Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15634 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. I, 04/06/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4550/2019 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione rappresentato

dall’Avv.to Anna Lombardi Baiardini, del Foro di Perugia;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Ministero Dell’interno Commissione

Territoriale Ric. Prot. Int. Firenze Sez. Perugina;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata il

19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/01/2021 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Perugia sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 19/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Perugia in ordine alle istanze avanzate da S.I. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto era stato aggredito da alcuni uomini a lui sconosciuti mandati da un comproprietario del terreno del padre il quale ne rivendicava la proprietà esclusiva ed intendeva ucciderlo.

Il Tribunale di Perugia in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8 ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito riteneva trattarsi di vicenda privata e negava il ricorrere di uno stato – peraltro non dedotto dal ricorrente – di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nonchè una situazione di elevata vulnerabilità individuale.

Avverso il decreto del Tribunale di Perugia il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e memoria. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,3,4,5,6,7,8,14, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8 e 32, riguardo al mancato esercizio dei poteri istruttori in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, nonchè omesso esame di un fatto decisivo in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 3, 8 e 32, art. 5, comma 6, lett. C) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria e non ha valutato il processo di integrazione del richiedente asilo nel nostro paese.

I due motivi di ricorso sono inammissibili in quanto contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale e sollecitano un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

In riferimento poi ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. A) B), il ricorrente non ha allegato fatti dai quali possa desumersi il pericolo di condanna a morte o trattamento disumano o degradante per cui deve essere esclusa la protezione sussidiaria di cui alle lettere A) e B).

In ordine al dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, relativo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine occorre considerare che il Tribunale territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo puntualmente motivato, sulla base di informazioni tratte da molteplici fonti specificamente indicate,in ordine alla situazione del sistema di polizia e giudiziario della Costa D’Avorio, del quale il ricorrente ingiustificatamente non si era avvalso.

In ordine poi alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13, convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass. S.U. 2019/29460) il ricorrente censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente.: tuttavia il ricorrente, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

La documentazione medica prodotta è stata esaminata dal giudice di merito il quale ha ritenuto – senza ricevere specifiche censure – che le patologie accertate ben possono essere seguite e curate nell’ambito del sistema sanitario ivoriano.

Con riguardo poi alle violenze subite nel paese di transito prima dell’arrivo in Italia, ossia in Libia, si deve ribadire che “nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008)nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese” (Cass. 15 maggio 2019, n. 13096; 6 dicembre 2018, n. 31676; 20 novembre 2018, n. 29875);

Non risulta, infine, neppure essere stata specificamente dedotta nel giudizio di merito una effettiva integrazione sociale e lavorativa in Italia del richiedente, alla quale del resto anche il ricorso per cassazione fa solo generico riferimento.

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese stante la mancanza di attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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