Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15636 del 15/07/2011

Cassazione civile sez. I, 15/07/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 15/07/2011), n.15636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosari – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Q.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Monte Zebio

28, presso gli avvocati Bernardi Giuseppe e Francesco Paolo Fiore,

che lo rappresentano e difendono per procura in atti;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO S.M.E.T. s.r.l., in persona del curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Tommaso Campanella 11 presso

l’avv. Patrizia Titone, rappresentato e difeso dall’avv. Messinese

Dante per procura in atti,

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 170/07 del 16

giugno 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 gennaio 2011 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito, per il controricorrente, l’avv. Dante Messinese;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che si è riportato alla relazione in atti.

Fatto

LA CORTE

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. Q.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti del Fallimento s.r.l. SMET avverso la sentenza n. 170/07 del 16 giugno 2007, con la quale la Corte di appello di Lecce ha respinto l’appello dello stesso Q. avverso la sentenza del Tribunale di Taranto in data 19 novembre 2004, che – in accoglimento della domanda del Fallimento che aveva convenuto in giudizio il Q., quale amministratore delegato della società SMET fallita, per chiederne la condanna al risarcimento dei danni conseguenti a molteplici violazioni degli obblighi finalizzati alla tutela dell’integrità del patrimonio sociale – aveva condannato il Q. a corrispondere al Fallimento la somma di Euro 550.149,64, oltre a rivalutazione, interessi e spese;

1.1. il Fallimento intimato ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 omesso esame di elementi decisivi, nonchè mancato esame di un intero mezzo di impugnazione e di documenti decisivi e si duole che la Corte di merito non abbia esaminato il quinto mezzo di gravame, con il quale erano stati censurati i criteri di liquidazione del danno da parte del Tribunale;

– con la seconda doglianza, denunciandosi violazione di legge e vizio di motivazione insufficiente, contraddittoria, inconferente o omessa, si censura la sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto illegittima l’appostazione contabile del credito verso un precedente amministratore della società, senza esplicitare la ragione del credito nella relazione al bilancio al 31 dicembre 1985, così creando un espediente teso a giustificare la mancata consegna di valori di cassa da parte dello stesso pregresso amministratore;

– con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora violazione di legge, delle norme e dei principi che presiedono all’interpretazione dei contratti e vizio di motivazione insufficiente, contraddittoria, inconferente o omessa, criticando la interpretatio legis resa dalla Corte di merito con riferimento all’appostazione pluriennale in bilancio degli oneri pubblicitari;

– con il quarto e ultimo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia ovvero di motivazione insufficiente circa lo stesso, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere la Corte di merito ritenuto che un amministratore di società commerciale, che abbia omesso di prendere atto del verificarsi di una causa di scioglimento della società, possa, senza altro accertamento o disamina, essere condannato al risarcimento del danno, commisurato senza spiegazioni, allo sbilancio passivo riscontrato in sede fallimentare;

3. appare opportuno esaminare prima, per ragioni di priorità logica, il secondo e il terzo motivo;

– il secondo motivo appare inammissibile, in quanto, per quanto concerne la denunciata violazione di legge, i quesiti di diritto formulati ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, si risolvono nel mero e generico interpello della Corte in ordine alla censura così come illustrata ed alla violazione di determinate norme di legge, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339); con riferimento al prospettato vizio di motivazione, il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in ordine al quale la motivazione sarebbe mancante o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di dette ragioni possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897); inoltre con un unico motivo è stata dedotta genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dall’art. 366 bis c.p.c. (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652);

– il terzo motivo appare inammissibile, quanto alla formulazione del quesito di diritto e alla prospettazione del vizio di motivazione, per le medesime considerazioni svolte con riferimento al secondo motivo; inoltre la censura in ordine all’interpretazione della transazione è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato nel ricorso il testo della transazione, e perchè comunque la Corte di merito ha posto a fondamento della sua decisione sul punto anche ulteriori considerazioni, rispetto alla valutazione della natura “tombale della transazione”, rispetto alle quali il ricorrente non ha formulato censure sintetizzate nei quesiti di diritto; il quarto quesito di diritto relativo al terzo motivo appare inammissibile, in quanto non attinente al decisum sul punto del provvedimento impugnato, che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non ha affermato che il patrimonio sociale sia stato depauperato da violazioni formali, ma ha posto anche tali violazioni a fondamento della responsabilità dell’amministratore;

– il primo motivo appare inammissibile, in quanto l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3 o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto, ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello; la mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro “ex actis” dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (Cass. 2004/12475; 2006/1755; 2007/1196); con riferimento al prospettato vizio di motivazione, inoltre, il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura con la chiara indicazione del fatto controverso in ordine al quale la motivazione sarebbe mancante o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti; – il quarto motivo appare inammissibile in quanto non attinente al decisum della sentenza impugnata, che si è pronunciata sulla responsabilità dell’amministratore, ma non anche sulla sui criteri di liquidazione del danno; il quesito di diritto formulato appare comunque inammissibile per le medesime considerazioni svolte in relazione ai quesiti del secondo e del terzo motivo;

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi in precedenza formulati, si ritiene che il giudizio possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”; B) osservato che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle argomentazioni difensive svolte in detta memoria dal ricorrente medesimo; che tali argomentazioni, oltre a riguardare soltanto i motivi da due a quattro, ma non anche il primo motivo, non forniscono comunque elementi di giudizio che non siano già stati valutati nella relazione stessa e non conducono a differenti conclusioni, concretizzandosi nella mera obiezione, non accompagnata da una valutazione critica delle argomentazioni contenute in detta relazione, che i quesiti di diritto formulati sono pertinenti e specifici e corrispondono al modello legale delineato dall’art. 366 bis c.p.c., mentre nessuna ulteriore considerazione è stata svolta dal ricorrente in ordine ai rilievi riguardanti le modalità di prospettazione dei dedotti vizi di motivazione;

ritenuto che le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso e che le spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo in relazione al valore della causa (domanda risarcitoria di L. 1.065.222.768), seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente Q.G. al pagamento in favore del controricorrente Fallimento S.M.E.T. s.r.l. delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2011

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