Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15626 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/07/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29771-2011 proposto da:

M.M., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 22, presso l’avvocato PIERPAOLO

PASSARO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

INNOCENZO D’ANGELO, DANIELA ARCIPRETE, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASIER, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l’avvocato

MARIO ETTORE VERINO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GABRIELE MASO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2016/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato D’ANGELO che si riporta;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato VERINO che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 3.3.1982, il Comune di Casier cedette in proprietà a M. e M.G. un lotto di terreno compreso in area PEEP per il prezzo soggetto ad eventuale conguaglio in riferimento al costo di acquisizione dell’area e le opere di urbanizzazione primaria, che il Comune avrebbe sopportato in esito alla procedura espropriativa, conclusa con atti di cessione volontaria, soggetti, anch’essi, a conguaglio.

Con ordinanza ingiunzione, ex R.D. n. 639 del 1910, resa esecutiva il 22.3.1994, il Comune chiese il pagamento del conguaglio, pari a Lire 9.622.929, ad V.E., erede di M.G., ed a M.M. e quest’ultimo propose opposizione, eccependo la prescrizione del credito e chiedendo, in subordine, la declaratoria di nullità dell’ordinanza ingiunzione, perchè il corrispettivo dovuto agli espropriati in sede di cessione volontaria era stato accertato sulla scorta di un giudizio arbitrale, esperito in base ad una clausola compromissoria che non poteva essere a lui opposta. Il Tribunale adito rigettò l’opposizione e la decisione, per quanto d’interesse, fu confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, secondo cui: a) il termine decennale di prescrizione non decorreva dalla data dell’atto e neppure dalla data della sentenza 223 del 1983 della Corte Cost., che aveva dichiarato illegittima la disciplina di cui alla L. n. 385 del 1980, estranea al rapporto tra le parti, ma aveva iniziato il suo decorso con la Delib. G.M. 21 maggio 1992 che aveva approvato la definizione del contenzioso relativo al costo di acquisizione delle aree, la cui comunicazione, ricevuta dai M. il 3.7.1992, aveva comunque interrotto il decorso prescrizionale; b) il conguaglio in seno all’atto di acquisto dell’area era stato pattuito per assicurare al Comune un corrispettivo corrispondente al costo di acquisizione delle aree e delle opere di urbanizzazione, secondo la previsione di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 35 e gli acquirenti M. non erano legittimati ad interloquire in ordine alla procedura di espropriazione ed agli atti di cessione volontaria che la avevano definita a monte.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso M.M. con due motivi, ai quali il Comune resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura la statuizione sub a) della narrativa per violazione dell’art. 2935 c.c.. Il dies a quo del termine di prescrizione, afferma il ricorrente, va individuato nella data di conclusione del contratto, tenuto conto che eventuali difficoltà o problemi relativi alla determinazione del conguaglio dovuto dal Comune ai cedenti costituiva una mera quaestio facti inidonea ad incidere sul decorso prescrizionale.

2. Col secondo motivo, si denuncia la violazione degli artt. 1321 e 1372 c.c., oltre che vizio di motivazione, in relazione alla statuizione sub b) della narrativa, per avere la Corte ritenuto legittima la determinazione del conguaglio sulla scorta di una clausola compromissoria contenuta in un contratto non richiamato in quello da lui stipulato e perciò a lui inopponibile.

3. L’eccezione d’inammissibilità del primo motivo ex art. 360 bis c.p.c. è infondata, in quanto lo scrutinio ai sensi della menzionata norma impone, secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU n. 19051 del 2010), il rigetto per manifesta infondatezza, e non la declaratoria d’inammissibilità, del ricorso carente di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuta la sentenza impugnata.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per comodità espositive, sono infondati.

5. Si legge nell’impugnata sentenza che il costo di acquisizione delle aree da parte dell’odierno ricorrente era soggetto a conguaglio L. n. 865 del 1971, ex art. 35 in riferimento a quello che il Comune avrebbe dovuto versare ai proprietari espropriati giusta atto in data 14.1.1981 Francia Notaio (oltre agli oneri di urbanizzazione), il cui ammontare non era esattamente determinabile, per la declaratoria d’illegittimità dei criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione di cui alla sentenza n. 5 del 1980 della Corte Cost. Intervenuta, poi, la sentenza n. 223 del 19 luglio 1983 d’incostituzionalità della L. n. 385 del 1980 (che aveva reintrodotto, in via provvisoria e salvo conguaglio, i criteri di determinazione dell’indennità analoghi a quelli previsti dalla L. n. 865 del 1971, art. 16, già dichiarati costituzionalmente illegittimi, per quanto riguarda le aree fabbricabili, con la citata sentenza n. 5 del 1980) il credito per il conguaglio in favore degli proprietari rimase regolato (prima delle innovazioni apportate dal D.L. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, il cui art. 5 bis, anch’esso dichiarato incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007) dalle norme generali della L. n. 2359 del 1865, le quali riacquistarono la loro originaria efficacia al fine di colmare il vuoto legislativo venutosi a creare. 6. Solo con la pubblicazione della citata sentenza gli ex proprietari -espropriati nel periodo tra le due sentenze citate, vigente il regime del c.d. “salvo conguaglio” – poterono pretendere il pagamento del conguaglio del prezzo di cessione volontaria, in riferimento al quale doveva necessariamente determinarsi quello a carico del cessionario.

7. Ed infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte e del Consiglio di Stato (cfr. Cass. n. 11032 del 1994; Cass. n. 5369 del 2002; n. 3018 del 2010; Cons. Stato n. 7820 del 2003; 577 del 2005; n. 50 del 2012; n. 3809 del 2014; n. 1492 del 2015), l’art. 35 della L. n. 865 pone il principio del perfetto pareggio tra il costo sopportato dal Comune per l’acquisizione dai privati delle aree necessarie per la realizzazione dei programmi per l’edilizia economica e popolare con la relativa urbanizzazione ed il corrispettivo della cessione dovuto dai concessionari e costituisce una norma imperativa ed inderogabile, in quanto predetermina il corrispettivo delle aree escludendo l’accollo di oneri da parte dell’Ente territoriale, in funzione di salvezza delle finanze locali.

8. Tanto basta ad escludere che il dies a quo del termine di prescrizione del credito del Comune abbia iniziato il suo decorso dalla data dell’atto di vendita ai M. (come sostenuto nel ricorso), e ad affermare che il termine prescrizionale del diritto del Comune di ottenere da costoro il rimborso delle somme versate per l’acquisizione delle aree abbia cominciato a decorrere solo dalla data in cui si è formato il titolo che ha definito i costi nei confronti dei soggetti cessionari dell’area data in concessione, cui va rapportato quello dovuto dai concessionari. 9. Contrariamente a quanto postulato dal ricorrente, la mancata determinazione del dovuto per l’acquisizione delle aree, non costituisce una quaestio facti: prima della pubblicazione della citata sentenza n. 223 del 1983, il credito degli ex proprietari non era, infatti, liquido ed esigibile (sicchè il dies a quo del decorso della relativa prescrizione non aveva neppure iniziato il suo decorso cfr. Cass. n. 8662 del 2014), e correlativamente non era nè liquido nè esigibile e, dunque, non poteva esser fatto valere ai sensi dell’art. 2935 c.c., neppure il credito del Comune nei confronti degli assegnatari dei lotti, che, per il principio di equivalenza doveva riflettere il primo, non potendo non rilevarsi che,in riferimento alla data di pubblicazione della sentenza n. 223 della Consulta, il giudice del merito ha accertato l’esistenza di un atto interruttivo (raccomandata del 26.6.1992), la cui efficacia è stata inammissibilmente censurata da parte del ricorrente, che ne ha negato il valore in modo assolutamente generico.

10. La circostanza che il conguaglio sia stato determinato in base ad un arbitraggio (tale qualifica deve attribuirsi al patto con cui si demanda ad un terzo la determinazione della prestazione, impegnandosi ad accettarla, laddove il compromesso o la clausola compromissoria demandano agli arbitri la definizione di una controversia giuridica) contenuto in un contratto diverso da quello richiamato in seno al titolo d’acquisto del ricorrente non è in sè rilevante in quanto l’obbligo di procedere a conguaglio è stato assunto in seno alla convenzione stipulata inter partes, in conformità del disposto di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 35 ed il principio della integrale copertura dei costi di acquisto delle aree da parte dell’ente concedente, di cui si è detto al 7, vale per qualsiasi modalità di definizione legittima dell’iter espropriativo tra le quali va senz’altro compresa la cessione volontaria, la cessione bonaria delle aree e la transazione – ed implica il diritto al conseguimento di ogni ulteriore importo che a qualunque titolo sia stato corrisposto in applicazione della legge a chi abbia perso il diritto di proprietà di aree date in concessione, anche a titolo di superficie.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al Comune le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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