Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15653 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 04/06/2021), n.15653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20645/2020 proposto da:

H.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Federica Montanari, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Luca Zanacchi,

in Roma, Viale Bruno Buozzi, n. 68, giusta procura speciale alle

liti redatta su foglio separato allegato al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Prefettura della Provincia di Ravenna, nella persona del Prefetto pro

tempore;

Ministero dell’Interno, nella persona del Ministro pro tempore;

– intimati-

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Ravenna n. 1438/2020,

depositata il 23 giugno 2020, comunicata in pari data;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con ordinanza del 23 giugno 2020, il Giudice di pace di Ravenna ha rigettato il ricorso presentato da H.S., nato in (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Ravenna emesso in data 11 febbraio 2020.

2. Il Giudice di pace ha rilevato che il richiedente, irregolare sul territorio nazionale, aveva presentato istanza per il riconoscimento della protezione internazionale che era stata rigettata in data 18 giugno 2018 per manifesta infondatezza, con la conseguenza che l’efficacia del provvedimento non risultava sospesa ex lege per il deposito del ricorso per cassazione avverso detto provvedimento; che era stata respinta anche la domanda del ricorrente formulata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 sia per la mancanza di un significativo legame affettivo con i due figli minori, sia per i precedenti penali emersi che non offrivano garanzie sulla effettiva capacità di fungere da figura di riferimento valida ed autorevole nei confronti dei figli; che doveva ritenersi sussistente l’attualità della pericolosità sociale, riconosciuta anche dal Magistrato di sorveglianza nell’ordinanza n. 2018/865 dell’11 aprile 2018.

3. H.S. ricorre per la cassazione dell’ordinanza con atto affidato a tre motivi.

4. Le Amministrazioni intimate non hanno svolto difese.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7 perchè alla data della disposta espulsione era stato già proposto ricorso per cassazione avverso la decisione di rigetto della protezione internazionale e che, in pendenza del detto ricorso, l’espulsione del richiedente non poteva essere disposta.

1.1 Il motivo è infondato perchè il ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di rigetto della commissione per manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale non produce la sospensione automatica degli effetti della decisione amministrativa, ostandovi il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 3, lett. c), che la esclude testualmente.

In ogni caso, il ricorso per cassazione avverso il decreto di rigetto del tribunale comunque non ha effetto sospensivo automatico, prevedendo l’art. 35 bis citato, al comma 13, una particolare procedura di sospensione che si svolge, su domanda dell’interessato, davanti al tribunale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 1 e art. 19, comma 4, come modificato dal D.Lgs. n. 12 del 2004, art. 3, comma 1, e della direttiva comunitaria 2004/38/CE, poichè non sussisteva il requisito dell’attualità della pericolosità sociale, avendo egli scontato integralmente la condanna, soggiornando da più di venti anni in Italia con la moglie e i due figli minorenni e risalendo i reati commessi al (OMISSIS); il Giudice di pace non aveva tenuto con considerazione la situazione familiare, l’esistenza di legami con il Paese di origine e l’anzianità della sua presenza in Italia.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè generico.

Ed invero il ricorrente, che peraltro solleva questioni attinenti al rilascio del permesso di soggiorno e dunque non attinenti all’oggetto del presente giudizio riguardante l’espulsione, nulla dice sulle motivazioni poste a fondamento del decreto di espulsione del Prefetto di Ravenna, nè queste si ricavano dalla lettura del provvedimento impugnato, sicchè non è dato comprendere la rilevanza della censura sollevata sulla pericolosità sociale.

Ciò tenuto anche conto che il Giudice di Pace di Ravenna, a pag. 2 del provvedimento impugnato, ha evidenziato che, nel caso in esame, lo straniero era stato destinatario di più provvedimenti negativi che in nessun modo gli avevano riconosciuto una condizione meritevole di tutela.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 29,30,31 Cost.; dell’art. 8 CEDU; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5 e art. 13, comma 2 bis; art. 19, comma 2, lett. c) e art. 31; della direttiva comunitaria 2007/115/CE, non avendo considerato nè il Prefetto di Ravenna, nè il Giudice di pace il fatto che egli aveva, in Italia, il proprio nucleo familiare, composto da moglie e da due figli ancora minorenni, che il giudizio sulla pericolosità sociale andava operato in concreto, al di là della condanna penale che gli era stata inflitta e che andava tenuto conto del grave pregiudizio che sarebbe derivato ai minori costretti a vivere senza la figura paterna e all’unità familiare; che egli, in Italia dal 2000, si era sposato nel (OMISSIS) con E.A.A. (alla quale il 6 dicembre 2016 era stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo) ed era padre di due figli nati in Italia, H. il (OMISSIS) e N.L. il (OMISSIS) e in data 7 agosto 2018 era stato assunto dalla ditta A.P. come operaio con contratto di lavoro fino al 6 luglio 2019.

3.1 Il motivo, che richiama peraltro, plurime disposizioni di leggi non attinenti alla materia dell’espulsione, con riguardo al D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 13, comma 2, lett. c), è inammissibile, perchè questione nuova proposta per la prima volta in questa sede.

Nel giudizio di cassazione, infatti, non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430) e, in quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041).

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nessuna statuizione va assunta sulle spese, perchè le Amministrazioni intimate non hanno svolto difese; non si fa luogo al raddoppio del contributo unificato trattandosi di processo esente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

 

 

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