Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15646 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/07/2016, (ud. 18/11/2015, dep. 27/07/2016), n.15646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4320-2013 proposto da:

A.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VLALE

LIEGI 49, presso lo studio dell’avvocato CARLO ARNULFO, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.L.;

– intimata –

AVVERSO la sentenza n. 3543/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Nel giudizio di primo grado, tenuto dinanzi al Tribunale di Roma, a seguito dell’opposizione promossa da D.L. nei confronti dell’avv. A.L. avverso alcuni decreti ingiuntivi emessi dallo stesso Tribunale per l’attività professionale da questa espletata per conto della società Bitrepair, deducendo il riempimento contra pacta dei fogli interessati, il Tribunale adito, nella resistenza della convenuta, accoglieva l’opposizione, ponendo a fondamento di tale conclusione il tenore delle dichiarazioni del teste dedotto dall’opponente, e per l’effetto revocava i decreti ingiuntivi emessi.

Avverso la sentenza n. 5941 del 2011 proponeva appello l’avv. A. deducendo l’erroneità della sentenza pronunciata dal giudice di prime cure, per non aver preso in considerazione alcune affermazioni contenute nella testimonianza fondante la pronuncia in discorso, e al contempo per non aver ritenuto rilevanti le altre testimonianze acquisite. La corte di appello di Roma, riteneva l’infondatezza del gravame, e con sentenza n. 3543 del 2012 confermava la decisione di primo grado.

Con ricorso notificato il 31 gennaio 2013, l’avv. A.L. ha impugnato per cassazione la richiamata sentenza della Corte capitolina prospettando un solo motivo di ricorso con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

D.L. è rimasta intimata in sede di legittimità.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “Con l’unica censura dedotta la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., oltre che violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, per avere il giudice del reclamo fondato la pronuncia di rigetto del gravame esclusivamente sulla testimonianza favorevole alla odierna resistente, escludendo irragionevolmente la rilevanza probatoria dei fatti addotti dagli altri testi escussi, che espressamente contraddicevano l’assunto dell’opponente, la quale riportava di aver firmato dei fogli ancora in bianco.

Il motivo prima che infondato appare inammissibile.

La Corte territoriale, nel rigettare le rimostranze dell’appellante, ha sostenuto l’irrilevanza della circostanza inerente la preesistenza o meno della compilazione del foglio al momento dell’apposizione della firma, ravvisando l’oggetto del contendere nel riempimento contra patta dell’atto in questione.

Inoltre lo stesso giudice di merito si è pronunciato in merito alla critica inerente la mancata utilizzazione delle altre testimonianze, riscontrandone la genericità, per non avere l’appellante esplicitato le ragioni della maggiore attendibilità delle altre prove acquisite. Orbene la ratio decidendi dell’irrilevanza del momento compilativo della dichiarazione de qua non risulta minimamente aggredita dalla ricorrente, che con le sua censura tende esclusivamente ad un sindacato sulla valutazione delle prove, non consentito a questa Corte, impedendo alla stessa di pervenire ad un più incisivo controllo sulla correttezza del percorso nomentativo del giudice per mancato esame di circostanza logicamente e giuridicamente pregiudir4ale, fattispecie che avrebbe dovuto essere specificamente confutata, nella sua correttezza, attraverso argomentazioni contrastanti e risolutive.

Al riguardo questa Suprema Corte si è espressa nel senso che il difetto di impugnazione di una circostanza avente carattere pregiudiziale, quale nel caso di specie la preesistente (o meno) compilazione dell’atto da cui derivare la responsabilità della resistente per le obbligazioni assunte, inibisce una trattazione della ratio non criticata, con la conseguenza che, divenuto incontestabile l’accertamento di tale premessa, la questione non può essere rimessa in discussione con l’impugnazione degli altri capi della pronuncia, essendo al riguardo ogni indagine preclusa (Cass. 14 luglio 2011 n. 15508).

In definitiva, si ravvisa la sussistenza degli elementi che consentono la trattazione della causa con rito camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., stante la possibile manifesta infondatezza del ricorso.”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche da parte ricorrente, sono condivisi dal Collegio e conseguentemente il ricorso va respinto.

Non avendo parte intimata svolto difese in sede di legittimità, nessuna pronuncia va adottata sulle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del CIT. ART. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 18 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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