice, e la Provincia di Palermo con atto notificato il 14 marzo 2003, in via incidentale.

In secondo grado l’udienza di prima comparizione era fissata al 22 maggio 2003 e la appellata Società italiana per le condotte d’acqua, avente causa dall’originaria attrice, ha proposto appelli incidentali, entrambi tardivi, nei processi sorti dalle due originarie impugnazioni, con distinte comparse di costituzione del 22 maggio e del 28 maggio 2003, la prima di replica all’appello proposto dal Ministero depositata lo stesso giorno della udienza di prima comparizione e la seconda nei confronti della Provincia, successiva a tale stessa udienza.

Il Ministero nel suo gravame aveva impugnato pure l’ammontare dell’obbligazione garantita, in ordine alla rivalutazione e agli interessi, così investendo la Corte d’appello dell’esame del rapporto controverso tra impresa e Provincia, cui detta somma si riferiva, e rendendo inscindibile la causa da esso instaurata da quella sorta dal gravame della Provincia di Palermo nei suoi confronti e contro l’appaltatrice.

La stazione appaltante con il suo appello autonomo incidentale, aveva censurato il Tribunale per avere riconosciuto gli interessi sul suo debito di Euro 107.856,86, mentre essi erano compresi forfetariamente nel quantum liquidato ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35, impugnando poi la decisione del primo grado in ordine alle riserve 2 e 13 e all’ammontare complessivo dell’obbligazione da ridurre in secondo grado.

La società Condotte d’acqua ha quindi proposto, con distinte comparse di risposta del 22 e 28 maggio 2003, due diversi appelli incidentali, il secondo dei quali è stato dichiarato inammissibile perchè tardivo, in quanto la comparsa di costituzione era successiva all’udienza di prima comparizione e trattazione del secondo grado (in tal senso artt. 183 e 343, cpv. c.p.c.).

Con il gravame precluso la società aveva chiesto anche di ricevere dalla Provincia i pagamenti per riserve diverse da quelle riconosciute e liquidate in primo grado n.ri 2 e 13; tempestivo era stato l’appello della società su tali riserve, “proposto nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione” del Ministero (art. 343 cpv. c.p.c.) con comparsa dello stesso giorno di tale udienza, cioè del 22 maggio 2003.

Con sentenza del 15 dicembre 2004, la Corte d’appello di Palermo, riuniti i gravami e qualificato incidentale quello autonomo proposto dopo l’impugnazione del Ministero dalla Provincia di Palermo, ha dichiarato inammissibile il secondo appello incidentale della società appaltatrice di replica al gravame della Provincia, rigettando nel merito il gravame di quest’ultima sulle riserve n. 2 e 13, per le quali l’ente locale era stato condannato dal tribunale a pagare alla società appellata Euro 454.189,81, negando però che su tale somma fosse dovuta la rivalutazione monetaria e gli interessi sul minore importo di Euro 107.856,58, dovendosi dalla Provincia gli interessi legali sulla somma di Euro 414.189,91. La Corte ha negato il diritto dell’ente locale a rivalersi nei confronti del Ministero per i pagamenti di cui alle riserve n.ri 2 e 13, costituenti risarcimenti derivati da condotte imputabili esclusivamente alla stazione appaltante, con compensazione delle spese del grado tra le parti.

Per la cassazione di tale sentenza, la Provincia regionale di Palermo propone ricorso di due motivi nei confronti dell’appaltatrice e di altri due motivi nei confronti del Ministero delle infrastrutture che non si difende in sede di legittimità; la Società Italiana per le condotte d’Acqua replica con controricorso e impugnazione incidentale di sei motivi, illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente devono riunirsi i due ricorsi contro la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Sul piano logico vanno esaminate anzitutto le questioni prospettate nel ricorso incidentale della Società italiana per le condotte d’Acqua s.p.a..

1.1. Infatti il primo motivo del ricorso incidentale della società censura la sentenza di appello per violazione degli artt. 333, 334 e 343 c.p.c., per avere dichiarato inammissibile il suo appello incidentale contenuto nella comparsa di risposta del 28 maggio 2003 di replica al gravame incidentale autonomo della Provincia regionale di Palermo.

Afferma la società ricorrente che esattamente i giudici di appello hanno affermato che il gravame del Ministero, che aveva impugnato non solo il diritto di rivalsa della Provincia concessionaria nei suoi confronti ma anche l’entità del debito garantito verso la società appaltatrice, aveva determinato la inscindibilità o dipendenza tra le distinte cause dell’appellante nei confronti della Provincia e di questa contro la società appaltatrice, ex art. 331 c.p.c..

Ad avviso della Corte di merito, gli appelli della impresa, anche se proposti separatamente nei confronti del Ministero e della Provincia di Palermo, comunque investivano entrambe le controversie inscindibili sorte dalle impugnazioni delle due controparti e, solo se tempestivamente proposti ai sensi dell’art. 343 c.p.c., erano da considerare ammissibili.

I giudici di merito, definito incidentale ai sensi dell’art. 333 c.p.c., l’appello autonomo della Provincia di Palermo, successivo a quello del Ministero ma proposto entro il termine dell’art. 327 c.p.c. (e comunque anche entro il termine breve dell’art. 325 c.p.c. dalla notifica della impugnazione principale del Ministero), ad avviso della ricorrente, non hanno rilevato l’autonomia delle impugnazioni da loro riunite ai sensi dell’art. 335 c.p.c., da rilevare anche se relative a cause inscindibili.

Solo per effetto della disposta riunione degli appelli del Ministero e della Provincia, si è affermata la tardività del gravame della società rispetto a quello dell’ente locale, ritenendo quindi udienza di prima comparizione e trattazione per ambedue le cause quella del 22 maggio 2003, già fissata dalla impugnazione del Ministero.

1.2. La censura preliminare della società ricorrente contro la inammissibilità del suo appello nei confronti della Provincia di Palermo è infondata.

La Corte di merito ha correttamente ritenuto tempestivo l’appello autonomo della Provincia di Palermo notificato il 14 marzo 2003, successivo alla notifica del gravame del Ministero del 13 febbraio 2003, proposto entro il termine lungo dell’art. 327 c.p.c. e in quello breve di trenta giorni dalla notifica all’ente locale dell’altro gravame riunito al precedente ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Nell’unico processo conseguente alle due cause riunite, sono stati proposti i due gravami della società appaltatrice, che, avendo ricevuto entrambe le impugnazioni delle controparti, non poteva ignorare l’unicità del processo, nel quale intendeva costituirsi (art. 335 c.p.c.) e quindi la tardività dei suoi diversi appelli incidentali nei confronti del Ministero e della Provincia.

I due appelli della società si sono quindi esattamente qualificati entrambi tardivi, perchè proposti oltre i termini degli artt. 325 e 327 c.p.c. dalla società, con le distinte comparse di costituzione e risposta (art. 167 c.p.c. e art. 343 c.p.c., comma 1), una depositata alla prima udienza successiva al gravame del Ministero del 22 maggio 2003, e l’altra invece del 28 maggio dello stesso anno, successiva a tale udienza. La Corte di appello ha dichiarato inammissibile il solo secondo gravame incidentale tardivo della società di cui alla comparsa di risposta alla impugnazione della Provincia; con tale appello si era chiesto dalla società, in ordine alla misura del suo credito, di dare rilievo anche a riserve diverse da quelle n. 2 e 13, uniche ritenute fondate in primo grado e, per tale profilo, ogni questione di merito si è ritenuta preclusa, per essere stata la impugnazione tardiva proposta successivamente alla prima udienza fissata con la citazione in appello in violazione dell’art. 343 c.p.c. (cfr. Cass. 24 gennaio 2011 n. 1567, 5 ottobre 2010 n. 20667, 24 giugno 2008 n. 17032 e 19 gennaio 2007 n. 1188).

Pertanto, il motivo di ricorso dell’appaltatrice sulle denunciate violazioni di leggi processuali dalla Corte d’appello nella dichiarazione di inammissibilità del suo secondo appello tardivo nei confronti della Provincia, è infondato.

Deve comunque rilevarsi che l’interesse alla impugnazione della società appaltatrice per elevare l’entità del suo credito, estendendo la controversia anche a riserve diverse da quelle n. 2 e 13, è sorto da ognuna delle impugnazioni delle controparti sulla misura del debito da pagare alla impresa che in tali atti si chiedeva di ridurre.

A tali impugnazioni l’impresa ha replicato pure con l’appello incidentale, comunque proposto oltre i termini degli artt. 325 e 327 c.p.c. e quindi tardivo, con la comparsa di risposta, ai sensi dell’art. 343 c.p.c., comma 1.

Tale comparsa, con il gravame proposto contro la Provincia, risulta essere stata depositata oltre la udienza di prima comparizione e trattazione fissata negli appelli delle due controparti ai sensi dell’art. 167 c.p.c., in violazione del secondo comma dell’art. 343 c.p.c., pur avendo la società interesse a tale gravame dal momento della sua prima impugnazione comunque tardiva (sull’interesse all’appello incidentale tardivo cfr. S.U. 4 agosto 2010 n. 18049 e 27 novembre 2007 n. 24627).

Il secondo appello della società nei confronti della Provincia di Palermo, si è quindi esattamente ritenuto tardivo e inammissibile, perchè proposto oltre la prima udienza in violazione dell’art. 343 c.p.c..

Tale gravame della società appaltatrice violava anche il principio di consumazione della impugnazione, non potendo essa dedurre con il suo secondo appello contro la stessa sentenza altri motivi di censura, in aggiunta a quelli contenuti nel primo appello, domandando pagamenti non chiesti nella prima impugnazione in rapporto alle riserve iscritte nel corso dei lavori, per le quali la domanda era stata già rigettata in primo grado, con acquiescenza implicita su tali statuizioni non contestate nel primo gravame (sul ritardo dell’appello nel caso, cfr. Cass. 19 aprile 2010 n. 9265).

L’inscindibilità del rapporto processuale sugli obblighi di pagamento comporta che, in rapporto ad essi, unico doveva essere il gravame incidentale della società ricorrente in questa sede (cfr., in tal senso, Cass. 29 gennaio 2007 n. 1825 e 29 novembre 2008 n. 27517), sorgendo l’interesse a domandare gli ulteriori pagamenti già con la notifica della prima impugnazione del Ministero, cui la parte ricorrente ha replicato senza chiedere i corrispettivi pretesi tardivamente con il secondo appello, correttamente ritenuto precluso per essere stato proposto oltre l’udienza di prima comparizione e comunque inammissibile per il giudicato della decisione del Tribunale per l’acquiescenza sul punto del primo gravame.

L’osservazione che precede supera anche la deduzione della società sulla riunione dei più processi decisa in appello, obbligatoria ai sensi dell’art. 335 c.p.c., e successiva alla proposizione dei distinti gravami incidentali della ricorrente, proposti entrambi non solo oltre il termine dell’art. 327 c.p.c., ma anche in violazione dei termini brevi decorrenti dalla notifica dei due appelli del Ministero e della Provincia, prospettando con l’appello precluso censure sul medesimo capo della sentenza per il quale, nella prima comparsa di risposta del 22 maggio 2003, non si erano avanzate pretese, con acquiescenza della ricorrente incidentale alla sentenza del tribunale, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., prospettandosi tali richieste per la prima volta solo nel secondo gravame nonostante l’esaurimento del diritto di impugnare e l’acquiescenza evidenziata con la pregressa impugnazione (cfr. Cass. 6 luglio 2010 n. 15980).

Il primo motivo di ricorso incidentale della società ricorrente è quindi infondato e da rigettare.

2.1. Quanto rilevato in rapporto alla inammissibilità del secondo appello incidentale tardivo della società ricorrente nei confronti della Provincia di Palermo esattamente dichiarato nella sentenza impugnata, comporta l’assorbimento del secondo e terzo motivo di ricorso incidentale della stessa appaltatrice, per la parte in cui denunciano omessa o insufficiente motivazione in ordine alle somme pretese in rapporto alle riserve 13 e 2 con detto secondo appello, nel merito ritenuto precluso per cui le questioni con esso proposte non si sono neppure esaminate e il denunciato omesso esame è giustificato dalla preclusione processuale connessa all’appello tardivo proposto con comparsa successiva alla prima udienza di trattazione.

Altrettanto è a dire per il quarto motivo di ricorso della società appaltatrice e al preteso omesso esame nel merito delle riserve n.ri 1, 6, 7, 8, 10, 11 e 12, che non si sono valutate in secondo grado, in quanto la questione ad esse relativa era stata proposta nell’impugnazione correttamente dichiarata inammissibile.

2.2. Per completezza, appare opportuno completare l’esame del ricorso incidentale della società appaltatrice.

In rapporto alla quantificazione delle somme liquidate per le riserve n.ri 13 e 2 con il primo appello, il ricorso della società appaltatrice è articolato in più punti, anche se deduce in realtà che il computo del dovuto per i danni subiti dall’impresa è errato, per avere la Corte di merito rilevato una mancata prova dall’impresa del pregiudizio per le maggiori somme pretese per la illecita sospensione dei lavori da parte della Provincia.

Anche nelle residue deduzioni, il secondo motivo del ricorso incidentale della società chiede soltanto una valutazione diversa degli elementi di prova del danno, da liquidare in misura maggiore di quanto stabilito nel merito sulla base di una valutazione equitativa delle perdite da reintegrare per equivalente, essendo insufficiente, per la società, la misura del danno presuntivamente accertata e determinata.

La genericità delle deduzioni della ricorrente su tali punti della decisione di merito, diversi da quelli preclusi per la inammissibilità del secondo appello e decisivi a giustificare la pronuncia impugnata, le rende inammissibili, perchè non specifiche e mancanti di autosufficienza nell’individuare i fatti non considerati nel merito neppure indicati (Cass. 21 maggio 2004 n. 9754), essendo tale carenza di indicazione nel ricorso rilevante anche prima della riforma dell’art. 366 c.p.c., di cui alla L. n. 40 del 2006.

Anche per la riserva n. 2, la Corte di merito ha escluso potesse rilevare il primo gravame incidentale ritenuto non precluso in ragione della genericità delle richieste della appaltatrice, che non consentiva di riconoscere altri crediti di questa che anche con il suo ricorso per cassazione non indica fatti concreti che consentano di accogliere la identica sua richiesta di liquidare una maggior somma per la detta riserva già accolta in parte nel merito.

I motivi di ricorso, dal secondo al quarto, della società appaltatrice, per la parte in non ripropongono al giudice di legittimità questioni già ritenute precluse in appello perchè prospettate con il secondo gravame tardivo dell’appaltatrice, chiedono solo un nuovo esame delle riserve iscritte nel corso dei lavori, senza evidenziare con chiarezza e precisione gli errori di valutazione, sul piano giuridico o di fatto, in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel denegare tali ulteriori danni, nè rilevare come e in quale contesto tali pretesi errori emergano dalla motivazione, sulla cui mancanza o insufficienza soltanto può intervenire questa Corte, che non può surrogare i giudici di appello in dette valutazioni, come sembra pretendere la ricorrente società.

Per le riserve 2 e 13, per le parti per cui vi è stato accoglimento parziale della domanda della società, vanno dichiarati inammissibili i motivi di ricorso secondo e terzo di quest’ultima ad esse relativi, non potendo essere oggetto di riesame in questa sede fatti nuovi e mancando nell’impugnativa la indicazione di fatti o punti decisivi non esaminati dalla Corte d’appello, che possa determinare una decisione diversa su quanto dovuto all’appaltatrice (Cass. 18 giugno 2003 n. 9690), mentre per le altre riserve, di cui si chiede la valutazione, la preclusione deriva dalla già rilevata inammissibilità dell’appello tardivo che le riguardava.

2.3. In rapporto agli interessi e alla rivalutazione chiesta con il quinto e sesto motivo di ricorso incidentale della società, è indubitabile la non debenza detta rivalutazione, non solo in quanto si tratta di debiti di valuta ma anche perchè gli interessi riconosciuti, calcolati ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 35, comma 3, sono comprensivi del risarcimento di ogni ulteriore danno, ai sensi dell’art. 1224 c.c., il quale pertanto non compete all’impresa, il cui ricorso per il profilo che precede è infondato e da rigettare (Cass. 30 novembre 2010 n. 24267 e 20 maggio 2005 n. 10692).

Nell’impugnazione si cita in contrario una giurisprudenza (Cass. n. 6208 del 1997) non inerente alla questione proposta ma relativa alla produzione di interessi sugli interessi che non è preclusa, salvo i limiti di legge per l’anatocismo.

3. Con il primo motivo del suo ricorso la Provincia regionale di Palermo, in rapporto alla riserva n. 13, censura la statuizione dalla Corte di merito relativa alla illegittimità della lunga sospensione dei lavori a decorrere dal 1981 per l’esaurimento dei fondi di finanziamento dell’opera.

L’impresa, ad avviso della Provincia, nella prospettiva di un nuovo contratto per gli altri lavori da eseguire per il completamento dell’opera stradale, aveva accettato la chiusura temporanea dei cantieri e la sospensione dei lavori, rimanendo inerte di fronte a quest’ultima in ragione del suo interesse a ottenere il nuovo appalto di completamento del lotto, per cui erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto la sospensione dei lavori un atto autoritativo illecito della committente non assentito dall’appaltatrice.

In secondo luogo, si lamenta, dalla Provincia di Palermo la mancata applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30, comma 2, stante l’evidente interesse pubblico a ottenere l’approvazione della variante dei lavori dalla Cassa del Mezzogiorno, per cui la sospensione avveniva per ragioni d’interesse pubblico ed era necessaria, con conseguente legittimità di essa e irrilevanza della durata eccedente i termini di sei mesi, e con l’ulteriore effetto che essa doveva ritenersi consentita dall’impresa e quindi legittima.

3.2. La Corte di merito ha in fatto accertato che nessuna sospensione concordata dei lavori si è verificata nella concreta fattispecie, rilevando che invano l’appaltatrice aveva domandato di procedere, con lettera del 4 dicembre 1981, alla stesura di un verbale di cessazione concordata dei lavori sottoscritto da committente e appaltatrice solo il 19 febbraio 1990, così evidenziandosi che, già alla prima delle date indicate, la stazione appaltante era consapevole che i lavori non potevano continuare, mentre il pubblico interesse alla loro eventuale prosecuzione doveva valutarsi dalla concedente e non da essa concessionaria, per cui la sospensione mai fu concordata tra le parti del contratto di appalto nè avvenne per ragioni di pubblico interesse o per necessità, e deve quindi ritenersi essere stata illecita con ogni conseguenza anche risarcitoria, come riconosciuto correttamente nel giudizio di merito (Cass. 16 giugno 2010 n. 14574, 5 giugno 2009 n. 12980, 21 giugno 2007 n. 14510).

Pertanto, entrambi i motivi di ricorso della Provincia regionale di Palermo nei confronti dell’appaltatrice devono essere rigettati, perchè infondati, non essendo stata la sospensione dei lavori per cui è causa nè concordata nè nel pubblico interesse e essendosi quindi esattamente definita nel merito illecita.

4. Il ricorso della Provincia regionale di Palermo contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attiene al rapporto di garanzia in favore della ricorrente, assunto da controparte, rapporto che la Corte di merito ha invece denegato e si articola in tre motivi.

4.1. Il primo motivo del ricorso della Provincia deduce l’erronea applicazione dell’art. 345 c.p.c., per non avere la Corte d’appello considerato che l’adesione del Ministero al gravame della Provincia era incompatibile con qualsiasi eccezione di esso sull’azione di rivalsa nei suoi confronti dall’ente locale.

Erroneamente la Corte di merito ha dato rilievo processuale all’appello sulle riserve n. 2 e 13 del Ministero, qualificandolo come eccezione di contrasto alla domanda di rivalsa della Provincia di Palermo, che non risulta peraltro proposta in primo grado e costituisce quindi domanda nuova in secondo grado, preclusa per legge.

Con il secondo motivo di impugnazione, la stessa Provincia denuncia carenze motivazionali della decisione di appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la pronuncia, a differenza di quella del Tribunale, non ha rilevato che l’originaria concessionaria dell’opera pubblica l’ha poi ceduta alla concedente con atto del 24 aprile 1990, dopo che comunque i lavori si erano eseguiti con pregnante controllo della cessionaria nel corso dell’appalto.

Poichè nell’atto di trasferimento dell’opera stradale dalla Provincia alla Cassa per il mezzogiorno, si era convenuto che questa rispondesse delle riserve iscritte negli atti contabili prima del trasferimento dell’opera stessa, a meno che non si fossero riscontrate responsabilità specifiche di “terzi” che, secondo la Corte di merito, non potevano che essere le parti stesse del contratto, e dato che erano emerse responsabilità soltanto a carico della Provincia di Palermo, quest’ultima soltanto si è ritenuta obbligata a pagare le somme pretese per detta causa petendi.

La Provincia lamenta che il richiamo alle responsabilità di terzi nell’atto traslativo di cui sopra, non poteva riferirsi alle parti dell’atto traslativo, ma non chiarisce a quali soggetti la clausola si riferisca e, per tale profilo, il motivo di ricorso è privo di autosufficienza.

Deduce la Provincia di Palermo che la Corte d’appello, in riforma della sentenza del Tribunale, ha escluso ogni responsabilità della concedente nelle cause dei danni di cui alle riserve 2 e 13, imputando alla sola concessionaria appaltante la illegittima sospensione e i ritardi dei pagamenti che essa doveva anticipare, senza rilevare la ingerenza che l’Agenzia per il Mezzogiorno aveva avuto sull’esecuzione dei lavori.

In particolare, non si è considerato che la sospensione fu disposta dal direttore dei lavori scelto dalla concedente, cui la riserva fu comunicata senza che essa intervenisse e comunque che il ritardo era connesso alla variante di progetto approvata con grande ritardo dalla Cassa per il mezzogiorno.

4.2. I motivi di ricorso della Provincia sono inammissibili, per la parte in cui domandano a questa Corte di procedere ad una diversa lettura degli atti di causa per individuare specifiche responsabilità della Agenzia dante causa del Ministero nella disposta interruzione-sospensione dei lavori, per la quale la corte di merito analizza le specifiche responsabilità della stazione appaltante che non ha acconsentito alla chiusura dei lavori chiesta molti anni prima dalla società appaltatrice, dovendosi comunque imputare alla inadeguatezza del progetto originale della strada, sempre imputabile all’ente che l’aveva appaltata, la esigenza della perizia di variante che aveva dato luogo al prolungarsi della sospensione.

In sintesi, è la individuazione di specifiche responsabilità della Provincia, nella determinazione della sospensione dei lavori, illecita e protratta oltre i termini di legge, oltre che nel mancato pagamento in anticipo dalla stazione appaltante di quanto dovuto alla società, che si configura il comportamento inadempiente cui s’è attribuita la responsabilità dei danni, per i quali vi è stata la condanna nel merito dell’ente locale, che nulla può pretendere a titolo di rivalsa dal Ministero per comportamenti che ad essa solo devono imputarsi e che si sono considerati fonte del risarcimento preteso dall’impresa appaltatrice.

Tutti i profili della impugnazione relativa al rigetto della domanda di rivalsa, di cui sin dal primo grado il Ministero chiamato in causa aveva eccepito la improponibilità per una pretesa discrezionalità che esso avrebbe avuto nel rispondere in favore dell’ente locale dei danni connessi all’esecuzione dell’appalto, comporta che il ricorso della Provincia contro l’Amministrazione centrale subentrata all’originaria concedente, deve essere rigettato perchè infondato.

5. In conclusione, i ricorsi riuniti devono tutti rigettarsi e le spese del giudizio di cassazione possono interamente compensarsi tra la Provincia di Palermo e la società italiana per le condotte d’acqua, nulla disponendosi in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, intimato in questa sede che non ha resistito alle impugnazioni delle altre parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi riuniti e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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