Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15643 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/07/2016, (ud. 22/10/2015, dep. 27/07/2016), n.15643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7959-2014 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato LUIGI BRIENZA, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 27/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA

dell’1/10/2013, depositato l’08/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/10/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Luigi Brienza difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.P. con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Perugia chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dei danni morali derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio avente ad oggetto il diniego della pensione privilegiata, di cui al Decreto n. 904 del 26.11.1979, iniziato dinnanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania con ricorso del 10 febbraio 1980, deciso con sentenza di rigetto depositata il 31 marzo 2009.

L’adita Corte d’appello, respingeva la domanda, ritenendo che il giudizio fosse stato proposto dal ricorrente nella consapevolezza della sua infondatezza, avendo egli dedotto una dipendenza da causa di servizio di patologia, otite, della quale aveva dichiarato egli stesso all’anamnesi di essere affetto già in epoca antecedente all’arruolamento, sicchè nessun paterna d’animo il ricorrente poteva aver subito per effetto del protrarsi del giudizio stesso.

Per la cassazione di questo decreto il G. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 3, nonchè degli artt. 24 e 101 Cost. e degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, oltre a vizio di motivazione, per non avere la corte di merito tenuto conto che il diritto all’equa riparazione non è subordinato alla fondatezza delle pretese o delle eccezioni sollevate nel processo presupposto che ha avuto durata irragionevole.

I due motivi giacchè censurano la medesima circostanza in fatto, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono fondati alla stregua dei rilievi che seguono. Nella giurisprudenza di questa Corte il diritto all’equa riparazione è escluso per ragioni di carattere soggettivo: a) nel caso di lite temeraria (v. fra le tante, Cass. n. 28592 del 2011; Cass. n. 10500 del 2011 e Cass. n. 18780 del 2010), cioè quando la parte abbia agito o resistito in giudizio con la consapevolezza del proprio torto o sulla base di una prete sa di puro azzardo; b) nell’ipotesi di causa abusiva (cfr. tra le tante, Cass. n. 7326 del 2015; Cass. n. 5299 del 2015; Cass. n. 23373 del 2014), che ricorre allorchè lo strumento processuale sia stato utilizzato in maniera distorta, per lucrare sugli effetti della mera pendenza della lite; e c) in tutte le ipotesi in cui la specifica situazione processuale del giudizio di riferimento dimostri in positivo, per qualunque ragione, come la parte privata non abbia patito quell’effettivo e concreto pregiudizio d’indole morale, che è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo (v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 7325 del 2015).

Da ultimo, inoltre, il comma 2-quinquies, aggiunto alla L. n. 89 del 2001, art. 2 dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. a), n. 3), convertito in L. n. 134 del 2012, ha previsto, con elencazione da ritenersi non tassativa, talune ulteriori ipotesi di esclusione dell’indennizzo, in presenza delle quali il giudice non dispone di margini d’apprezzamento della fattispecie.

Tra queste non rientra quella della manifesta infondatezza della domanda.

Pur precisando che nella specie non trova applicazione il dato positivo attuale (ratione temporis), i precedenti indirizzi di questa Corte si confermano nel senso che solo se qualificata dal requisito ulteriore di temerarietà o di abusività la domanda manifestamente infondata osta al riconoscimento di un’equa riparazione.

La Corte di merito si è allontanata da tale ricostruzione della disciplina, estendendo (in difetto di un adeguata previsione normativa o di orientamento giurisprudenziale) il divieto d’indennizzo all’ipotesi di manifesta infondatezza della domanda.

Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che nel procedere ad un rinnovato esame di merito, pur nella vigenza della originaria disciplina, si atterrà al principio di diritto di seguito esposto: “in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, l’indennizzo è escluso per ragioni di carattere soggettivo nell’ipotesi di lite temeraria, di causa abusiva o nel caso ricorrano altre ragioni che dimostrino in positivo la concreta assenza di un effettivo pregiudizio d’indole morale. Non vi rientra il caso della manifesta infondatezza della domanda, la quale, ove non qualificata dall’ulteriore requisito di temerarietà o di abusività della lite, costituisce null’altro che il giudizio critico o di verità che la sentenza di merito esprime sulla postulazione contenuta nella domanda stessa”.

Al giudice di rinvio è rimesso, ai sensi dell’art. 385, 3 comma c.p.c., anche il regolamento delle spese di cassazione.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso;

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione Civile, il 22 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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