Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15647 del 23/06/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. III, 23/06/2017, (ud. 10/03/2017, dep.23/06/2017),  n. 15647

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23803-2014 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GALLA E

SIDAMA 49, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FORCINITI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO RUSSO giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ARMADUK SKI SERVICE, in persona del suo legale rappresentante nonchè

titolare della società A.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

ALESSANDRO MAGNI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALESSANDRO GARIBOTTI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 374/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pistoia con cui era stata rigettata la domanda proposta da M.C. nei confronti di A.A., titolare della ditta ARMADUK SKY SERVICE, avente ad oggetto il risarcimento dei danni da lesioni da lui asseritamente subiti in data 7 gennaio 2004, allorchè, noleggiata l’attrezzatura per sciare ed effettuata la taratura degli attacchi degli sci da parte del noleggiatore, era caduto per l’improvviso sganciamento di uno di essi.

La Corte territoriale, confermando la valutazione delle risultanze processuali effettuata dal Giudice di primo grado, ha ritenuto che non fosse stata provata la riconducibilità del pregiudizio lamentato dal M. alla responsabilità del noleggiatore, dal momento che, a norma dell’art. 2043 c.c. l’onere della prova gravava sul danneggiato e che questi non aveva provato, non solo l’omissione dei dovuti controlli prima della consegna degli sci noleggiati, ma anche e soprattutto, che la causa dei due sganciamenti degli sci fosse riconducibile all’errata taratura e non ad altre cause che il CTU aveva ritenuto possibili (derivanti da errori commessi dallo stesso sciatore nell’affrontare malamente un curva o per aver agganciato gli sci lasciando della neve sotto gli scarponi).

Propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, M.C.. Resiste con controricorso A.A., nella sua qualità di titolare della ditta ARMADUK SKY SERVICE. Il ricorrente ha anche depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Va rilevato che il Collegio ha disposto la redazione della presente sentenza in forma semplificata mediante “la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione” in osservanza dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nel testo vigente, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche dettate dalla L. n. 18 giugno 2009, n. 69.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (“violazione dell’art. 2043 c.c., artt. 40 e 41 c.p., art. 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”)) il ricorrente si duole anzitutto del fatto che il giudice di appello “con motivazione alquanto contorta e inficiata da vizi logico giuridici, ha ritenuto di reperire il fondamento della mancata prova della responsabilità dell’appellata nell’applicazione dei principi della prova per presunzioni e degli artt. 40 e 41 c.p. entrambi invocati dall’appellante (!)” ed avrebbe errato “nell’invertire totalmente le conclusioni cui era giunto l’appellato” e, in secondo luogo, lamenta che il giudice di appello non avrebbe posto a fondamento della decisione le nozioni di “fatti non contestati” e di “fatti che rientrano nella comune esperienza” e, infine, non avrebbe ritenuto provato il nesso di causalità, facendo malgoverno sia della teoria della “causalità adeguata” sia dei principi posti alla base della prova per presunzioni e, infine, avrebbe mancato di considerare talune circostanze e testimonianze rese nel corso del giudizio, in base alle quali, al contrario, avrebbe dovuto ritenere provato che la caduta fosse stata causata dalla non corretta taratura degli sci.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Pur denunciando formalmente vizi di violazione di norme di diritto, propone nella sostanza un’inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ritenere provata la sussistenza del danno lamentato e il nesso causale tra questo e la condotta del convenuto (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05 maggio 2006, Rv. 589877). Esso attiene dunque a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal giudice di appello, il quale, con valutazione insindacabile perchè riservata al giudice di merito, ha motivatamente ed in modo adeguato, ritenuto che non fosse stata fornita la dimostrazione della riconducibilità del pregiudizio lamentato al fatto del convenuto.

2. Con il secondo motivo (“omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”)) il ricorrente, dopo aver premesso che avendo la sentenza di appello parzialmente modificato quella di primo grado, accogliendo l’appello incidentale, non sarebbe applicabile il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c., lamenta che non siano stati valutati adeguatamente i fatti aventi ad oggetto le tabelle internazionali previste per la taratura e le implicite ammissioni del CTU.

2.1 Il motivo è parimenti inammissibile.

E’ già stato chiarito che nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, – applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 e dunque anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame, depositata il 2 maggio 2014 quando la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, non può essere dedotto il vizio di omesso esame di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 10 marzo 2014, n. 5528).

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – secondo cui l’art. 348 ter c.p.c., u.c. non sarebbe applicabile poichè la sentenza impugnata avrebbe parzialmente modificato quella di primo grado va evidenziato, per un verso, che la sentenza di appello ha modificato quella del Tribunale soltanto con riferimento alle spese processuali di quel grado che erano state integralmente compensate e, quindi, riguardo ad un capo di domanda fondato sulle stesse ragioni inerenti alle questioni fattuali poste a fondamento della decisione impugnata; invero, la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello incidentale, “a fronte del rigetto della domanda e della mancanza di elementi che potessero far ritenere “un probabile difetto di taratura degli sci in questione” (per usare le testuali parole della sentenza impugnata)”, ha condannato il soccombente al pagamento delle spese di primo grado; per l’altro, va pure evidenziato che la decisione della Corte territoriale ha condiviso la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di prima istanza e il ricorrente, oltre a non aver dedotto la diversità del giudizio di fatto posto a fondamento delle decisioni di merito, ha piuttosto lamentato l’omessa considerazione di elementi istruttori decisivi ad una diversa ricostruzione del fatto secondo la propria prospettazione.

3. Con il terzo motivo (“violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto una parte della motivazione (quella in virtù della quale la Corte di appello di Firenze ha accolto l’appello incidentale) contiene “un contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, ma soprattutto è “perplessa ed obiettivamente incomprensibile”)) il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nell’accogliere l’appello incidentale, lo abbia incomprensibilmente condannato al pagamento delle spese di primo grado che, viceversa, erano state compensate dal Tribunale in considerazione dell’emerso probabile difetto della taratura degli sci in questione.

3.1. Il motivo è del tutto inammissibile.

Il ricorrente, pur dolendosi formalmente di un vizio di violazione di legge, oltre a non indicare la disposizione violata, nella sostanza deduce un vizio motivazionale, invocando quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. civ., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 7 aprile 2014, RRvv. 629830 e 629833) che consente il controllo sulla motivazione solo con riferimento al parametro dell’esistenza e della coerenza e non più anche con riferimento al parametro della sufficienza.

Nella vicenda in esame devono escludersi vizi riconducibili alla incoerenza della motivazione (sotto il profilo della sua perplessità, dell’obiettiva incomprensibilità o della sussistenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili) atteso che, al contrario, la Corte di merito ha esaustivamente dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto, in base alla regola della soccombenza, di condannare il ricorrente alle spese di primo grado, ritenendo il dubbio espresso dal primo giudice (il quale aveva ritenuto di compensare le spese “essendo comunque emerso un probabile difetto della taratura degli sci in questione”) non giustificato sia in relazione alla accertata infondatezza della domanda sia alla mancanza di elementi che potessero far ritenere un probabile difetto di taratura, stante la mancata applicazione del criterio di riparto della responsabilità derivante dal concorso del fatto colposo del creditore.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA