Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15641 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 04/06/2021), n.15641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17160/2020 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Michele Pizzi, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via del Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3998/2019 della Corte d’appello di Milano

depositata il 2/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/4/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Milano, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c., del 14 gennaio 2019, rigettava il ricorso proposto da M.S., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

2. La Corte d’appello di Milano, a seguito dell’impugnazione del richiedente asilo, constatava la mancanza di alcuna specifica censura all’ordinanza del primo giudice riguardo al riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria e comunque rilevava che la situazione attuale del Bangladesh, pur in presenza di un’elevata minaccia terroristica anche nei confronti degli stranieri, non rientrava nella fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), a mente del quale è necessaria la sussistenza di un conflitto armato.

Non era neppure concedibile, inoltre, la protezione umanitaria, perchè i fatti riferiti, oltre a non essere credibili, non integravano i presupposti per la concessione di alcun tipo di tutela.

3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 2 ottobre 2019, ha proposto ricorso M.S. prospettando due motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, assume la nullità della sentenza impugnata, ex art. 161 c.p.c. e denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1-bis e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nonchè la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis: il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria – in tesi di parte ricorrente – sarebbe illegittimo per violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria ed a causa del carattere apparente, generico o insufficiente della motivazione, al cui interno manca la specifica indicazione delle fonti consultate rispetto al paese di provenienza.

La Corte di merito, inoltre, si sarebbe limitata a fornire indicazioni approssimative sul paese interessato dalla domanda, non indicando a quando risalivano le fonti consultate ed omettendo quindi qualsiasi riferimento all’attuale situazione di instabilità e violenza presente nel territorio del Bangladesh.

5. Il secondo motivo di ricorso adduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 T.U.I. e denuncia l’illegittimità del mancato riconoscimento della protezione umanitaria a causa dell’omessa valutazione della documentazione prodotta.

La sentenza impugnata non avrebbe tenuto in alcun conto il livello di integrazione e radicamento raggiunto dal migrante nel paese di accoglienza, comprovato dallo svolgimento di un’attività lavorativa, nè avrebbe effettuato alcuna comparazione di tale situazione con quella a cui il migrante sarebbe andato incontro in caso di rimpatrio, in ragione del rischio di violazione dei diritti fondamentali.

6. La Corte di merito ha espressamente rilevato (a pag. 6) che “in sede di appello non è stata addotta alcuna specifica censura all’ordinanza del primo giudice riguardo al riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria”, così ribadendo in termini più ampi quanto detto in precedenza (a pag. 5) rispetto al fatto che l’appellante avesse “chiesto genericamente il riconoscimento della protezione nelle sue forme sulla base della situazione di violenza generalizzata e quindi della situazione di instabilità in cui si trova il suo Paese di origine”, con una domanda “inammissibile per la sua genericità” ed anche infondata.

Questa constatazione di inammissibilità dell’appello per la sua genericità, in violazione quindi del disposto dell’art. 342 c.p.c., è accompagnata da argomenti che disattendono nel merito la domanda di protezione sussidiaria, stante l’assenza di una violenza indiscriminata con situazioni di conflitto armato, e umanitaria, per la non credibilità del racconto del migrante e comunque perchè “i fatti riferiti non integrano i presupposti per la concessione di alcun tipo di protezione”.

Ora, ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione (Cass. 11675/2020).

Nel caso di specie nessuna contestazione è stata mossa alla valutazione di genericità dell’appello in punto di riconoscimento della protezione sussidiaria e umanitaria, malgrado la stessa costituisca la vera ragione della decisione.

Sono invece inammissibili entrambi i motivi proposti, che si appuntano su argomentazioni di merito ininfluenti – come detto – ai fini della decisione e prive di effetti giuridici.

7. In forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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