Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1564 del 23/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 1564 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 5075-2014 proposto

da:

PRO PIETRO, CIOPIRRI ROSSANA, domiciliati ex lege in
ROMA,

presso

la

CANCELLERIA

DELLA CORTE

DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
PIETRO PRO anche difensore di sé medesimo, giusta
procura speciale in calce al ricorso;

ricorrenti –

contro
2017
2278

PENTAIR WATER ITALY SRL in persona del suo
amministratore delegato Dott.ssa LAURA COLAMARTINO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CASALE
STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato ENRICO
GAMBA, rappresentata e difesa dall’avvocato

Data pubblicazione: 23/01/2018

ALESSANDRO TARDUCCI giusta procura speciale a margine
del controricorso;
ACE EUROPEAN GROUP LTD già ACACE INSURANCE SA NV, in
persona del legale rappresentante pro tempore Dott.
PAOLO SALOMONE, elettivamente domiciliata in ROMA,

ROSARIA GALELLA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DANIELE DISCEPOLO giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 79/2014 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 08/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI;

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VIA PASUBIO 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA

Rilevato che:
Pietro Pro e Rossana Cipirri convennero in giudizio innanzi al
Tribunale di Frosinone Pentair Water Italy s.r.l. (già S.I.A.T.A. s.r.I.) e
Ace Insurance SA-NV (poi Ace European Group ltd.) chiedendo il
risarcimento del danno. Espose la parte attrice che, all’esito della
rottura di depuratore nell’ottobre del 1983 con inondazione

dell’indennizzo da parte di società assicuratrice dopo che la stessa
aveva effettuato la perizia, era stato promosso giudizio risarcitorio nei
confronti della venditrice del depuratore DH20 e di Reliance Insurance
Company conclusosi con sentenza che aveva accolto la domanda nei
confronti della venditrice e rigettato quella nei confronti di Reliance,
che garantiva solo S.I.A.T.A. s.p.a., società produttrice della valvola
del depuratore. Aggiunse che la Corte di appello di Roma con
sentenza n. 990 del 1999 aveva dichiarato la nullità della sentenza di
primo grado limitatamente al rapporto con la venditrice e confermato
per il resto la sentenza. Il Tribunale adito rigettò la domanda, sulla
base della ritenuta prescrizione quanto all’azione extracontrattuale
proposta nei confronti del produttore e del difetto di legittimazione
passiva della società assicuratrice del produttore non essendo
prevista l’azione diretta del danneggiato. Avverso detta sentenza
proposero appello Pietro Pro e Rossana Cipirri. Con sentenza di data 8
gennaio 2014 la Corte d’appello di Roma dichiarò inammissibile
l’appello.
Osservò la corte territoriale che ricorreva il difetto di
legittimazione passiva non instaurandosi alcun rapporto diretto fra
danneggiato ed assicuratore del danneggiante e che nell’atto di
appello non era stata considerata l’argomentazione del Tribunale
secondo cui la prima domanda di risarcimento non era idonea ad
interrompere la prescrizione in quanto promossa nei confronti di un
soggetto diverso ritenuto responsabile e nei confronti della società

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dell’immobile di proprietà degli attori e della mancata corresponsione

assicuratrice priva di legittimazione passiva. Aggiunse che in
mancanza di identità soggettiva nei due giudizi non poteva opporsi il
giudicato.
Hanno proposto ricorso per cassazione Pietro Pro e Rossana
Cipirri sulla base di quattro motivi e resistono con distinti
controricorsi Pentair Water Italy s.r.l. (già S.I.A.T.A. s.r.I.) e Ace

sensi dell’art. 375, comma 2, cod. proc. civ.. E’ stata presentata
memoria.

Considerato che:
con il primo motivo, rubricato come difetto di legittimazione
passiva, osservano i ricorrenti che l’assicuratore, dopo che
nell’immediatezza dell’evento dannoso un incaricato dell’assicuratore
si era recato sul posto per le operazioni tecnico-contabili, con
comportamento concludente quanto alla gestione del sinistro, aveva
autorizzato i danneggiati ad asportare quanto residuato non più
recuperabile e aveva asportato ed occultato la valvola del depuratore,
con intento fraudolentemente proteso alla sottrazione dalla
responsabilità risarcitoria e che non comprensibile era il passaggio
della sentenza n. 990 del 1999 ove si affermava che non erano
ravvisabili conseguenze pregiudizievoli nel comportamento
dell’assicuratore. Aggiungono che la responsabilità risarcitoria
incombeva anche sul produttore.
Il motivo è inammissibile, sotto più profili. In primo luogo non
risultano indicate le norme di diritto su cui il motivo si fonda ai sensi
dell’art. 366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., né tali norme sono
identificabili sulla base dell’articolazione del motivo. Si fa invero
riferimento ad una responsabilità risarcitoria dell’assicuratore ma non
si indica il titolo della responsabilità. In secondo luogo la censura si
basa su una serie di circostanze di fatto rispetto alle quali non vi è il
corrispondente accertamento del giudice di merito sicché, in

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European Group ltd.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai

mancanza della denuncia di un vizio motivazionale, lo scrutinio del
motivo comporta un’indagine di merito preclusa nella presente sede
di legittimità. In terzo luogo la critica viene svolta nei confronti della
sentenza emessa nel corso di altro giudizio. In quarto luogo la ratio
decidendi della sentenza impugnata, secondo cui non vi è alcun
rapporto diretto fra danneggiato ed assicuratore del danneggiante,

all’assicuratore, sicché per tale aspetto il motivo è privo di decisività.
Con il secondo motivo, rubricato come prescrizione, osservano i
ricorrenti che non era maturata la prescrizione quinquennale,
richiamando le date relative sia al primo che al secondo giudizio
nonché le norme di cui agli artt. 2943 e 2947 cod. civ.
Il motivo è inammissibile. Osservano i ricorrenti che,
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, era
intervenuta l’interruzione della prescrizione. La censura attiene al
giudizio di fatto del giudice di merito che nella presente sede di
legittimità è impugnabile solo mediante la denuncia del vizio
motivazionale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.,
nella specie non proposto. Inoltre il giudice di appello, condividendo
la statuizione del giudice di prime cure, ha affermato che la prima
domanda di risarcimento non era idonea ad interrompere la
prescrizione in quanto promossa nei confronti di un soggetto diverso
ritenuto responsabile e nei confronti della società assicuratrice priva
di legittimazione passiva. Tale ratio decidendi non risulta impugnata
sicché il motivo è anche privo di decisività.
Con il terzo motivo, rubricato come violazione del principio ne bis
in idem, osservano i ricorrenti che la fondatezza dei due precedenti
motivi determina l’infondatezza dell’eccezione di violazione del
principio ne bis in idem.
Il motivo è inammissibile, in primo luogo perché, essendo
esplicitamente basato sulla fondatezza dei primi due motivi, una volta

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non risulta incisa dalla attribuzione di responsabilità risarcitoria

che questi siano dichiarati inammissibili perde il proprio presupposto
e dunque l’inammissibilità dei primi due motivi si riflette sul terzo
motivo. In secondo luogo non risulta impugnata la ratio decidendi
secondo cui in mancanza di identità soggettiva fra il presente giudizio
e quello precedente non poteva opporsi il giudicato. Per tale aspetto il
motivo è quindi privo di decisività.

proc. civ., i ricorrenti denunciano la radicale infondatezza della
decisione impugnata per essere totalmente estranea alla vicenda in
questione, essendo stata promossa azione ai sensi dell’art. 2043 cod.
civ., senza alcun riferimento a contratti assicurativi o rapporti
obbligatori.
Il motivo è inammissibile. Affinché possa utilmente dedursi in
sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un
lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o
un’eccezione autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che tali
domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro
esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio
dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto
difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano
state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo
luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività
(fra le tante Cass. 4 marzo 2013, n. 5344; 17 agosto 2012, n.
14561). L’onere processuale non risulta assolto.
In secondo luogo i ricorrenti denunciano quale omessa pronuncia
su domanda l’infondatezza della decisione sotto il profilo della errata
qualificazione della domanda, che secondo l’assunto di parte
ricorrente dovrebbe corrispondere all’illecito aquiliano. In tal modo
però non si denuncia l’omessa pronuncia, ma l’erroneità della
pronuncia in punto di sussunzione nella norma del fatto costitutivo
della domanda.

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Con il quarto motivo, rubricato come violazione dell’art. 112 cod.

Infine il motivo difetta di specificità, e dunque non raggiunge lo
scopo della censura della sentenza, perché non è chiaro se la censura
attinga entrambi i rapporti processuaq o solo un rapporto
processuale (ed in tale ipotesi non sì comprende se la censura sia
indirizzata alla statuizione relativa al rapporto con il produttore o a
quella relativa al rapporto processuale con l’assicuratore).

seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna í ricorrenti al
pagamento, in favore di ciascuna delle parti controrícorrenti, delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,
agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello

dovuto per
1 3.

r\COrSO, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo

Le spese del giudizio di cessazione, liquidate come in dispositivo,

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