Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15638 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 27/07/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 27/07/2016), n.15638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24222-2012 proposto da:

M.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

ANTONINI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO NUNZI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

N.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

ANGELETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITO

VANNUCCI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 249/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/04/2012 R.G.N. 1818/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5/7-21/8/2007 il Tribunale di Livorno, sul ricorso proposto da M.R. nei confronti di N.S. volto a conseguire il superiore inquadramento nel 3^ livello c.c.n.l. studi professionali ed il pagamento di conseguenti differenze retributive oltre a competenze per lavoro straordinario, indennità sostitutiva ferie, ratei di tredicesima e quattOrdicesima mensilità nonchè t.f.r., respinta la domanda di superiore inquadramento, condannava il convenuto alla corresponsione in favore dell’attrice, della somma di Euro 50.515,49.

Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte d’appello di Firenze che con sentenza 11/4/2012 respingeva la domanda. A fondamento del decisum, per quanto in questa sede rileva, la Corte osservava che la M. aveva sottoscritto un atto di transazione e rinuncia in data 26/9/02. Considerato che, nelle premesse, la lavoratrice aveva dato atto di talune circostanze, quali la durata del rapporto, la qualifica rivestita (impiegata di 5 e 5 livello) e l’orario di lavoro osservato, la Corte di merito richiamava i principi elaborati in sede di legittimità secondo i quali le dichiarazioni di scienza inerenti a situazioni di fatto, inserite in atti transattivi, rivestivano valore confessorio, formando piena prova contro la parte che tali dichiarazioni aveva reso.

Avverso tale decisione interpone ricorso per Cassazione M.R. affidato ad unico motivo.

Resiste l’intimato con controricorso illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2732 e 2733 c.c. e art. 2735 c.c., comma 2 in riferimento all’art. 2113 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si lamenta che la Corte territoriale abbia tralasciato di considerare che i principi giurisprudenziali invocati a sostegno del decisum, non possono rinvenire applicazione nell’ambito del rapporto di lavoro, che trova la propria precipua disciplina nell’art. 2113 c.c. secondo cui le rinunce e transazioni in materia non sono valide e la relativa impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza, nel termine di sei mesi.

Si critica altresì la sentenza impugnata per aver tralasciato di considerare che in un contesto transattivo, le circostanze di fatto che caratterizzano gli accordi, non possono recare un contenuto confessorio, mancando l’animus confitendi, incompatibile in ipotesi, quale quella propria del rapporto di lavoro, in cui manchi una situazione di effettiva parità fra le parti. In tale prospettiva, la dichiarazione resa in ordine alla durata del rapporto di lavoro ed all’orario osservato, non rappresentano una circostanza di fatto, bensì “una concessione (reciproca) da parte del lavoratore per raggiungere l’accordo transattivo”.

Il motivo è privo di pregio.

Ed invero, secondo i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, che vanno qui ribaditi, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda, è necessario trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza in ossequio al principio di autosufficienza (non essendo compito della Corte stessa quello di ricercarlo autonomamente), ed occorre altresì precisare la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili (fascicolo d’ufficio o di parte), provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (vedi ex plurimis, Cass. 19/8/2015 n. 16900, Cass. 15/7/2015 n. 14784).

Occorre altresì rimarcare come tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postuli che si individui non solo dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, ma anche, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che esso sia prodotto in sede di legittimità (confronta, fra le altre, Cass. 14/3/2013 n. 6556, Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28547).

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto.

Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto dello stesso. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Nella specie, l’atto transattivo oggetto della interpretazione resa dalla Corte distrettuale e criticata dalla odierna ricorrente, non risulta trascritto integralmente nel suo contenuto, nè la ricorrente indica se sia stato ritualmente prodotto nel giudizio di merito, in quale parte del fascicolo lo stesso sarebbe rinvenibile, e se sia stato ritualmente prodotto anche nella presente sede di legittimità.

In definitiva, alla luce delle argomentazioni sinora esposte, il ricorso, va disatteso.

Il governo delle spese del presente giudizio segue il principio della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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