Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15642 del 09/07/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15642 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia
delle
Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro
itk
Studio Legale Associato Passante Filippini
intimato
–
avverso la sentenza n. 70/19/2009 della Commissione
Tributaria regionale dell’Emilia Romagna,
depositata il 24/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 9/04/2014 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, nei confronti
dello Studio Legale Associato Passante Filippini
(che non resiste), avverso la sentenza della
Data pubblicazione: 09/07/2014
Commissione
Tributaria
n.
Romagna
Regionale
70/19/2009,
dell’Emilia-
depositata
in
data
24/09/2009, con la quale, in una controversia
concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto
opposto
dall’Ufficio
all’istanza
di
rimborso
dell’IRAP versata negli anni dal 1999 al 2004,
stata riformata la decisione di primo grado, che
aveva respinto il ricorso del contribuente.
che lo Studio Legale Associato non risultava
assoggettabile ad IRAP, in difetto di
terzi”
e di
“compensi a
“somme del canoni di locazione
finanziaria per beni mobili”,
essendo “irrilevanti”
le spese di ammortamento per acquisto di beni
mobili, essendo evidenziata, dalle voci relative ai
consumi,
“una scarsa organizzazione di beni e di
strumenti ulteriori rispetto all’attività “intuitus
personae”
ed essendo state utilizzate sede e
strutture altrui.
Considerato in diritto.
1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con
il
primo motivo, la violazione e falsa
applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.2
e 3 d.lgs. 446/1997, non avendo i giudici d’appello
rilevato che l’esercizio in forma associata di una
professione liberale è circostanza di per sé idonea
a far presumere l’esistenza dell’autonoma
organizzazione rilevante ai fini IRAP; con il
secondo motivo, la stessa ricorrente invoca un
vizio di insufficiente motivazione della pronuncia
circa un fatto controverso e decisivo, ex art.360
n. 5 c.p.c., non avendo i giudici d’appello
specificato le ragioni per le quali avevano
ritenuto superabile la presunzione di sussistenza
dell’autonoma organizzazione, limitandosi ad
2
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
utilizzare espressioni generiche ed apodittiche.
Le due censure, da trattare congiuntamente, sono
fondate.
Questa
Corte
ha
da
ultimo
precisato
(Cass.1575/2014) che “in tema di imposta regionale
sulle attività produttive, l’esercizio in forma
associata dell’attività di amministratore di
condominio, sebbene senza dipendenti o
esiguo valore, è circostanza di per sé idonea a far
presumere l’esistenza di una autonoma
organizzazione di strutture e mezzi, nonché
dell’intento di avvalersi della reciproca
collaborazione e delle rispettive competenze,
ovvero della sostituibilítà nell’espletamento di
alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il
reddito prodotto non sia frutto esclusivamente
della professionalità di ciascun componente dello
studio e, conseguentemente, debba essere
assoggettato all’IRAP, a meno che il contribuente
non dimostri che tale reddito è derivato dalla sola
attività del singoli associati”
(cfr. Cass.
24058/2009, 17136/2008, 13570/2007).
Ora, i giudici della CTR, basando le fonti del loro
convincimento su espressioni generiche e lacunose
(l’irrilevanza delle spese di ammortamento per
acquisti di beni mobili, la “scarsa organizzazione
di beni e strumenti ulteriori”),
non hanno seguito
il principio per cui l’esercizio in forma associata
di una professione liberale è circostanza di per sé
idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma
organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non
di particolare onere economico, nonché dell’intento
di avvalersi della reciproca collaborazione e
competenze, ovvero della sostituibilità
3
collaboratori e, comunque, con beni strumentali di
nell’espletamento di alcune incombenze, sì da
potersi ritenere che il reddito prodotto non sia
frutto esclusivamente della professionalità di
ciascun componente dello studio, cosicché
legittimamente il reddito dello studio associato
viene assoggettato all’imposta regionale sulle
attività produttive (IRAP), a meno che il
contribuente non dimostri che tale reddito è
professionale dei singoli associati.
Come chiaramente evidenziato da questa Corte
(Cass.13570/2007), è
“da presumere che
l’associazione, atteso lo scopo della medesima, sia
dotata di strutture e mezzi (immobili, mobili,
arredamenti, macchinari, servizi, collaboratori),
ancorché non di particolare onere economico” e deve
ritenersi che
“lo scopo della pattuizione
dell’esercizio associato di una professione
intellettuale sia anche quello di avvalersi della
reciproca collaborazione e competenza, ovvero anche
della sostituibilità nell’espletamento di alcune
incombenze (Cass. 6636/1987)”,
con l’effetto di
escludere l’autonomia organizzativa meramente
soggettiva e personale di qualsiasi esercente una
professione intellettuale, configurandosi invece
un’
“autonoma organizzazione oggettiva
dell’attività abitualmente esercitata idonea a
far presumere che il reddito prodotto non sia
frutto esclusivamente della professionalità di
ciascun componente dello studio, bensì di detta
organizzazione associativa, costituita proprio per
potenziare la produzione di ricchezza (VAP) a
vantaggio degli associati, presupposto dell’IRAP
(valore della produzione netta, costituito dalla
differenza tra i ricavi – o compensi dell’attività
4
effettivamente derivato dal solo lavoro
t
– e i costi della medesima)” (cfr. Cass.24058/2009;
Cass.1575/2014).
Nella specie, si verte appunto della richiesta di
rimborso dell’IRAP versata dallo Studio associato
tra professionisti (e non dal singolo associato) e
doveva essere quindi superata, con relativo onere
della prova a carico del contribuente che chiedeva
il rimborso, la presunzione secondo la quale il
organizzata, era stato almeno potenziato e non era
quindi derivato dal solo lavoro professionale dei
singoli associati.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere accolto e la sentenza impugnata deve essere
cassata e, non essendovi necessità di ulteriori
accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va
respinto il ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese processuali del giudizio di merito,
considerato il consolidarsi della giurisprudenza di
legittimità successivamente alla proposizione del
ricorso introduttivo, vanno integralmente
compensate tra le parti.
Le spese processuali del presente giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo del contribuente; dichiara le
spese
del
giudizio
di
merito
integralmente
compensate tra le parti; condanna la parte intimata
al rimborso delle spese processuali del presente
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi
2.300,00, a titolo di compensi, oltre rimborso
forfettario spese generali ed eventuali spese
5
reddito ricavato dalla struttura, così come
prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 9/04/2014.