Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15645 del 22/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 22/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 22/07/2020), n.15645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5967-2019 proposto da:

ACETO GROUP SNC DI F.R.,

F.R., in proprio e nella qualità di legale rappresentante

della Società elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CESI

21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TORRISI, rappresentati

e difesi dagli avvocati MARIA CLARA CICONTE, LUIGI AMATO;

– ricorrenti –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SNC DI F.R., in persona del

Curatore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ERNESTO GIARDINO;

– controricorrente –

contro

COMM.CEMENTI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 109 presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA,

rappresentata e difesa dall’avvocato COSMO MARIA GAGLIARDI;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 41/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata 111/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza n. 23/2018, il Tribunale di Cosenza ha dichiarato il fallimento della s.n.c. (OMISSIS) di F.R..

Avverso la sentenza hanno proposto reclamo ex art. 18 L. Fall., la società fallita e il socio F.R..

Con sentenza depositata l’11 gennaio 2019, la Corte di Appello di Catanzaro ha respinto il reclamo.

2.- La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che nel caso in esame il “verbale di liquidazione risulta essere stato iscritto nel registro delle imprese in data 17 giugno 2017 e la sentenza di fallimento emessa in data 13 giugno 2018, nel termine dunque di un anno previsto dall’art. 10 L. Fall.”; che la valutazione delle “ragioni d’urgenza, che giustificano l’abbreviazione del termine per la comparizione del debitore, può essere compiuta anche d’ufficio”; che il “ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1 “; che la “mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del socio illimitatamente responsabile”, se può importare la nullità della dichiarazione di fallimento di questi, comunque “non si riflette sulla validità della pronuncia emessa nei confronti della società”.

La stessa ha poi osservato – a fronte del rilievo dei reclamanti che il ricorso per fallimento era stato notificato a termine ormai scaduto – che, quand’anche a volere ritenere (in via di mera ipotesi) ammessa la circostanza di fatto, “ciò porterebbe soltanto a dover sanare nella presente sede il vulnus al diritto di difesa avvenuto nel corso del giudizio di primo grado e non alla declaratoria di nullità richiesta dal ricorrente”.

Quanto infine alla contestazione portata dai reclamanti alla documentazione prodotta dalla Comm. Cementi s.r.l. in liquidazione al fine di mostrare la sussistenza della propria posizione creditoria e quindi la sua legittimazione a presentare l’istanza fallimentare, la Corte calabrese ha riscontrato che, a prescindere da ogni altro rilievo, risultava non incassato uno degli assegni tratti dalla società poi fallita a favore della Comm. Cementi. Con la conseguenza – si è aggiunto – che la qualità di creditore di quest’ultima società non poteva essere messa in discussione.

3.- Avverso questo provvedimento la s.n.c. (OMISSIS) e il socio F.R. ricorrono per cassazione, affidandosi a tre motivi

Resistono, con distinti controricorsi, il Fallimento dell'(OMISSIS) e la s.r.l. Comm. Cementi.

4.- I ricorrenti hanno anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Con il primo motivo, i ricorrenti assumono “violazione degli artt. 148 c.p.c., e artt. 15,9,22 e 10 L. Fall.”.

Essi sostengono che “nel caso di specie, la “sequenza” stabilita dal citato art. 15 L. Fall., è stata volata. L’ufficiale giudiziario non si è recato presso la sede dell’impresa risultante dal registro delle imprese”: “il risultato dell’omissione è la nullità della notifica”. Perciò – si prosegue – la “Corte di Appello avrebbe dovuto applicare l’art. 354 c.p.c., e quindi revocare il fallimento dichiarato dal Tribunale di Cosenza”: anche d’ufficio, perchè tali sono i “vizi indicati dall’art. 353 c.p.c.”.

6.- Il motivo è inammissibile

Occorre premettere, in proposito, che – nel corso del giudizio del reclamo – gli attuali ricorrenti non hanno sollevato la relativa eccezione, secondo quanto dagli stessi è stato ammesso in sede di memoria (p. 5). Essi, tuttavia, fanno valere il motivo in questione, sostenendo la rilevabilità d’ufficio del vizio che assumono venga ad affettare il procedimento notificatorio del ricorso per fallimento.

Tale tesi non merita condivisione.

Il reclamo avverso la sentenza dichiarativa possiede effetto devolutivo pieno, ma nei limiti delle allegazioni espresse nel reclamo stesso (cfr., tra le altre, Cass., 25 gennaio 2018, n. 1893).

7.- Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano “violazione degli artt. 148 c.p.c., artt. 15,18,922 e 10 L. Fall.”.

Ad avviso dei ricorrenti, nel concreto la notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento è tardiva, non potendosi tenere conto della correzione irritualmente apposta in sede di deposito presso la casa comunale (“al 4 è stato sovrapposto un 1”). Nè può ritenersi corretta – così si aggiunge – la decisione della Corte di Appello, che ha ritenuto “sanata” la tardiva notifica “sulla base del fatto che il debitore (rimasto contumace in primo grado) abbia possibilità di difendersi compiutamente in appello”: questa decisione non è conforme alle “norme da applicare per il procedimento fallimentare e il conseguente reclamo”, che sono “sensibilmente differenti da quelle che regolano il processo di cognizione rito ordinario”.

8.- Il motivo non può essere accolto.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento proposito ai sensi dell’art. 18 L. Fall., laddove lo stesso sia fondato esclusivamente su vizi di rito (nella specie, l’inosservanza del termine dilatorio di comparizione di cui all’art. 15 L. Fall.), senza la contestuale e rituale deduzione delle eventuali questioni di merito, e i vizi denunciati non rientrino tra quelli che comportino una rimessione al primo giudice, tassativamente indicati dagli artt. 353 e 354 c.p.c.” (Cass., 21 giugno 2018, n. 23155; ivi, pure ulteriori riferimenti).

9.- Col terzo motivo, i ricorrenti si dolgono della “violazione dell’art. 6 L. Fall., artt. 214,216,221 c.p.c., artt. 2697,2712,2719 c.c. e art. 111 Cost.”.

Ritengono i ricorrenti che la s.r.l. Comm. Cementi, soggetto che ha presentato l’istanza per la dichiarazione di fallimento, non sia creditore della società fallita. “Una volta che la (OMISSIS) aveva disconosciuto le firme apposte” sui documenti prodotti al riguardo dalla Comm. Cementi” – così si argomenta avrebbero “dovuto essere le controparti a dichiarare che intendevano valersi di quelle scritture. Ma tale dichiarazione non risulta essere stata fatta”.

D’altro canto – si aggiunge -, il procedimento di verificazione delle scritture private, di cui all’art. 214 c.p.c. e ss., è ben compatibile con la struttura del procedimento di reclamo ex art. 18 L. Fall.

10.- Il motivo è inammissibile.

Il procedimento ex art. 214 c.p.c. non si applica in sede fallimentare (cfr. Cass., n. 1494/2014), va notato in proposito. D’altra parte, la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia la sussistenza di elementi di segno contrario al disconoscimento, sia comunque l’irrilevanza del medesimo, stante la presenza di una distinta ricognizione di debito, per sottoscrizione di un assegno di Euro 18.000,00 da parte della odierna resistente; assegno poi rimasto insoluto.

11.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.100.00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, a favore di ciascuno dei contro ricorrenti.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2020

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